The Flash

The Flash **1/2

Il DCEU progettato da Zack Snyder con Nolan e Goyer ormai quindici anni fa e inaugurato da L’uomo d’acciaio nel 2013, continua a produrre storie e racconti ancora oggi e si chiuderà solo a dicembre con il sequel di Aquaman diretto da James Wan.

Nonostante Snyder sia stato allontanato dalla Warner fin dal 2016 dopo le liti, i reshoots con Joss Whedon e il montaggio punitivo della sua Justice League, il suo universo è ancora capace di alimentare lavori come questo ultimo The Flash, uno dei più felici e riusciti, almeno nelle sue premesse narrative e nella dimensione emotiva del racconto.

Barry Allen, il giovane esperto di scienze forensi, impiegato della Procura di Central City, è segretamente Flash, uno dei supereroi della Justice League, con poteri straordinari c he gli consentono di piegare il tempo e attraversare lo spazio.

Quando Alfred lo chiama, Flash si precipita a salvare i neonati di una clinica che stanno precipitando dall’ultimo piano dell’edificio a causa di un danno alle fondamenta.

Batman nel frattempo è impegnato a rincorrere il figlio di Carmine Falcone, che ha rubato un’arma batteriologica, Superman è in sudamerica ad evitare l’eruzione di un vulcano e Wonder Woman e Aquaman non rispondono agli appelli.

Il giorno successivo, il padre di Barry, accusato ingiustamente di aver ucciso la moglie e detenuto da molto tempo, deve affrontare il processo d’appello. Solo che le prove raccolte, che potrebbe corroborare il suo alibi, sono inconclusive.

Barry non riesce a darsi pace e sfruttando i suoi poteri torna indietro nel tempo e cambia il destino della sua famiglia, nonostante Bruce Wayne l’abbia messo in guardia dai pericoli enormi che una singola insignificante modifica potrebbe avere.

E in effetti, Barry si trova catapultato così in un presente alternativo in cui sua madre è ancora viva e la sua famiglia è rimasta unita, ma in cui Superman e la Justice League non esistono.

Quando Zod attacca la Terra nessuno sembra pronto a difenderla dai Kryptoniani. Ma in un maniero isolato di Gotham City, un anziano vigilante sembra pronto ad indossare di nuovo il mantello e la maschera di un tempo.

L’argentino Andy Muschietti, che fin da Mama e poi con l’adattamento di IT aveva lavorato con una certa grazia sui traumi dell’adolescenza e sul dolore della perdita, si dimostra scelta indovinata per questo film che ruota attorno ai desideri di un orfano, incapace di accettare il suo destino.

Barry Allen continua a vivere il trauma primario della morte della madre, come la causa unica della sua infelicità, della sua incapacità di relazionarsi con gli altri e con le donne, del suo essere in fondo un outcast, sia pure segretamente parte di un élite guidata da un altro orfano dalla personalità oscura, come Bruce Wayne.

La possibilità di cambiare il passato diventa così un’ossessione, che produce la stessa miserabile infelicità che Barry vorrebbe evitare. Nonostante le ramificazioni tragiche prodotte nel multiverso, Barry cerca in ogni modo di aggiustare i suoi disastri, incapace di arrendersi alle costanti presenti in ogni frattura spazio-temporale.

The Flash, scritto da Christina Hodson (Bumblebee), a partire da un’idea di Joby Harold (Army of the Dead) passata per infinite riscritture, ha dalla sua la sincerità dei personaggi e un approccio maturo alla dimensione del multiverso, che sembra avvicinarlo per certi versi al film dei Daniels, fresco vincitore dell’Oscar.

Anche qui è il rapporto tra madri e figli a smuovere telluricamente il racconto, così come il desiderio di essere compresi e accettati, da una società che esaspera le diversità. Solo che al posto dell’IRS e dei Bagel neri, abbiamo Batman, Supergirl e gli altri personaggi dell’universo DC.

Se il film funziona egregiamente nei primi due atti, dopo il gustosissimo prologo che riunisce alcuni dei personaggi chiave della Justice League, nell’ultima parte si sente un po’ di fatica nella necessità di riportare ordine nel caos impazzito creato da Barry e dal suo alter ego.

Tuttavia Ezra Miller, nonostante le polemiche e le accuse extracinematografiche, è un doppio protagonista convincente e adeguato, dotato della sensibilità adatta a farci comprendere i suoi frustranti tentativi.

Il ritorno di Michael Keaton nei panni di Batman, a distanza di trent’anni sembra quasi dar ragione al finale di Birdman: una volta indossata la maschera, il ruolo rimane con te per tutta la vita. Esattamente come è accaduto a Ben Affleck, che sembra non volersi veramente staccare dal ruolo di Bruce Wayne, interpretato ormai in cinque diversi film, nessuno da protagonista.

The Flash gioca con le versioni alternative della sua storia, ma anche della storia del cinema, evocando Eric Stoltz protagonista di Ritorno al Futuro e giocando con altri celebri what if.

Non riveleremo il numero impressionante di cameo di cui è contrappuntato il film, che tuttavia gestisce con una certa legittimità le tante apparizioni.

Le scene d’azione giocano con la velocità del personaggio, in modo controintuitivo, usando spesso lo slow motion e spostando il set della battaglia finale in pieno deserto, evitando per una volta la solita distruzione dello skyline metropolitano e limitando le vittime collaterali.

Forse The Flash non è il film che farà ricredere James Gunn e Peter Safran sulla necessità di dare continuità a questo universo narrativo, ma certamente è uno dei suoi risultati più onesti e soddisfacenti, che rilancia, forse inutilmente, l’aura della defunta Justice League, aggiungendo al superomismo magniloquente di Snyder una dimensione più intima e sentimentale.

E convincendoci dell’inutilità di guardare al passato con rimpianto: quello che conta di più è davanti a noi, è nel qui e ora delle responsabilità, delle relazioni e degli affetti e nell’accettazione del dolore e della perdita, come parte integrante della propria storia personale e collettiva.

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