A distanza di dieci anni dall’epico duello con Anakin (Hayden Christensen), a cui abbiamo assistito in Star Wars: Episode III, Revenge of the Sith (2005), ritroviamo il maestro Jedi Kenobi (Ewan McGregor) su Tatooine, impegnato a condurre un’esistenza semplice, fatta di lavoro in fabbrica e solitudine, che gli permette di tenere segreta la sua vera identità e poter così meglio proteggere il piccolo Luke Skywalker, che vive in una fattoria con gli zii paterni. Kenobi è però soprattutto un uomo tormentato, segnato dall’aver fallito nell’addestramento di Anakin Skywalker, il padre di Luke, e dall’averlo ucciso (così crede) in combattimento. Egli ha seppellito la sua spada laser nel deserto e non pratica da tempo le vie della forza. Cerca, inutilmente, di stabilire una connessione con il fantasma del suo vecchio maestro, Qui-Gon (Liam Neeson) sperando di ottenere da lui le risposte che possano rendergli la serenità. Nel flashback con cui si apre il primo episodio ripercorriamo il suo rapporto con Anakin, dall’addestramento, iniziato proprio come lascito del maestro Qui-Gon, alla creazione di un solido rapporto di amicizia, ben al di là del rispetto tradizionalmente alla base della relazione tra maestro Jedi e Padawan, il passaggio dell’allievo al lato oscuro, con la caccia ai Jedi e, infine, il combattimento tra la lava di Mustafar. Un percorso che Obi ripercorre nella propria mente ogni giorno, tra la sabbia del pianeta celebre per i suoi due soli. Il rapimento di Leia, sorella di Luke e affidata alla famiglia del senatore Bail Organa (Jimmy Smits) su Alderaan, costringe Obi a dissotterrare (letteralmente) la sua spada laser con l’obiettivo di riportare la bambina a casa sana e salva. E’ così che scoprirà che Anakin non è morto, ma è diventato Darth Vader e gli sta dando la caccia per tutta la galassia, coadiuvato da spietati sicari, gli inquisitori, tra cui spicca per determinazione la Terza Sorella, Reva, interpretata dall’attrice Moses Ingram. E’ l’inizio di un percorso di liberazione per Obi che rimuove (anche fisicamente) i massi che gli schiacciano l’anima, ritrovando il sorriso, la pace interiore e … Qui-Gon!
Il rapporto tra Anakin e Obi è quindi al centro del racconto, non solo per quanto si vede sullo schermo, ma soprattutto perché rappresenta l’antefatto che rende possibile la narrazione. E’ proprio la storia della loro amicizia a collegare i fili tra la prima e la seconda trilogia, riempiendo un vuoto, emotivo più che narrativo, nell’ecosistema di Star Wars. E’ questo il valore principale della serie, l’approfondimento psicologico del personaggio di Obi. Da un punto di vista della storia infatti il tormento di Kenobi, la sua disillusione, la sete di vendetta di Anakin/Darth, sono tutti aspetti piuttosto prevedibili. La novità è piuttosto da ricercare nel contatto tra Obi e Leia: un rapporto che verrà ripreso successivamente, grazie alla celeberrima richiesta di aiuto ologrammatica che spingerà nuovamente Kenobi ad intervenire, parecchi anni dopo, in Star Wars (1977). Quella richiesta però affonda le sue radici nei fatti narrati in questa serie e nell’abbraccio tra il maestro Jedi e la piccola Leia (una bravissima Vivien Lyra Blair). Se Obi attraversa una profonda crisi esistenziale, Anakin non se la passa meglio, avvolto nel lato oscuro e incapace di pensare ad altro che alla vendetta verso colui che ritiene responsabile di averlo ridotto ad un tronco che riesce a camminare e a muoversi solo grazie a protesi meccaniche. “Cosa sei diventato?” gli chiede Obi, quando capisce che dietro a quella maschera nera c’è proprio lui, il suo vecchio Padawan, amico e fratello. E’ un Darth senza speranza di salvezza quello che vediamo sullo schermo. La sua sete di vendetta e il suo disprezzo per la vita umana sono evidenti, ma nello spettatore e negli occhi di Obi permane una speranza di redenzione. Quando la Terza sorella chiede ad Obi se davvero vuole ucciderlo, lui tentenna, consapevole del fatto che, in realtà, non riesce a pensare ad Anakin come a un nemico da eliminare.
