Arrivato alla prova del nove o meglio alla prova del terzo film, dopo l’inquietante e rivelatorio The Witch e l’assai meno centrato The Lighthouse, Robert Eggers con The Nothman era chiamato a confermare i pregiudizi positivi.
Purtroppo invece il suo film sui Vichinghi, ambientato nell’Alto Medioevo, scritto con il poeta islandese Sjon e prodotto dalla Universal con un budget da 90 milioni di dollari è un pasticcio pieno di urla e strepiti, spade e sangue, musica tonitruante e tronfia, che racconta una storia anch’essa primordiale ed esile come ne abbiamo viste e sentite tante, sin dalla notte dei tempi.
Il giovanissimo principe Amleth vede lo zio Fjölnir assassinare il padre, Re Aurvandil, di ritorno da una campagna militare di successo.
Costretto alla fuga nel continente e creduto morto, Amleth ritornerà sull’isola due decenni dopo, fingendosi schiavo, con un solo mantra: vendicare suo padre, salvare sua madre, uccidere Fjölnir l’usurpatore.
Durante la lunga traversata via mare conosce Olga, una donna slava che il nuovo Re decide di tenere con sè, addetta alla cura della casa, mentre Amleth viene impiegato nelle mansioni più faticose, grazie alla sua forza proverbiale.
Grazie a una spada prodigiosa, ricevuta in dono da uno stregone, Amleth comincerà a inondare di sangue le notti della fattoria del Re, fino a scoprire che la realtà immaginata da bambino è un po’ diversa da quella effettivamente vissuta dagli altri protagonisti di questa storia.
Nelle sue inutilmente prolisse due ore e venti di durata il film di Eggers si muove col passo greve di chi sembra credere fino in fondo e senza dubbi alla storia di vendetta e sacrificio che ha costruito.
Non c’è mai nessuna leggerezza in un film che resta cupo e monotono, tutto preso dalla sua seriosità norrena.
Solo che Eggers, spinto dal desiderio di “provare a fare il film sui Vichinghi: quello definitivo” manca completamente l’obiettivo, costruendo invece un’avventura prevedibile, tetragona, ottusa come il suo protagonista.
“Ho trovato una civiltà ricca e complessa, fatta di arte meravigliosa, fusione culturale e religiosa, tecniche evolute, costumi elaborati e codici di onore e giustizia”: questo ha dichiarato Eggers.
Eppure le notti chiare e le giornate uggiose in cui si svolge questa storia sono piene solo di visioni, premonizioni, spade magiche, urla animalesche, vulcani che eruttano e uomini predatori, che conoscono solo la lingua della spada: questo è tutto quello che Eggers e Sjon sono riusciti ad immaginare, nell’ennesima storia che racconta il cerchio infinito della vendetta e della violenza.
In The Northman le ambizioni smisurate producono un film senz’anima e senza interesse, pienamente all’interno di un sottogenere che il cinema ha pure frequentato spesso e quasi sempre con risultati discutibili e manichei. Eppure almeno Valhalla Rising di Refn aveva dalla sua la follia esagerata della sua messa in scena. Qui invece tutto è sin troppo perfettino e studiato, a cominciare dalla fotografia desaturata e in pellicola 35mm di Jarin Blaschke, che ha usato sempre una singola macchina costringendo attori e troupe a rifare molte volte anche le grandi scene di combattimento e di massa, senza un motivo logico.
Alexander Skarsgård, gonfio come non mai, si limita a guardare torvo dritto in camera e a recitare col fisico il suo Amleth monodimensionale. Il padre Ethan Hawke scompare troppo presto, così come Willem Dafoe, nei panni sin troppo facili dello stregone/buffone di corte.
Claes Bang fa quello che può per dare spessore al villain di questa storia, Fjölnir, cercando di suggerire una complessità che invece è tutta affidata alle parole della moglie Gudrún, anch’essa rubata al fratello.
Meglio le donne: bene Nicole Kidman, per una volta senza trucchi esagerati e protesi, in un ruolo troppo piccolo, che avrebbe meritato più spazio, visto che il film se ne prende sin troppo per la sua storia. Benissimo Anya Taylor-Joy, nei panni della schiava Olga, lanciata proprio con The Witch: Eggers sembra uno dei pochi in grado di dirigerla con competenza, evitandole mossette, vezzi e faccette.
Nel complesso, The Northman resta una delusione cocente: Eggers cerca l’epica, ma trova invece il solito spettacolo pop senza fantasia e senza idee.
In sala dal 21 aprile.