Jean Pierre Alem, scrittore francese con un trascorso da funzionario nei servizi segreti durante la Seconda guerra mondiale, nell’introduzione al suo saggio Mestiere di spia (L’espionage à traverse les ages, 1977) scriveva: “gli affari di spionaggio sono come iceberg che galleggiano sull’oceano della storia. Una delle loro parti è visibile, è rappresentata dai fatti, dalle peripezie che si possono osservare, e che hanno un posto nella storia, – la grande e soprattutto la piccola -, ma una parte ben più vasta è sommersa, invisibile”. Nessuno sa, e mai saprà, in quali condizioni l’affare è stato concepito, per ordine di chi e perché, come è stato organizzato e secondo quali metodi. Di alcune spie del Novecento conosciamo il nome e le gesta, si pensi a Richard Sorge, “eroe dell’Unione Sovietica” giustiziato in Giappone nel 1944, a Günter Guillaume, agente della Stasi, ufficialmente fotografo, che riuscì a farsi assumere per oscuri motivi dalle Cancelleria di Willy Brandt, o ancora a Kim Philby, la superspia infiltrata nel servizio segreto inglese che ispirò John Le Carrè per il suo romanzo La talpa (Tinker Tailor Soldier Spy, 1974). Di altri, i più, non conosceremo nulla. D’altronde, più appariscente è una spia, meno è utile. Un’esistenza scialba e anonima garantisce un perfetto camuffamento nei ranghi della società. Un ingegnere aerospaziale, tutto casa e lavoro, potrebbe assolvere a questo ruolo?
La risposta di Totems, serie francese originale Amazon Studios, è sì. Siamo nel 1965, in piena guerra fredda. Francis vive a Parigi, nel celebre Quartiere Latino tanto caro agli esistenzialisti, con sua moglie Anne, infermiera, e il figlio Paul. Francis progetta razzi spaziali presso il Mareuil Centre National d’Etudes Spatiales (CNES), un’agenzia governativa fondata da Charles De Gaulle. Le colpe dei padri non dovrebbero ricadere sui figli, ma per Francis non è così. Sul curriculum di Francis c’è una macchia indelebile che ne condiziona le ambizioni di carriera, il tradimento di suo padre Jean, uomo dei servizi francesi (SDECE) reclutato dal KGB e ucciso in circostanze misteriose. Il giorno del compleanno di Paul, Charles Contignet, un amico e collega di Jean, bussa alla porta della famiglia Mareuil. Con lui ha un regalo per il bambino e un fascicolo “riservato” indirizzato a Francis.
Intanto, molto lontano da Parigi, in una Mosca diafana e fredda, la pianista Lyudmila Goloubeva è alle prese con un provino per essere ammessa in una prestigiosa orchestra. Il suo talento è cristallino e il suo futuro, così pensa Lyudmila, non può che essere accanto a un pianoforte. Alla fine dell’esibizione, due uomini del KGB attendono la ragazza fuori dal palazzo per riaccompagnarla a casa. Non è una visita di cortesia. L’agente Dimitri Yemeline ha una richiesta precisa da farle. Lyudmila è l’unica a poter avvicinare suo padre, uno scienziato di spicco, a capo del Centro Studi Spaziali. Boris Golubev ha trascorso due anni in un gulag per le sue idee pacifiste e l’URSS deve sapere se stia passando informazioni al nemico. I rapporti tra Lyudmila e Boris sono complicati. Il KGB ha buoni argomenti. Alle parole della musicista, lui mi odia, Yemeline replica dicendole che no, non è vero, perché lui ha comprato il tuo disco e lo ascolta sempre. Lyudmila è ostinata. Il KGB perde le staffe e le fracassa una mano (non è l’unica ferita fisica che riceverà da Dimitri e compagni) Lyudmila capisce di non avere alternative.
Com’è facile intuire, Francis e Lyudmila sono destinati ad incontrarsi. Sopra le loro teste, anzi, sopra le teste di tutti, pende la spada di Damocle di una bomba orbitale impazzita. I sovietici ne hanno perso il controllo e, quel che è peggio, la bomba è armata con una testata nucleare da 5 megatoni, sufficiente a spazzare via una capitale europea. Francis, accompagnato da Virgil, agente della CIA, e Lyudmila, tampinata dal KGB, convergono per un convegno a Berlino Est, un inevitabile topos di ogni racconto di spionaggio che si rispetti. L’obiettivo di Francis è aprire gli occhi al professor Golubev, nome in codice Radagast (ogni pedina del gioco di spie ha un nome in codice), ignaro che il governo di Mosca stia usando il sistema di guida da lui stesso ideato, con propositi civili, per un avanzato progetto orbitale di natura militare. Il compito di Lyudmila è controllare suo padre, riferendo fedelmente a Yemeline ogni informazione disponibile. Poi, gli sguardi di Francis e Lyudmila si incrociano, complice un modello di Luna.