E’ con questo barlume di fede nella luce che Obi si avvicina al sesto episodio e all’invitabile duello finale. Un duello epico ed emozionate, in cui gli scambi verbali contano quanto quelli fisici e che sancisce in modo definitivo la distanza tra Anakin e Darth. E’ solo questa differenza che renderà possibile per Obi parlare al giovane Luke di suo padre come di un grande e valoroso guerriero ucciso in battaglia o descriverlo a Leia come un uomo coraggioso e integerrimo. Da questo momento in poi appare chiaro come Darth non sia più Anakin e per Obi questa consapevolezza è la liberazione tanto attesa. Anche Darth sembra indugiare sul suo passato: basti pensare al ricordo del quinto episodio che ripercorre un combattimento tra un giovane Anakin, interpretato da Hayden Christensen, e Obi, impegnato nel suo addestramento. La psicologia di Vader è più lineare di quella di Obi, in lui domina il desiderio di vendetta che riempie il suo presente di un obiettivo chiaro e definito, lasciando poco spazio a tentennamenti, che vengono peraltro definitivamente spazzati via nel colloquio finale con Darth Sidious, in cui gli ribadisce la sua piena e totale adesione al lato oscuro. La scelta di Darth è chiara, così come apparirà chiara, ma diametralmente opposta, anche quella della Terza Sorella, sopravvissuta da bambina per miracolo all’epurazione dei giovani Jedi e ora pronta a tutto pur di vendicarsi di lui. Lei sceglierà di diventare una persona diversa, abbandonando il desiderio di vendetta e quindi una prospettiva volta al passato, per abbracciare una possibilità di futuro che invece Vader si è precluso nella cieca obbedienza alla volontà di potere di Darth Sidious.
A livello strutturale la serie presenta alti e bassi: tra questi ultimi certamente il quarto episodio, che per durata e contenuti lascia la sensazione di un riempitivo senza mordente. La risalita del quinto, prevalentemente introspettivo, assicura un’ottima prospettiva per il finale in cui si consuma l’atteso duello. Del resto il valore emotivo della narrazione comporta qualche rischio, che nel complesso è stato comunque ben gestito.
Ottima l’interpretazione di Ewan Mc Gregor che rende ragione dei tormenti, in primis psicologici, di Obi. Al tradizionale carisma, l’attore ha aggiunto molta umanità, legandosi in modo indissolubile al suo personaggio. Tra i ritorni c’è anche quello di John Williams, che ha composto il tema musicale della serie, senza però raggiungere i vertici che nel 1978 gli valsero il premio Oscar per il primo (in ordine di produzione) Star Wars.
Un grande lavoro ha fatto anche lo staff tecnico, coordinato dal direttore artistico di Lucasfilm Doug Chiang che ha cercato di costruire un’ambientazione fedele alle aspettative dei fan e al contempo introdurre piccole variazioni che fossero filologicamente compatibili con gli sviluppi futuri della narrazione.
Sarebbe impossibile non consigliare la visione della serie ai fan del franchise, soprattutto per l’emozione di ritrovare volti e situazioni note. E’ un piacere sottile quello che prende lo spettatore e che affonda le sue radici nella permanenza emotiva nell’ecosistema della saga attraverso gli anni. Senza questa conoscenza e consapevolezza si perderebbe molto della storia che, come detto, è soprattutto un concentrato di emozioni.
Titolo originale: Obi-Wan Kenobi
Durata media degli episodi: 45 minuti
Numero degli episodi: 6
Distribuzione streaming: Disney +
Genere: Action, Adventure, Sci-Fi.
Consigliato: a tutti coloro che ancora si emozionano nel sentire la richiesta di aiuto della principessa Leia a Obi-Wan Kenobi.
Sconsigliato: a quanti si aspettano stravolgimenti e una trama innovativa e ricca di colpi di scena: diciamo che non succede quasi niente che non sia già, nelle premesse o nelle conseguenze, di dominio dei fan.
Visioni parallele: c’è solo l’imbarazzo della scelta nella sterminata filmografia della saga di George Lucas. Certo il rapporto tra Anakin e Obi è sviluppato al meglio nella serie di animazione Star Wars: The Clone Wars (2009-2020).
Un’immagine: il duello finale tra Obi e Darth è il migliore di tutta la saga, capace di superare il classicismo del duello sulla Morte Nera e al contempo anche l’eccessivo manierismo e la pomposità, anche musicale, di quello su Mustafar. Molto suggestiva l’ambientazione dello scontro, in un pianeta di rocce lunari che compare per la prima volta sullo schermo e, con i suoi colori scuri esalta, dal punto di vista strettamente visivo, i fendenti delle due spade laser. Come detto poi il dialogo tra i due antagonisti e la commozione di Kenobi sono equilibrati, contestualizzati e credibili. Nell’insieme uno scontro davvero memorabile.