Lo strangolatore di Boston **1/2
Non c’è niente di più americano dei film che raccontano il meccanismo implacabile del giornalismo investigativo, le sue sfide personali e collettive, il suo spirito democratico, la sua ansia di verità, la sua dimensione politica e sociale.
Codificato a genere di riferimento per interpretare la realtà e svelare le menzogne del potere, assurto a genere di riferimento fin dai tempi del Watergate e di Tutti gli uomini del presidente, ma capace di attraversare in modo trasversale e con accenti diversi tutta la storia del cinema hollywoodiano, da Quarto potere ad Asso nella manica, da L’ultima minaccia sino a Prima pagina, da Insider a Il caso Spotlight, oggi la sua dimensione più autentica la ritroviamo spesso nella serialità, nelle indagini complesse di Making a Murderer, nei true crime, nelle denunce di Dopesick e The Dropout.
She Said – Anche io qualche mese fa raccontava l’indagine del New York Times che portò alle accuse contro Harvey Weinstein e al #metoo, ora questa nuova versione de Lo strangolatore di Boston, cambia radicalmente prospettiva, rispetto al film di Fleischer, interpretato da Tony Curtis, nei panni del principale sospettato Albert De Salvo.
Mentre nel film del 1968 il film era tutto costruito sulla personalità tormentata di De Salvo e sulle indagini del detective John S. Bottomly, a capo della task force istituita per catturare lo strangolatore solitario che aveva ucciso 13 donne tra il giugno 1962 e il gennaio 1964, questa volta polizia e criminale rimangono completamente sullo sfondo, per dare centralità al lavoro giornalistico di Loretta McLaughlin, che sulle pagine del Boston Record American fu la prima a intuire una connessione tra i delitti di donne di mezza età, trovate tutte con una calza di nylon stretta attorno al collo a mo’ di fiocco.
Loretta McLaughlin era una giovane cronista che avrebbe dovuto occuparsi di moda e costume, ma che aveva una passione per il giornalismo investigativo, la cronaca nera e la medicina. Assieme alla più esperta Jean Cole riuscì a rompere il soffitto di vetro non solo nelle gerarchie del suo giornale, ma anche nella determinazione che mise nell’accertamento della verità sui delitti di quello che fu chiamato lo strangolatore di Boston.
Il film diretto dal semi-sconosciuto Matt Ruskin per Hulu e Disney+ si muove all’interno di queste coordinate, da un lato evidenziando l’arretratezza e l’ottusità delle indagini ufficiali, le connivenze e la pigrizia dei detective, sollecitati dalla libera stampa a dare una risposta migliore alle paure dell’opinione pubblica, dall’altro promuovendo l’immagine pioneristica della McLaughlin, capace di mettere in discussione non solo il suo ruolo professionale, ma anche quello familiare, in nome dell’indipendenza e dell’autoaffermazione.
Questa nuova versione de Lo strangolatore di Boston restituisce tutta l’ambiguità sull’attribuzione dei delitti del serial killer, lasciando intuire il ruolo del compagno di cella George Nassar e verosimilmente di altri uomini, nella lunga serie dei delitti. E’ invece assai meno ambiguo nel descrivere il lavoro investigativo delle due giornaliste, la loro determinazione, il rifiuto della soluzione di comodo scelta/subita dalle autorità con la confessione integrale di Albert De Salvo, raccolta dal celebre avvocato Francis Lee Bailey Jr., non inutilizzabile per processarlo.
Keira Knightley si ritaglia un buon personaggio a cui aggiunge la sua espressione sempre un po’ corrucciata, ma non è certo questo ruolo quello per cui la ricorderemo. Più marginale Carrie Coon nel ruolo della deuteragonista anticonformista ed emancipata. Il resto è buon mestiere, con un lungo elenco di caratteristi impiegati nei ruoli di secondo piano.
Il lavoro di Ruskin, prodotto da Ridley Scott per la 20Th Century, è un onesto film investigativo, con un accento femminista e uno spirito giustamente revisionista, rispetto al caso dello strangolatore. Tra i film che una volta sarebbero stati classificati come straight-to-video e che oggi invece vengono distribuiti esclusivamente su piattaforme streaming mi pare certamente dignitoso e onesto.