La promessa – Il prezzo del potere **1/2
Dopo il pregevole La meccanica delle ombre, lo sceneggiatore e regista Thomas Kruithof sceglie di raccontare la politica francese, rappresentandone la dimensione complessa, problematica, idealista.
Siamo nella grande banlieu parigina, dove i maire locali sono costretti a confrontarsi quotidianamente con le emergenze di quartieri degradati, col sopruso di chi sfrutta le debolezze altrui, col silenzio degli irregolari e con le grandi scelte nazionali.
Clémence Collombier è alla fine del suo secondo mandato e non si ricandiderà.
Ha scelto la sua giovane vice per succederle e cerca di chiudere la sua esperienza politica facendo approvare un grande piano di risistemazione urbanistica da 63 milioni di euro, per un complesso immobiliare degradato, Les Bernardines, in cui è cresciuto il suo capo di gabinetto Yazid.
Per tutti è una battaglia che non si può più rimandare: solo che i proprietari storici, che hanno visto i sacrifici di una vita andare in fumo, nel degrado del quartiere, decidono di smettere di pagare le spese comuni, in segno di protesta.
Questo bloccherebbe inevitabilmente il finanziamento immaginato da Clémence e sostenuto da Yazid.
Nel frattempo il primo ministro è in procinto di fare un rimpasto e il nome della sindaco è nella rosa dei papabili.
Sottotraccia si muovono interessi diversi, avidità e sfruttamento, violenze, promesse e minacce.
Le cose cambiano improvvisamente e senza motivo: la generosa protagonista, illusa e poi messa da parte dalla politica nazionale, sembra volersi prendere un rivincita personale, ma alla fine, assieme a Yazid, farà la cosa giusta.
Il film di Kruithof vuole raccontare una dimensione amministrativa ancora sana, interessata ai bisogni delle persone, capace di costruire un ponte verso il grande potere.
I personaggi si scambiano promesse, continuamente, tutto il loro mondo è costruito attorno al valore della parola: quella data in pubblico e quella ricevuta in privato.
Restano angoli bui, compromessi inevitabili, forzature che sfruttano i pesi e le influenze, ma Les Promesses, un po’ come Alice e il sindaco, sia pure senza accenni di commedia, vuole essere un lavoro capace di ridare dignità all’impegno pubblico, al ruolo di chi muove il consenso e la macchina politica, per una finalità reale, non solo per un gioco di pura avidità. Raccontando chi si interroga ancora su ciò che sia giusto, per coloro a cui chiede il voto e su come poterlo realizzare.
Il film si gioca tutto sull’alternanza tra gli spazi del Potere: l’Eliseo, il municipio, i ristoranti, i bar appartati, le commissioni pubbliche e le assemblee private, i complessi degradati, le scale fatiscenti e il lusso delle stanze parigine.
Kruithof costruisce un dialogo significativo tra gli ambienti, gli esterni e gli interni, muovendo i suoi personaggi senza sosta e trascurando quasi del tutto la loro vita privata, quasi a dirci che quel mestiere assorbe la vita di chi lo pratica senza lasciare spazi di decompressione.
Il finale che chiude il cerchio dopo molte deviazioni è particolarmente efficace, quando trasforma la vittoria politica in sconfitta personale.