Operation Fortune: Ruse de Guerre

Operation Fortune: Ruse de Guerre **1/2

Girato nei primi mesi del 2021, rinviato per lo scoppio della Guerra in Ucraina, quindi coinvolto nei problemi economici della STX che l’ha prodotto, il tredicesimo film di Guy Ritchie ha avuto un destino complicato, risolto negli USA dalla Lionsgate che l’ha infine lanciato nei cinema la settimana scorsa con risultati modesti.

Scritto dallo stesso regista con Ivan Atkinson e Marn Davies è un thriller spionistico con le consuete venature di screwnball e di black comedy sulle quali Ritchie ha edificato la sua carriera.

Ancora una volta il protagonista è Jason Statham, nei panni di Orson Fortune, contractor privato, ma al servizio di Sua Maestà Britannica, arruolato da Nathan Jasmine per recuperare una valigetta sottratta da criminali ucraini contenente un misterioso device chiamato The Handle, da vendere al miglior offerente sul mercato.

Cosa sia The Handle nessuno lo sa, nè tantomeno si sa per conto di chi sia stato rubato e a chi sarà venduto. L’unica cosa che sappiamo è che vale 10 miliardi di dollari.

Il più classico dei macguffin serve palesemente a Ritchie per muovere l’ingranaggio narrativo, che prevede la costruzione di un piccolo team che affianchi Orson e Nathan nel loro tentativo di recuperare la valigetta: si aggiungono così al gruppo la provocante nerd informatica Sarah Fidel e il cecchino tuttofare JJ Davies.

Scoperto che il mediatore della compravendita è l’eccentrico mercante d’armi Greg Simmonds, i quattro ricattano l’attore hollywoodiano Danny Francesco perchè li aiuti ad entrare nelle grazie del trafficante, che ha un debole per le star del cinema.

Il gruppo si sposta da Madrid a Cannes e poi in Turchia ad Antalya.

Nel frattempo un altro team di spie, guidato dal contractor Mike, ha avuto evidentemente lo stesso incarico di Nathan: le cose si fanno sempre più complicate.

Il tentativo di Ritchie era probabilmente quello di costruire le fondamenta di un serie per il personaggio di Orson Fortune: un uomo d’azione che non sorride mai, che vola solo su aerei privati, beve costosissimi vini francesi e se c’è da usare le mani non si tira indietro.

Una sorta di Bond in sedicesimo, insomma, che costruisce pian piano un certo affiatamento con gli altri personaggi della squadra d’azione, ma senza alcuna reale tensione erotica  o camraderie: i tempi sono cambiati, ciascuno lavora per sè e non ci sono Moneypenny ad attendere Orson in ufficio, nè Bond girl disponibili e sacrificabili.

Sarah Fidel, l’unico personaggio femminile di rilievo del film, concentra su di sè doti molto diverse: capace di affascinare il miliardario Simmonds o di discutere di arte moderna con il suo braccio destro, mentre gli hackera il sistema di sicurezza e intercetta e devia comunicazioni multiple, ma anche perfettamente a suo agio a sparare da un auto in corsa.

Il film di Ritchie è godibile, spassoso, pur ovviamente richiedendo la complicità dello spettatore. La formula è sempre la stessa: azione parossistica, inseguimenti, corpo a corpo, ironia tagliente, location esotiche, auto veloci, seduzione e tradimento.

Il regista di Lock & Stock ci risparmia questa volta le sue consuete esplosioni di violenza pulp, lasciando a Statham giusto due-tre scazzottate che accontentino i suoi fans. Mette la sordina ai suoi virtuosisimi in favore di una maggiore coesione del racconto, che continua ad accelerare fino all’inevitabile – e prevedibile – finale.

E’ cinema di genere, ben fatto, divertente, quello che una volta riempiva i sabato sera cinematografici, senza grandi pretese, ma facendoci sognare complotti sventati all’ultimo secondo.

Funziona ancora?

In Italia uscirà su Sky il prossimo 17 aprile: evidentemente i nostri distributori non ci credono più.

Nel frattempo Ritchie ha terminato un nuovo film, The Covenant, sempre per la STX, ambientato durante la Guerra in Afghanistan che uscirà negli Stati Uniti il mese prossimo ed è già sul set di quello successivo, The Ministry of Ungentlemanly Warfare.

Lui sì, ci crede ancora.

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