Blitz

Blitz **

Londra, 1940.

I bombardamenti notturni trasformando le notti in un incubo senza fine nei rifugi sotterranei di fortuna: stazioni, fermate della metropolitana, scantinati privati. I bambini vengono evacuati in campagna per cercare di salvarli dall’orrore. La madre sola Rita, operaia in una fabbrica riconvertita alla produzione di bombe, decide di separarsi così dal suo piccolo George. Quest’ultimo però non ha nessuna intenzione di lasciare la città. Quindi sale sul treno dicendo alla madre che la odia e dopo appena un’ora, si butta dal treno in corsa e cerca di ritornare a casa.

Sulla sua strada farà incontri diversi: altri ragazzi in fuga, un militare Ife, che ha la pelle scura come la sua, una banda di sciacalli che rubano alle vittime dei bombardamenti, una vicina che vorrebbe riconsegnarlo alla polizia.

Nel frattempo la madre viene avvisata della sua fuga e abbandona il lavoro per cercarlo.

Il nuovo film diretto da Steve McQueen a distanza di sei anni dall’ultimo improbabile thriller Widows è una favola in tempo di guerra che vuole toccare tutte le corde giuste del patetico. Il piccolo George è figlio di un uomo deportato prima che lui nascesse, viene preso in giro ed emarginato per il colore della sua pelle, pure nelle difficoltà della guerra assiste al razzismo strisciante che ancora contagia la società inglese, incontra falsi amici, approfittatori e gente senza scrupoli, assieme ad una sorta di figura paterna sostitutiva che è l’unica che lo aiuta davvero: ovviamente un africano della Gold Coast.

Come Pinocchio, incontra lucignoli e mangiafuochi e una banda che sembra proprio come il gatto  e la volpe. Ovviamente uno di questi villain è interpretato da Stephen Graham: neppure nel casting ci sono sorprese. C’è anche una sorta di pescecane, rappresentato dalla stazione di London Bridge invasa dall’acqua. Che prelude appunto al ricongiungimento con la madre-Geppetto.

Dopo tre minuti si intuisce ogni possibile svolta narrativa e il film non smette di confermarle puntualmente: telefonato sino alla nausea, appiccicoso per la retorica con cui è confezionato, affoga nella melassa anche un paio di momenti di ottimo cinema, quando McQueen si ricorda miracolosamente di essere anche un grande regista, come nella scena della festa notturna interrotta.

Ma è proprio il cinema che latita o meglio il cinema che c’è, come ha scritto Variety, sembra quello di un film di Barry Levinson del 1992.

Blitz sarebbe sembrato vecchio negli anni ’50 del secolo scorso. Oggi appare davvero fuori tempo massimo. E a nulla servono quegli inserti che creano inutile scarto di senso, come le margherite in bianco e nero che aprono e chiudono il film o i fuochi stilizzati delle bombe notturne. Anzi, in un film così convenzionale stonano ancora di più. Neppure più in televisione si racconta la seconda guerra mondiale con toni e modi così pedanti e risaputi.

E se vi attendete un colpo d’ala nel finale, lasciate ogni speranza. E’ esattamente come lo immaginate. Si salva persino il gatto di casa: l’unica vittima è l’anziano nonno, figurina di sfondo per tutto il film, buona per una lacrima ricattatoria in extremis.

McQueen, che ci aveva regalato durante il COVID il potentissimo quintetto politico e razziale di Small Axe, con il memorabile vertice di Lovers Rock, qui ci ricorda quanto possa essere convenzionale e retorico il suo cinema, quanto si pieghi troppo spesso a forme e racconti di imbarazzante stucchevolezza e manicheismo.

Forse è solo nei suoi progetti marginali, fuori dal flusso mainstream, che ritroviamo l’audacia radicale, visionaria e senza compromessi del suo Hunger: in Small Axe appunto, nelle quattro ore di Occupied City e forse nella serie inedita Uprising, girata per la BBC sugli eventi che portarono al Brixton Riot del 1981, già sfiorato in Alex Wheatle.

La delusione di questo Blitz resta bruciante. Acuita dal fatto che il film finisca dritto su Apple Tv+. Il grande schermo avrebbe almeno ingannato con il suo formato panoramico, esaltando le scene di massa. Su piattaforma è un lavoro laconicamente inutile.

 

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