Trance. Recensione in anteprima

Trance **

Che delusione questo nuovo thriller di Danny Boyle, girato prima delle Olimpiadi di Londra e montato subito dopo, a causa degli impegni del regista inglese con le cerimonie d’apertura e chiusura.

Il film è fiacco e dopo un inizio promettente gira a vuoto su una premessa assai poco plausibile, che viene sfruttata dalla sceneggiatura di Joe Ahearne e John Hodge in modo davvero troppo intensivo.

Simon lavora in una casa d’aste: in caso di assalto di male intenzionati, c’è un rigido protocollo di sicurezza da seguire per mettere in salvo le opere d’arte.
Ma Simon ha il vizio del gioco e si indebita pesantemente con Franck, che pretende la sua collaborazione per un colpo con il quale intende sottrarre un prezioso dipinto di Goya.

Tutto va per il verso giusto, almeno finchè Franck non colpisce Simon con il calcio della sua pistola provocandogli uan commozione che gli induce una breve amnesia.

Simon non ricorda più dove ha nascosto il dipinto, Franck non si fida e lo fa torturare dai suoi uomini finchè non pensa di cambiare strategia e rivolgersi ad una giovane ipnotista, Elizabeth.

Dopo aver testato in un paio di sedute la sua abilità, Franck pretende che la dottoressa aiuti Simon a recuperare la refurtiva.

Il gioco diventa scoperto ed Elizabeth comincia a manipolare i due uomini in un gioco che diventa sempre più incerto, dove realtà e ricordi si confondono continuamente e si sovrappongono.

Boyle recupera il suo stile sovreccitato dei tempi di Trainspotting, ma si affida ad una sceneggiatura giallo-rosa che fa acqua da tutte le parti e che usa l’ipnosi per risolvere ogni buco narrativo e per accreditare ogni svolta drammatica.

James McAvoy è perfetto nel ruolo del burattino mosso sempre da qualcun’altro, mentre Vincent Cassel è un boss inedito. Rosario Dawson è la dottoressa Elizabeth che regge il gioco di tutti e si concede un full frontal piuttosto coraggioso.

Solita splendida fotografia di Anthony Dod Mantle, che usa le luci e gli interni in maniera espressionista, ma tutto finisce per dare somma zero, perchè la soluzione del thriller è assai implausibile e deludente, esponendo il mcguffin in maniera si troppo insistita, salvo poi metterlo da parte quasi completamente nella seconda parte.

Danny Boyle continua a confermarsi regista discontinuo e umorale, capace di alternare film di ruffiana perfezione drammatica ad altri assai più deboli.

Confuso e velleitario.

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