Paradise: Faith **
In concorso
Secondo episodio della trilogia di Ulrich Seidl, cominciata a Cannes tre mesi fa.
La protagonista di Paradise: Faith è la sorella della donna al centro del primo film, Love.
La donna, di mezza età, è una fervente cattolica, che lavora come radiologa in un ospedale, e che decide di passare le sue vacanze portando in giro una grande statua della Madonna, in una sorta di pellegrinaggio, che condivide con un gruppo di fanatici di Radio Maria.
Anna Maria va di porta in porta, per convincere a convertirsi chi non ha fede, chi ne ha una diversa o anche solo chi ha escluso l’elemento religioso dalla propria vita.
Vive rigidamente la propria fede, fino a frustarsi davanti ad un crocifisso, a vestire una cintura costrittiva e ad umiliarsi recitando il rosario in ginocchio, trascinandosi per casa. Porta sempre con sè anche dell’acqua benedetta.
La sua devozione trascende nell’idolatria della figura del Cristo, con cui parla quotidianamente.
La sua esistenza sembra procedere senza scosse, fino a quando una sera, rientrando a casa, scopre che il marito, mussulmano e inchiodato da un incidente ad una carrozzella, è rientrato in famiglia dopo due anni.
La convivenza forzata con l’uomo, finirà per minare le sue certezze…
Paradise: faith è indubbiamente surreale, persino divertente in alcuni momenti, nella sua furia anti-religiosa. Strappa applausi in sala stampa una sequenza in cui il marito, stanco di essere circondato da immagini cristiane, appese alle pareti, fa cadere l’immagine di Papa Ratzinger.
Seidl come sempre racconta il corpo delle donne. Un corpo che questa volta è mortificato dal fanatismo dei protagonisti.
Come se tutto il cristianesimo si riducesse ad una battaglia sul sesso, il timore più grande di Anna Maria è legato all’amore.
La mortificazione degli istinti, va pari passo ad una infatuazione per Gesù, ma anche il marito mussulmano non è meno violento e radicale.
Il film sembra fatto apposta per dividere e per suscitare polemiche: distruzione di crocifissi e loro uso improprio, orge notturne, preghiere di gruppo, crudeltà verso gli animali e verso gli uomini.
Seidl non ci risparmia nulla, come di consueto, in un ritratto dell’Austria che lascia atterriti, senza parole, che allude all’odio xenofobo ancora presente e che spesso trova proprio nella fede il suo volto rassicurante e la sua giustificazione.
Che si tratti solo di épater les bourgeois o di raccontare crudeltà e fanatismo, non è così palese.
Un’ombra pesante di manierismo finisce per fare capolino ed oscurare quasi tutto…
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