Nella bella collana monografica di Gremese, dedicata ai migliori film della nostra vita inaugurata da 2001 Odissea nello spazio di Roberto Lasagna nel 2018, è uscito in questi giorni il lavoro di Emanuele Rauco sul capolavoro di Frank Capra, La vita è meravigliosa.
Emanuele Rauco, selezionatore della Mostra di Venezia, critico, scrittore, giornalista, youtuber e animatore culturale inesausto e informatissimo, ritorna con la competenza e la passione che abbiamo imparato a conoscere nei suoi lavori precedenti dedicati a Del Toro, Baumbach e Spielberg, su uno dei film più fraintesi e sottovalutati del regista originario di Bisacquino.
Il film con James Stewart, soprattutto negli anni successivi al suo debutto cinematografico nel dicembre del 1946 e in Italia in corrispondenza dei suoi sempre più distratti e ripetuti passaggi televisivi, era diventato una sorta di appuntamento un po’ scontato con i buoni sentimenti natalizi.
Eppure, secondo Rauco si tratta di un “titolo da difendere contro coloro che, all’epoca più di oggi, per fortuna, si schieravano contro Capra [..] cogliendo solo la superficie e non sentendo ciò che nel fondo agitava quei film. Questo, per esempio, è di una cupezza allarmante, che oggi appare evidente,
sicuramente più di quando vedevo il film a sedici anni: è il ritratto di una provincia che sembra distopica, soggiogata da un grande cattivo e che attraverso le vicissitudini del protagonista incarna […] un’esistenza al servizio degli altri in cui il destino cinico e baro impedisce al protagonista – almeno fino al finale, lieto ma non troppo – di godersi anche le poche soddisfazioni che la vita gli offre, risucchiate dal dovere, dal lavoro, dai bisogni altrui sempre anteposti ai suoi desideri”.
Il libro di Rauco ripercorre con grande efficacia non solo la formidabile ascesa di Capra dalla povertà più nera di una famiglia di emigranti siciliani, all’olimpo della Hollywood dei pionieri e dello studio system, ma anche i motivi che lo spinsero a tornare al cinema, dopo un decennio di successi inarrestabili e dopo la lunga pausa in cui il regista si era dedicato al lavoro documentaristico e di propaganda, compiuto durante la Seconda Guerra Mondiale, in favore dell’interventismo americano.
Il libro dà conto della tumultuosa fase di scrittura del copione, delle riprese cominciate nell’aprile 1946 e, dopo una lunga parte centrale dedicata al racconto del film, dell’accoglienza riservatagli nel corso del tempo: l’imprevedibile insuccesso commerciale di La vita è meravigliosa segna infatti l’inizio dell’ultima parte della leggendaria carriera di Capra, quella in cui i suoi film si diradano fino al ritiro prematuro, ad appena 64 anni.
Accompagnato da un apparato iconografico ricco e puntuale, il libro di Gremese si rivolge non solo agli appassionati del classico con James Stewart, ma anche a coloro che lo danno ormai un po’ per scontato: “come per ogni vero classico, il passare del tempo agisce su di esso in modo benefico, da un lato non toccandolo, non facendolo sembrare invecchiato, dall’altro permettendo proprio grazie al confronto tra ieri e oggi di illuminare lati che le prime visioni o i differenti contesti rendevano meno evidenti”.
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