Hereafter

Hereafter **1/2

Nelle mani di un altro regista, anche uno bravo come il produttore Steven Spielberg, questo copione di Peter Morgan sarebbe diventato un melodramma new age di insostenibile lacrimosità.

Fortunatamente Eastwood ha un tale equilibrio ed una misura fatta di meravigliosa asciuttezza, che gli consentono di attraversare un film come questo in punta di piedi, costeggiando costantemente il burrone del facile sentimentalismo, senza caderci mai.

Hereafter racconta tre storie parallele: la prima si svolge in Francia ed ha un prologo durante lo Tsunami che ha colpito il sud-est asiatico nel 2004. Una giornalista in vacanza, Marie Lelay, viene travolta dalla forza delle acque, perde i sensi e sembra avere una visione dell’aldilà in quegli attimi di incoscienza.

Quando si riprende, grazie all’aiuto di due giovani locali che la rianimano, la sua vita è sconvolta da quella visione. Abbandona il suo lavoro televisivo ed il libro su Mitterand che gli era stato commissionato, per approfondire le esperienze di quasi morte.

Contemporaneamente a Londra due gemelli, Marcus e Jason cercano di accudire la madre tossicodipendente, evitando che i servizi sociali le tolgano la custodia: un banale incidente automobilistico cambierà anche le loro vite, in una spirale di solitudine e abbandono, che solo alla fine, forse, troverà soluzione.

Infine a San Francisco, George Lonegan, vive come una colpa le sue incredibili doti di sensitivo: dopo una malattia al cervello ha cominciato ad avere delle visioni dall’aldilà ed in un primo momento ha aiutato molte persone a mettersi in contatto con i loro cari, ma alla lunga ha visto la sua vita diventare impossibile.

Ora fa l’operaio in un’impresa e non si occupa più degli spiriti, ma quando una giovane ragazza, Melanie, incontrata ad un corso di cucina italiana, insiste per avre una prova del suo “dono”, le conseguenze saranno dolorose e definitive.

George, licenziato dal lavoro, decide quindi di andare a Londra, a scoprire i luoghi dell’amatissimo Charles Dickens, di cui ascolta i romanzi la sera, nelle letture di Derek Jacobi.

I tre protagonisti troveranno il modo di mettersi in contatto proprio alla fine del film, in occasione di una grande Fiera del Libro londinese, ma la lezione laica di Eastwood, che non risparmia neppure questa volta, il suo sguardo severo e senza sconti alla Chiesa ed alle religioni tradizionali, sta tutta in una telefonata che consente a George e Marie di ritrovarsi.

Il dono di George è reale (?), consente di penetrare almeno per qualche secondo nel mistero più grande della nostra vita e forse consente alle persone di guardare all’aldilà con animo rasserenato, ma per apprezzare davvero la propria vita non è molto più importante del consiglio di un amico, di una parola affettuosa, di una stretta di mano.

Eastwood, con il suo consueto scetticismo e la sua sottile ironia, ci mostra anche la pletora di ciarlatani e imbroglioni che infestano il mondo dell’esoterismo e si prendono gioco della credulità dei più indifesi: forse un al di là esiste davvero, magari è solo un limbo di passaggio, prima del nulla.

Questo non lo sapremo mai e Eastwood non ha la presunzione di imporlo,  ma non evita di irridere quanti sono pronti a speculare sul nostro bisogno di risposte.

Bravissimi tutti gli attori: da un misuratissimo Matt Damon ad una sofferta e confusa Cecile de France, ma è l’episodio inglese che vibra della verità del cinema di Mike Leigh, di Stephen Frears, di Ken Loach, anche grazie al copione di Peter Morgan.

Come sempre Eastwood è autore anche della preziosa colonna sonora che si insinua delicatamente nelle vite dei suoi personaggi grazie ad una melodia fatta solo di pianoforte e chitarra classica: prima o poi qualcuno dovrà dedicarsi allo studio ed all’analisi del Clint musicista, pregevole e ispirato spesso quanto l’attore ed il regista.

Con Hereafter costruisce un film che parla della morte con spirito laico, senza dogmatismi, chiedendosi se qualcosa davvero esista oltre la nostra vita terrena.

Non è un tema nuovo, molti hanno avuto l’ardire di cimentarsi con racconti ultraterreni, quasi sempre scivolando nel patetico e nel ridicolo, buon ultimo il Peter Jackson di Amabili resti, che con le sue fantasie immaginifiche ha rovinato il bellissimo romanzo di Alice Sebold.

E’ un pensiero umanissimo, soprattutto in chi si è incamminato nell’inverno della propria vita. Eppure la lezione del vecchio Clint è rivolta ai vivi e non ai morti: Hereafter è un film di speranza, sul significato della vita e sulla serena accettazione della morte, come parte essenziale del nostro percorso.

Ed è un film che non gioca con lo spettatore, non intende stordirlo e non vuole stupirlo o convincerlo: è un racconto senza paure, senza superstizioni, senza ipocrisie.

5 pensieri riguardo “Hereafter”

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