Cannes 2012. Un sapore di ruggine e ossa

Un sapore di ruggine e ossa ***

In concorso

I personaggi dei film di Jacques Audiard sono sempre colti con le spalle al muro, nel momento in cui il destino ha deciso di abbandonarli a se stessi. Ed e’ proprio in quel momento che scoprono di avere risorse insperate, talenti nascosti o non coltivati, capacita’ di sopravvivenza e coraggio fuori dal normale.

Era cosi’ per la protagonista di Sulle mie labbra e per il musicista di Tutti i battiti del mio cuore. Il profeta amplificava la necessita’ di adattamento del protagonista, agli spazi angusti della prigione, al milieu criminale e politico del clan corso e persino alla loro lingua.

Anche Ali e Stephanie sono ad un punto di svolta delle loro vite. Ali si ritrova con il figlio Sam, di cinque anni, abbandonato dalla moglie, piccola spacciatrice. Si rifugia ad Antibes a casa della sorella e sfrutta la sua forza brutale, prima come buttafuori di una discoteca, quindi come guardiano notturno.

Una sera conosce Stephanie, lontanissima dal suo mondo. Lei sembra vivere su un altro pianeta. La riaccompagna a casa dopo una rissa in discoteca e le lascia il suo numero di telefono.

Stephanie lavora a Marineland, un parco acquatico: e’ addestratrice di orche. Improvvisamente durante uno spettacolo, uno dei suoi enormi mammiferi vola sul palco e la travolge. Quando si risveglia in ospedale, si rendera’ conto che e’ stato necessario amputarle entrambe le gambe.

Abbandonata dal fidanzato, col solo conforto di una delle altre addestratrici, finisce per richiamare Ali, forse per trovare nella sua dirompente fisicita’ la forza per superare quella fragilita’ che non aveva mai provato prima.

I due cominciano una relazione tutta particolare: all’inizio e’ un’amicizia tra dropout, poi c’e’ solo sesso. Quindi Stephanie diventa la manager degli incontri di lotta clandestina di Ali. Nel frattempo lui perde il lavoro di guardiano notturno ed installatore di apparati di vigilanza e grazie ad uno dei suoi congengi lo fa perdere anche alla sorella…

Non resta allora che una nuova fuga.

Audiard e Bidegain hanno preso spunto dalla raccolta di racconti di Craig Davidson, per trovare lo spunto di una storia incandescente, fatta di povertà, sudore, palestre e sentimenti primari. Invano cerchereste Ali e Stephanie nelle pagine dell’autore canadese, perche’ sono una creazione del tutto originale. Due esseri alla deriva, incapaci di superare i loro limiti, sino a quando nell’altro non scoprono qualcosa di travolgente e di indispensabile.

Audiard, da meraviglioso direttore d’attori, costringe Matthias Schoenaerts e Marion Cotillard ad un tour del force senza fine, fatto di pugni, sangue, paura, depressione e quindi finalmente di perdono.

Perdono che non può prescindere dall’accettazione della realtà: Stephanie torna a Marineland dall’enorme orca che ha segnato il suo destino ed è in quel momento che comincia davvero la sua guarigione, al di là delle protesi necessarie per camminare.

Inutile dire che la fotografia digitale di Stephane Fontaine e’ superba nel giocare con la luce chiara del mattino e che il solito bravissimo Alexandre Desplat (tre film in concorso in tre giorni di festival) la arricchische di musiche mai invadenti, eppure classiche, quasi a voler raccontare l’epica espressionista di questi due personaggi che sembrano voler sopravvivere ad un mondo sospeso sull’orlo dell’abisso.

Non siamo di fronte alla compatezza della parabola de Il profeta, ne’ alla sua memorabile economia di mezzi: Audiard e’ meno rigoroso, lasciando ai suoi protagonisti tutto lo spazio che meritano e condividendo la loro precarieta’, le loro incertezze, le loro piccole speranze.

Schoenaerts e la Cotillard potrebbero gia’ essere serissimi candidati ad un premio.

13 pensieri riguardo “Cannes 2012. Un sapore di ruggine e ossa”

  1. […] Un sapore di ruggine e ossa è una favola moderna, con la principessa senza gambe ed il suo animalesco cavaliere. Un film magnifico, che cresce nel tempo, con una coppia di attori sublimi ed un eccesso di perfezione in computer grafica. Ma la scena della Cotillard che ritorna a dialogare con le sue orche resta nel cuore. […]

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