È amore a prima vista? Totems sembra cedere alla classica favola delle spie, belle e fascinose, separate dalla logica dei blocchi contrapposti e fatalmente attratte in un turbinio di passioni impossibili. In realtà, la serie ci depista, seguendo per lunghissimi tratti più la bomba che le vicende personali. È un giro vorticoso, che ci conduce da Est a Ovest, passando, oltre alle città europee già citate, per Praga e i monti dell’Algeria. Tutti vogliono mettere le mani su un codice di sedici cifre. E il codice è nell’orologio di Lyudmila alias Luna.
Totems associa la crudeltà più ai compagni che agli americani, tuttavia nel mondo delle spie “bene” e “male” sono definizioni morali incerte. Al di là delle ideologie, gruppi di potere con differenti “visioni” sono pronti a sfidarsi, tanto all’interno del quadro di interessi occidentale quanto dalla parte sovietica. L’alleanza tra SDECE e CIA non è immune da tensioni. Il KGB si pone in contrasto con l’apparato militare di Mosca. Chi ne fa le spese sono i civili, travolti da eventi imperscrutabili.
La povera Anne, abbandonata dal marito Francis in perenne missione all’estero, è trascinata suo malgrado nel caos. La macchina del potere aggredisce la fragilità altrui. Anne ha aiutato sua nipote Martine ad abortire clandestinamente (in Francia l’interruzione di gravidanza diverrà legale non prima del 1975). L’agente della CIA Larry Goldstein si dimostra molto “sensibile” allo stato di salute di Martine e inizia a ricattare Anne, chiedendole di riscontrare con dati certi la possibile doppiezza di Contignet, legato a una fonte russa, in codice Olga. Contignet è stato comunista, forse lo è ancora, e Anne dovrà “indagare” su di lui. La questione sembra essersi chiarita a favore di Contignet, quando Anne scopre nel dorso di un libro una lista di nomi.
I due protagonisti principali, Francis e Lyudmila, abbandonano l’iniziale riluttanza all’azione, spinti da un oscuro desiderio di novità radicale, di palingenesi. La sofferenza dovuta alla tragica consapevolezza dell’essere stati manovrati da forze soverchianti alimenta l’istinto di sopravvivenza di entrambi e innesca una voglia di rivalsa nei confronti del passato. L’ingegnere francese entra nei panni dell’agente segreto con sempre maggiore convinzione, nel tentativo di comprendere i meccanismi, fino ad allora ignoti, del mondo di Jean. La pianista russa intravede una possibilità di salvezza, per sé e per il padre Boris, provando a rivoltare a proprio vantaggio un destino che pareva segnato. È il bisogno di fuga a muovere i protagonisti, l’esigenza di scappare da vecchi e nuovi fantasmi, di essere, in definitiva, liberi. Ed è Lyudmila a piantare, nella relazione con Francis, a sua volta incapace di sincerità nei confronti di una moglie che non ama più, il seme dell’ambiguità. Da ultimo, chi è strumento di chi?
Nel gergo dell’Intelligence, un “totem” è uno scambio di informazioni tra differenti organizzazioni, qualcosa di paragonabile al sacro, perché su di esso poggia la sicurezza dell’ordine mondiale. Il termine ha un fascino sinistro. In antropologia, il totemismo comporta sempre un qualche sistema di tabù socialmente condiviso, non uccidere l’animale totemico, non avere rapporti sessuali con donne del tuo stesso clan, non nominare aspetti del rituale della caccia… Quali sono, nel campo laico delle relazioni internazionali, i limiti di azione invalicabili di un agente segreto? Non è sempre chiaro. “Le pratiche dello spionaggio sono condannate con severità, tanto più perché qualche volta esse si accompagnano a manovre criminali”, scriveva Jean Pierre Alem nel libro citato. Dove finisce la legalità e inizia reato, chi stabilisce le regole e quindi le eccezioni, se il rischio è l’imminenza di una guerra nucleare globale?
