Cannes 2025. Sentimental Value

Sentimental Value ****

Il sesto film del norvegese Joaquim Trier è il terzo ospitato in concorso al Festival di Cannes, dopo Segreti di famiglia girato negli USA e lo struggente La persona peggiore del mondo, ultimo atto della sua personalissima trilogia di Oslo.

Sentimental Value è un film di squisito spirito bergmaniano, in cui i sussurri sono più forti delle grida e dove il teatro della vita si consuma davvero sul palcoscenico e sul set, in un sensibile cortocircuito tra realtà e rappresentazione.

Gustav Borg è un anziano regista, un tempo molto celebrato, ma sono quindici anni che non gira un nuovo film. Ha abbandonato la moglie psicologa e le due figlie Nora e Agnes a Oslo da molto tempo, ritornando in Svezia. Quando muore la madre delle due ragazze si presenta a sorpresa nella vecchia casa in stile Drago, di cui è ancora il proprietario, per la veglia funebre.

Gustav ha un nuovo copione sensazionale che sembra legare idealmente due generazioni della sua famiglia, ispirato com’è alla storia di sua madre Karin, deportata nei campi di concentramento per attività antinaziste e suicida quindici anni dopo la guerra, e al contempo a quella di sua figlia Nora, attrice di teatro, che vive ansiosamente la sua vita sul palco e nella quotidianità.

Gustav ha scritto la sceneggiatura pensando a lei per il ruolo della protagonista e le offre di interpretarla. Quando si incontrano però il risentimento di Nora è talmente grande da rifiutare il progetto senza neppure leggerlo.

Al Festival di Deauville nel corso di una retrospettiva, Gustav conosce l’attrice americana Rachel Kemp che, colpita dai suoi lavori, si offre di interpretare la protagonista del suo nuovo lungometraggio. Il coinvolgimento della giovane diva attrae Netflix e suscita nuovo interesse per il lavoro di Gustav, che pian piano cerca di “montare” il film, accorgendosi che troppo tempo è trascorso dal suo ultimo lavoro: i suoi collaboratori si sono ritirati o sono in cattive condizioni, forse incapaci di sopportare lo stress del set.

Le riprese si terranno proprio nella grande casa familiare dei Borg, abitata per anni dalle figlie. Se Nora è in un certo senso turbata dal fatto che il film si faccia lo stesso e che il suo ruolo sia stato assegnato ad una giovane star americana, Agnes, che è una storica, si occupa delle ricerche sul personaggio recuperando negli archivi della città le testimonianze della prigionia della nonna Karin, le immagini delle torture, i resoconti del processo ai suoi aguzzini, il referto di polizia del giorno del suo suicidio.

Il rapporto delle due ragazze con il padre è molto diverso: Nora è furiosa, incapace di comunicare davvero con Gustav e rifiuta un qualsiasi riavvicinamento, mentre Agnes sembra riuscire a superare l’abbandono e a ricostruire un rapporto diverso con il genitore, anche grazie a suo figlio Erik, che il grande regista vuole nel nuovo film.

Quando l’americana Rachel tuttavia si accorge di non essere in grado di interpretare un personaggio così intimamente legato alla storia personale e familiare di Gustav, i rapporti tra i Borg soffrono di una nuova drammatica crisi, che sarà Agnes a risolvere, capace di tenere assieme due caratteri troppo orgogliosi per riuscire a parlarsi davvero senza finire di nuovo all’attacco.

Sin dal suo primo lungometraggio, Trier si è mostrato un’osservatore acuto e originale del comportamento umano e delle relazioni sentimentali e familiari. Con Oslo, 31 agosto la capacità di far emergere dallo spazio scenico e dall’interpretazione dei suoi attori la loro temperie emotiva dilaniante, scontava un’adesione un po’ troppo esplicita ad un certo cinema europeo severo ed esistenzialista.

In questo senso Thelma ha rappresentato per molti versi il punto di svolta della sua carriera – dopo il passo falso di un film americano completamente sbagliato – affrancandolo dal passo lento e dallo struggimento dei suoi primi film, per raccontare il turbamento della sessualità e dell’adolescenza attraverso nuove coordinate di genere. La persona peggiore del mondo ne ha infine celebrato il raffinatissimo talento narrativo, capace di penetrare il dolore della perdita e la fatica dello stare assieme dopo la magia del primo sguardo, con un film di sublime leggerezza.

Trier è capace di trasformare miracolosamente in cinema tutti i battiti cuore. In Thelma la terra cominciava letteralmente a tremare, in La persona peggiore del mondo era il tempo a dilatarsi, in Sentimental Value è lo spazio a diventare protagonista assoluto.

