Dopo l’enorme successo di Argo, coronato dall’Oscar per il miglior film nel 2013, e il ruolo centrale di Bruce Wayne/Batman nel nuovo universo della Warner/DC, Ben Affleck avrebbe potuto girare tutto quello che voleva.
Ha scelto di adattare il romanzo di Dennis Lehane, La legge della notte, un crime movie, ambientato ai tempi del proibizionismo, proprio il tipo di film, che da L.A. Confidential in poi, ha generato solo delusioni al box office.
Affleck ha radunato un cast di primissimo livello con Elle Fanning, Sienna Miller, Zoe Saldana, Chris Cooper e Brendan Gleeson, per raccontare l’ascesa del veterano della Grande Guerra Joe Coughlin, piccolo criminale e rapinatore di banche e figlio di un capitano di polizia.
Coughlin è innamorato di Emma Gould, l’amante del boss irlandese Albert White ed è corteggiato per questo da Maso Pescatore, il padrino italo-americano di Boston, arcinemico di White.
La faida tra i due gangsters insanguina le strade della città, Coughlin vorrebbe starne fuori, ma finisce invece per essere preso di mira da entrambi. Scampato per miracolo alla morte, grazie all’intervento del padre, viene rinchiuso in galera per tre anni e deve dire addio all’amatissima Emma, dopo che White li ha scoperti.
Quando esce di prigione, il suo vecchio amico Dion Bartolo, lo aiuta a reinserirsi nella banda di Pescatore, che gli affida il controllo del rum, importato da Cuba a Tampa e da qui distribuito sulla costa orientale.
Coughlin diventa così l’uomo di fiducia del padrino in Florida, ingrandendo il suo potere e progettando un grande casinò sulla spiaggia, che lo renderà ricco.
Nel frattempo si innamora di Graciella, che gestisce con il fratello, il traffico di melassa e rum da L’Avana.
L’amore tra i due suscita le ire del klan locale: neppure la polizia che Coughlin ha a libro paga, riuscirà a proteggerlo dalla violenza.
Il film di Affleck richiama molti dei temi già presenti nel precedente The Town, dal milieu criminale, ai rimpianti del passato, dal ruolo della comunità all’impossibilità di costruire una famiglia.
Affleck, anche protagonista, nei panni di Joe Coughlin, ha il cuore diviso tra il rimpianto per Emma e la felicità, che gli regala Graciella.
Allo stesso modo si trova a fare i conti con le due forze criminali, che imprimono una svolta decisiva sulla sua vita: pur rifiutando di cedere al loro potere o di confrontarsi con loro, lo scontro sarà inevitabile.
Il rifiuto delle figure paterne sostitutive fa il paio con il distacco, che lo separa dal padre poliziotto. Non è un caso allora che il destino lo costringa, proprio nel finale, a diventare padre lui stesso, facendo i conti con una paternità ripudiata per tutta la vita.
Il protagonista è costantemente costretto a confrontarsi con una violenza cieca e priva di senso, prima quella della faida di Boston, poi quella razziale, quindi quella della vendetta, nonostante cerchi in ogni modo di sottrarvisi.
Come nei film di Mann, non c’è mai pace per i fuorilegge. La serenità familiare è solo un’illusione fragile, momentanea. Persino l’amore è un sentimento provvisorio, più rimpianto che vissuto.
A La legge delle notte avrebbe giovato però un montaggio più serrato, una maggiore concentrazione ed economia narrativa, un tono più struggente ed elegiaco che magniloquente. Affleck invece, coadiuvato dall’esperto William Goldberg cerca l’epica, il respiro ampio e ieratico del racconto massimalista, in un film però che vorrebbe essere antieroico allo stesso tempo e che non ha grandi set d’azione, se non nell’inseguimento dopo la rapina nella prima parte e nella resa dei conti finale nella residenza di Pescatore.
In questo contrasto tra esiti e intenzioni, il film sembra non riuscire mai a trovare una sua strada, perdendosi inoltre in una sottotrama religiosa, che appesantisce inutilmente il racconto e sembra giocata con l’unico obiettivo di giustificare la vendetta finale.
Ad Affleck non manca il senso tragico e fatalista che accompagna il suo antieroe nè la presenza imponente nei panni del protagonista. Il suo è sempre più un corpo-cinema, che riempie l’inquadratura. La sua espressività limitata è qui un pregio, che lascia trasparire il peso del passato. Affleck regista sembra aver rubato qualche segreto anche a Malick, inquadrandosi spesso di spalle o nella centralità frontale di un personaggio costretto a vivere due vite e a servire due padroni.
Peccato che il pubblico americano abbia rifiutato La legge della notte, condannandolo ad un flop doloroso, che incrina la corrispondenza di amorosi sensi che sembrava legare Affleck e la Warner Bros. La sua parabola come regista rimane indubbiamente significativa e personale.