Cannes 2016. Captain Fantastic

Captain Fantastic

Captain Fantastic **1/2

Un certain regard

Deep in the forests of the Pacific Northwest, isolated from society, a devoted father dedicates his life to transforming his six young children into extraordinary adults. But when a tragedy strikes the family, they are forced to leave this self-created paradise and begin a journey into the outside world that challenges his idea of what it means to be a parent and brings into question everything he’s taught them.

Captain Fantastic, opera seconda dell’americano Matt Ross, arriva a Cannes direttamente dal Sundance, per raccontare la storia di un esperimento sociale: una famiglia americana vive isolata nei boschi del Nord Ovest, senza quasi nessuna delle comodita’ occidentali, se non qualche vestito e le armi necessarie alla sopravvivenza.

Il film si apre con una sorta di rito d’iniziazione in cui il piu’ grande dei sei figli di Ben, caccia e uccide un cervo. Gli altri lo aiutano a scuoiarlo e a trasportalo al loro campo base.

Il padre, hippy pacifista e incapace di accettare le regole sociali e le ipocrisie capitalistiche, ha deciso, assieme alla moglie che i loro sei bambini avrebbero potuto imparare ad essere uomini e donne, fuori dal contesto educativo, culturale ed economico ordinario.

I sei ragazzi studiano le lingue, la matematica, la storia e il diritto direttamente con i genitori. Seguono un rigoroso piano di letture e vengono educati al rispetto del proprio corpo e al costante esercizio fisico, che non esclude arrampicate a mani nude.

La madre si è temporaneamente allontanata da loro. Il bipolarismo di cui soffre la spinge ad un gesto definitivo. Il suo funerale diventa quindi il motivo scatenante che rompe l’equilibrio familiare. I sei figli decidono di forzare il padre Ben, Captain Fantastic appunto, a riprendere il grande scuolabus attrezzato che ha parcheggiato nei boschi, per rientrare nella civilta’, partecipare al funerale della madre ed evitare che la sua famiglia d’origine, che ha sempre avversato le sue scelte di vita, possa ipocritamente celebrare una cerimonia lontanissima dallo spirito e dalle ultime volonta’ della defunta.

L’incontro tra i sei ragazzi e la west coast americana sara’ un modo per comprendere tutti i limiti del loro ‘ideale’ sistema educativo.

Il film di Matt Ross e’ viaggio furbissimo, che diverte e commuove, come solo le grandi parabole on the road riescono davvero a fare. Se la critica sociale all’american way e’ piena di humor surreale, il regista mette anche in evidenza tutti i limiti del modello educativo scelto da Ben e dalla moglie. Il ritorno ad un preteso stato di natura, con la venerazione del linguista e filosofo radicale Noam Chomsky, l’idea che lo studio individuale possa sostituire ogni esperienza di classe, il rifiuto assoluto di ogni consumismo e dello stesso denaro sono ipotesi di scuola usate a bella posta dal film, ma che non reggono alla prova della vita.

E’ evidente che finchè i sei ragazzi rimangono bambini reclusi nella foresta, il modello sembra anche funzionare, ma non appena l’età e i desideri li portano a confrontarsi con il resto del mondo, la loro incapacità di adattamento, li spingerà a comprendere la necessità dell’incontro con gli altri, la necessità di mettere in discussione le proprie certezze.

Il film di Ross – nella seconda parte – segue inevitabilmente un percorso narrativo piu’ tradizionale, piuttosto ruffiano, ma si pone ugualmente come uno dei film piu’ riusciti visti ad Un certain regard, un crowd pleaser efficacissimo nella scia del cinema indie americano dell’ultimo decennio, da Juno a Little Miss Sunshine, fino a Whiplash e Quel fantastico peggior anno della mia vita.

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