Venezia 2013. At Berkeley

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At Berkeley ***1/2

Frederick Wiseman, uno dei grandi documentaristi della nostra epoca entra con le sue macchine da presa a Berkeley, l’Università pubblica della Bay Area di San Francisco, la seconda più importante d’America per standard qualitativi e ne coglie tutta l’eccezionalità e la ricchezza.

Wiseman filma lezioni e corsi, il consiglio di facoltà e i laboratori, gli esperimenti e le ricerche, senza aggiungere parole o elementi extradiegetici.

L’università ha un problema fondamentale: i soldi.

I finanziamenti pubblici dello Stato della California sono crollati dal 25 al 12% del budget complessivo a 300 milioni di dollari ed il trend è di un decremento costante.

Come affrontare i tagli necessari? Come riorganizzare la struttura interna senza privarsi del patrimonio di relazioni collegato? Come chiedere agli studenti un sacrificio ulteriore? Se lo chiede il preside e se lo chiedono i rappresentanti del consiglio che ne discutono in un confronto che ha l’ambizione di dire qualcosa non solo su Berckey ma sull’America tutta.

Nel frattempo gli studenti, stimolati da una professoressa di economia cercano di capire se è più equo aumentare le tasse d’iscrizione ai corsi post-laurea o se invece dovrebbe essere la fiscalità generale a farsi carico delle necessità dell’Università.

La classe media sta sparendo e i sussidi agli studenti meritevoli dovranno aumentare, ma in che modo, appunto? Una ragazza di colore mette in crisi le buone intenzioni dei compagni: quando il problema riguardava solo neri, ispanici e asiatici a nessuno interessava davvero. Ora che la crisi ha allargato le maglie della povertà e del bisogno, il problema coinvolge tutti.

La professoressa li invita a riflettere sul paradosso per cui si va affermando prepotentemente una forma di rigetto per ogni imposizione fiscale, che porti ad una ridistribuzione della ricchezza e dei servizi interni, mentre parallelamente ci si preoccupa sempre di più della povertà del cosiddetto terzo mondo.

Il conservatorismo compassionevole va a braccetto con l’etica dell’elemosina. Ma è davvero quello che serve in questo momento?

Wiseman si sposta poi nei laboratori di ricerca dove un team lavora a delle gambe artificiali che consentano a chi le ha perse, di poter camminare senza cadere, in modo fluido.

At Berkeley è un viaggio senza retorica in una delle istituzioni che hanno reso grande gli Stati Uniti:  non c’è spazio per il passato, per le rivendicazioni del ’68, nè per giri turistici o per goliardia fuori tempo. Quello che vediamo è il cuore pulsante dell’università, che vive nel confronto tra le idee la sua socratica eccezionalità. E’ la fabbrica delle idee rappresentata come meglio non si potrebbe. Wiseman riesce a ridare dignità ad un microcosmo che il cinema ha spesso rappresentato con superficialità, senza mai affrontare davvero il suo mandato costituivo.

At Berkeley dimostra come le idee nascano non dall’ispirazione solitaria, ma dal confronto continuo con gli altri. In un mondo che guarda con sospetto ogni tentativo di restituire la complessità delle cose e che esalta ogni atteggiamento anti-intellettuale, il lavoro di Wiseman si pone come una boccata d’aria fresca salutare e necessaria.

Imperdibile.

3 pensieri riguardo “Venezia 2013. At Berkeley”

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