Il film comincia significativamente con la storia della casa che ospita i Borg a Oslo, dalla sua costruzione sino al suo progressivo svuotamento dopo la morte della madre di Nora e Agnes fino alla sua completa trasformazione nel set del nuovo film di Gustav.

E’ in quelle mura, attraverso quelle finestre che assistiamo alla storia di questi personaggi ed anche, alla fine, alla loro trasfigurazione drammatica.

Il richiamo, evidente anche nei nomi scelti per i personaggi, è con il lavoro di Ibsen, ma anche con quello degli altri grandi drammaturghi scandinavi che hanno ragionato a lungo sull’impasse sentimentale e comunicativa all’interno del nucleo familiare e sulla continua sovrapposizione tra arte e vita.

Come accadeva già in Here di Zemeckis e in Presence di Soderbergh, anche Trier sceglie in qualche modo di rinchiudere la sua storia quasi tutta all’interno di una grande casa, che respira la vita dei suoi personaggi, che si manifesta come uno spazio assai più necessario e significativo di quanto immagineremmo. Qui si celebra la veglia funebre all’inizio del film e qui Gustav tiene le letture del suo copione. In quelle stanze Rachel confessa la sua decisione di abbandonare il film ed è in quello spazio fisico, trasformato in set, che Gustav e Nora ricominciano a guardarsi, in uno dei finali più belli di questo Cannes 78, in cui lo svelamento della finzione prelude a un nuovo momento di ritrovata sincerità personale.

E se forse la parte centrale è un po’ più lunga del necessario e non sempre a fuoco, lo script di Sentimental Value, scritto come sempre da Trier con Eskil Vogt, funziona anche nelle sue annotazioni a piè di pagina, come quando ricostruisce la storia di Karin o quando mostra le idiosincrasie di Nora, dilaniata dalla paura la sera della prima del suo nuovo spettacolo e poi ancora incapace di costruire una relazione soddisfacente con il suo collega sposato, anche quando quest’ultimo si separa dalla moglie.

L’abbandono è rimasto per Nora una ferita ancora aperta, un dolore sordo che non ha avuto modo di guarire.

Per Agnes è stato diverso. In una delle scene più sottili del film, la sorella più piccola confessa che quando il padre se n’è andato, ha trovato conforto proprio nel suo affetto: è Nora che ha continuato a prendersi cura di lei, a lavarle i capelli, a portarla a scuola.

E così ora è Agnes a cercare di aiutare Nora, spingendola ad accettare il ruolo di una vita, per lei e per il padre, costruendo un ponte impossibile tra le loro ossessioni.

Il valore sentimentale del titolo è soprattutto quello che instaura tra le due sorelle.

Tuttavia non si può parlare di Sentimental Value senza riconoscere che il suo pregio più autentico risiede nelle sensazionali interpretazioni del suo cast. Stellan Skarsgaard e Renate Reinsve giocano una partita sublime tra di loro e con i loro personaggi.

L’attore svedese lanciato da Le onde del destino e capace di attraversare da grande caratterista trent’anni del miglior cinema americano ed europeo, si sta ritagliando ultimamente ruoli più centrali, da Nymphomaniac a Chernobyl fino alla memorabile serie Andor e a Dune.

Memorabile la scena in cui il suo Gustav regala al nipotino i dvd de La pianista di Haneke e di Irreversible di Noé: “Monica Bellucci! Imparerai molto delle donne e della relazione con la madre”.

Renate Reinsve, scoperta proprio da Trier che le ha costruito addosso La persona peggiore del mondo, mostra anche questa volta una sensibilità interpretativa stupefacente e uno spettro espressivo che le consente di mutare senza soluzione di continuità dal riso più complice alla commozione più sentita nello spazio di qualche secondo. La sua è una maschera che già lasciava senza parole in Armand e che qui trova la sua più evidente conferma.

La sceneggiatura le consente di sfruttare sino in fondo questo incredibile range drammatico e lei fa suo il personaggio di Nora con una bravura feroce che ricorda la prima Meryl Streep e che si giova anche del contrasto tra una sensibilità così spiccata e una fisicità imponente, statuaria.

Se Inga Lilleaas nel ruolo di Agnes regge il confronto con questi due mostri di bravura, anche perché spesso il suo personaggio è il terzo anello di una catena familiare interrotta, Elle Fanning scompare letteralmente dalla scena, anche per necessità di ruolo.

Sofisticato e disarmante, commovente ed esaltante, Sentimental Value è semplicemente il miglior film di Cannes 78.

 

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