Il primo film di Michael Morris è salito agli onori delle cronache dopo la candidatura agli Oscar della sua attrice Andrea Riseborough.
To Leslie, girato a Los Angeles in soli diciannove giorni, aveva debuttato al SXSW a marzo 2022 con un ottimo riscontro, tuttavia l’acquisto da parte della Momentum Pictures, lo aveva relegato ad una distribuzione in sala davvero minima. I 27.000 dollari raccolti non erano certo sufficienti per le costosissime campagne pubblicitarie che accompagnano film e candidati verso i premi di stagione.
E così la Riseborough, quarantunenne attrice inglese con un lungo background teatrale, ha deciso di fare da sola, assumendo un’agenzia di PR e promuovendo proiezioni del suo film, grazie all’aiuto di una serie di attori e attrici – da Kate Winslet a Charlize Theron, da Amy Adams a Edward Norton, dalla stessa Cate Blanchett a Gwyneth Paltrow – che l’hanno sostenuta anche sui social, lodando l’eccezionalità della sua interpretazione e convincendo così i membri dell’Academy a vedere To Leslie, almeno sulla piattaforma dedicata a coloro che votano per gli Oscar.
L’inconsueta campagna “dal basso” ha funzionato, portando la Riseborough alla sua prima nomination, non senza qualche inevitabile polemica.
Tuttavia quello che conta, alla fine, è sempre la qualità. E indubbiamente To Leslie è un piccolo character study interessante ed efficace, che spesso abbandona il minimalismo tipico dell’indie americano, in favore di una maggiore adesione drammatica al calvario della protagonista, una madre sola, che ha sperperato in alcool e droga una fortunosa vincita alla lotteria.
Sei anni dopo la ritroviamo in uno squallido motel del West Texas, da cui viene cacciata senza cerimonie, perchè incapace di pagare. Con il solo bagaglio di una valigia rosa, cerca rifugio dal figlio James, ormai ventenne, che si è rifatto una vita lontano da lei.
Quando James scopre che la madre sta continuando a bere e ha rubato dei soldi al suo co-inquilino, decide di affidarla a due vecchi amici, Nancy e Dutch, due bikers, che l’accolgono riluttante in casa loro. Ma il richiamo del bancone del bar è invicibile per Leslie, che si ritrova ancora una volta sola. Almeno sino a quando, dopo aver trovato rifugio nei locali di una vecchia geletaria chiusa e in rovina, il gestore del motel di fronte, Sweeney, le offre di fare le pulizie nelle stanze, le offre un posto dove dormire e un salario minimo per rimettersi in piedi, aiutandola a fare i conti con i suoi demoni.
La Riseborough, attrice versatile e talentuosa, dopo gli esordi in piccole parti con Happy-Go-Lucky, Non lasciarmi, ottiene il ruolo di Wallis Simpson nel film di Madonna che la lancia a livello internazionale, consentendole di partecipare a lavori più ambiziosi, come il premio Oscar Birdman di Inarritu e Oblivion, accanto a Tom Cruise, Animali notturni di Tom Ford e le commedie La battaglia dei sessi e La morte di Stalin. Negli ultimi cinque anni alterna soprattutto film horror di culto come Mandy di Panos Cosmatos con Nicholas Cage e Possessor di Brandon Cronenberg, a piccoli lavori di esordienti, a cui affianca un paio di serie televisive molto interessanti come Waco e ZeroZeroZero di Sollima dal libro di Saviano.
To Leslie è certamente una delle vette della sua carriera, tuttavia siamo di fronte a una storia che il cinema americano ha raccontato molte volte, sempre con una certa efficacia. Il tentativo della protagonista di rimettere in piedi una vita andata inesorabilmente alla deriva, nella solitudine e nella marginalità di un sud impoverito e sempre uguale a se stesso è simile a molti altri tentativi e di film sulle dipendenze sono sempre stati un sottogenere hollywoodiano sin da Giorni Perduti di Wilder.
Siamo sempre dalle parti del sogno americano, dell’occasione che cambia la vita: la seconda opportunità Leslie però l’ha già buttata via, la vincita alla lotteria è svanita velocemente, lasciandole solo sensi di colpa da annegare nella bottiglia. Quella che le offre il mite Sweeney è allora innanzitutto un’ancora di affetto e comprensione, una vicinanza non giudicante, che non ha memoria del passato e grazie alla quale si può ricominciare a scrivere una storia diversa, a partire da una pagina bianca.
Il film fortunatamente ci risparmia la retorica da convertiti degli alcolisti anonimi, ci mostra un percorso non manicheo di liberazione dalla dipendenza: un percorso che non esclude tentazioni, ricadute, fragilità.
La Riseborough si dona al suo personaggio senza timori e Morris le sta addosso scegliendo di piegare il suo film fino a farne sostanzialmente una testimonianza del talento della sua attrice. Si tratta di quel tipo di performance radicalmente trasformativa che colpisce e che spesso trova spazio nei palmares. Il fatto poi che il film si chiuda sostanzialmente su una nota consolatoria e riappacificante, giova indubbiamente al suo successo.
Più marginale il contributo di Alison Janney e Stephen Root, mentre lo stand up Marc Maron è credibile e onesto nei panni di Sweeney. Fa piacere ritrovare sullo schermo Andre Royo, indimenticabile Bubbles in The Wire, qui alle prese con il personaggio di Royal, il proprietario del motel in cui lavora la protagonista, bruciato dall’LSD e dalla vita.
To Leslie resta un lavoro che sarebbe probabilmente passato sotto traccia, inghiottito da mille altri esordi interessanti, ma non memorabili.
Ora che gli Oscar gli hanno dato una chance, qualcuno deciderà di distribuirlo anche in Italia?