One day, a woman receives the parcel she sent to her incarcerated husband some time earlier. Confused and deeply concerned, she decides to go to the prison in a remote area of Russia, to seek information. So begins the story of a journey rife with humiliations and violence, the story of an absurd battle against an impenetrable fortress.
Il film di Sergei Loznitsa era certamente uno dei piu’ attesi al festival, dopo che il regista ucraino aveva portato a Cannes i due precedenti, My Joy e Anime nella nebbia e dopo che i suoi straordinari documentari The Event e Austerlitz erano approdati a Venezia.
A Gentle Creature ha invece deluso profondamente.
Si racconta di una donna sola, che si occupa di una sperduta stazioen di servizio al confine tra Russia e Ucraina. Una mattina le viene restituito il pacco che aveva inviato al marito, detenuto per omicidio in un carcere russo.
La posta non le fornisce alcuna spiegazione. La donna decide quindi di partire per verificare di persona cosa e’ successo.
Dopo un viaggio in treno assieme ad altri familiari di persone rinchiuse, arrivata a destinazione si trova catapultata in un incubo senza fine.
La burocrazia per i visitatori e’ kafkiana, ma dopo ore di fila, si sente rispondere che la sua richiesta di consegnare il pacco non e’ accoglibile. nessuno pero’ sa dirle perche’.
Pian piano la donna si rende conto che il paese stesso e’ una prigione, da dove non si puo’ scappare, dove ci sono regole tutte particolari, dove ci sono capi e secondini, dove ci sono vittime e spie.
Una donna si offre di aiutarla e la presenta ad un tipo losco che traffica in prostitute, ma l’incontro che quest’ultimo le procura con una di persone che forse potrebbero darle una mano a capire, non risolve nulla.
Persino la visita ad un ufficio dei diritti umani si risolve in un rinvio frustrante. Non sembra esserci una via d’uscita, se non nei sogni della donna…
Il problema del film di Loznitsa e’ tutto nello sguardo del regista, che dopo aver dipinto una discesa all’inferno fortemente simbolica, che sembra abbracciare il paese intero nella metafora concentrazionaria della protagonista, la risolve in una dimensione onirica non solo misera e inbarazzante, ma proprio ideologicamente sbagliata.
Cosa dovrebbe dirci quel sogno in cui tutti i personaggi sembrano parte della stessa fiaba, che richiama l’immaginario semplice di una donna altrettanto semplice? Quale supponente distanza Loznitsa riesce a mettere improvvisamente, tra se’ e la sua protagonista? All’interno di un film in cui il suo sguardo onniscente e’ rimasto moralisticamente allo zenith rispetto agli affanni e alla tragedia della sua protagonista, a cui non ha voluto dare neppure un nome, Loznitsa decide infine di farci entrare nella sua mente, nel suo inconscio, in modo cosi’ meschino e supponente, da mettere in discussione il senso di tutto il film e le sue stesse intenzioni.
In quel finale profondamente sbagliato, le immagino dello stupro, segnano il nadir dell’abiezione.
Da dimenticare.
CREDITS
Sergei LOZNITSA – Director
Sergei LOZNITSA – Script / Dialogue
Oleg MUTU – Director of Photography
Kirill SHUVALOV – Set decorator
Vladimir GOLOVNITSKI – Sound
Danielius KOKANAUSKIS – Film Editor
CASTING
Vasilina MAKOVTSEVA – WOMAN
Marina KLESHCHEVA – THE COMPASSIONATE
Lia AKHEDZHAKOVA – PLUMP WOMAN
Valeriu ANDRIUTA – BLUE FACE
Boris KAMORZIN – MAN WITH PLASTER CAST
Sergei KOLESOV – GAP TOOTHED