Le vicende di due comprimari mostrano, non meno dei due protagonisti principali, la zona d’ombra entro cui si muovono le spie. Contignet, sebbene onesto nei suoi propositi di “mediazione” tra est e ovest (“con tuo padre andai a Hiroshima una settimana dopo l’esplosione, ho la stessa vertigine di allora”), assiste alla disintegrazione del suo idealismo pacifista: la sponda con i sovietici si rivela un fallimento totale. Virgil, forse la figura secondaria più interessante di Totems, affonda nel vizio della dipendenza da farmaci. Quest’uomo appassionato di blues (“Quando senti Robert Johnson senti il suo dolore”), assunto dalla CIA per la fedeltà manifestata al verbo atlantista, rappresenta la sintesi delle contraddizioni, alquanto schizofreniche, del mestiere. Liquidato dall’agenzia, prova a riaffidarsi alle cure del suo vecchio medico, nonché amante, ma solo l’adrenalina dell’azione riesce a rimetterlo in sesto.
Ci restano in mente alcune scene, piccoli interstizi umorali, l’improvvisa felicità della famiglia cecoslovacca costretta a dare asilo a Lyudmila quando quest’ultima improvvisa un “concerto per sole mani” sul tavolo della cucina, la gioia della ragazza per i dolci della pasticceria francese, il disgusto di Dimitri Yemeline per un panino al formaggio forse non abbastanza insipido da poter essere definito autenticamente comunista, la meraviglia del professor Golubev nel contare le oche in volo sul cielo della Russia del Nord (“il potere dei numeri mi ha sempre affascinato”).
Niels Schneider, Vera Kolesnikova, Ana Girardot, Lambert Wilson e José Garcia formano l’ossatura del cast. Nessuno eccelle sugli altri e nessuno sfigura. La spy-story scorre via leggera e godibile, con una coda finale a sorpresa che ammicca a una probabile seconda stagione. Juliette Soubrier, sceneggiatrice, ha dichiarato che Amazon immaginava una serie di lunga durata, “pertanto ci siamo prefissati di lasciare alcuni scenari aperti”.
Nel corso del processo a suo carico, la spia “che cambiò il mondo” Klaus Fuchs, colpevole di aver trasmesso al governo sovietico i dati sul progetto Manhattan, si difese sostenendo la necessità della diffusione dell’arma atomica per evitare un’altra Nagasaki. La deterrenza funziona? Forse dovremmo chiedere al compagno Golubev che, pragmaticamente, risolve la situazione della bomba in caduta approntando una soluzione ecumenica.
Totems è uscito in Francia il 18 febbraio di quest’anno, quando la guerra in Ucraina, benchè annunciata da molti segnali, non era ancora iniziata, ed è stato distribuita in Italia, sempre da Prime Video, il 20 maggio, il giorno in cui il presidente ucraino Zelensky definiva la situazione nel Donbass “un inferno”. È straniante vedere una serie che evoca il pericolo del conflitto nucleare, di allora, nell’attuale momento storico. Totems è l’ennesimo esempio di come la finzione seriale, a volte inaspettatamente, sappia dialogare con la tremenda realtà del presente.
Titolo originale: Totems
Numero di episodi: 8
Durata: 50 – 55 minuti l’uno
Distribuzione: Prime Video
Uscita: 20 maggio 2022
Genere: Spy, Thriller, Drama
Consigliato a chi: colleziona dischi francesi, da bambino studiava le costellazioni, conosce l’effetto doppler e anche le conseguenze delle interferenze radio sui semiconduttori.
Sconsigliato a chi: è attirato dalle dediche sulle copertine dei libri, ha incontrato un romeo nella sua vita, se vede un tunnel ha un attacco di claustrofobia.
Visioni e letture parallele:
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Una serie illustrata con le animazioni di Aurélie Pollet: Le spie raccontano. Le eroine dei servizi segreti durante la guerra fredda. Disponibile sul Canale ARTE.
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Il testamento spirituale di un colonnello sovietico, pluridecorato al valore militare, passato al nemico per amore del suo popolo: Oleg Penkovskij, Memorie di una spia, Odoya Editore, 2017.
Un nome da decifrare: Orlov.
Un gesto: aprire l’acqua per non farsi intercettare.
Una scaramanzia: il bottone del cuore.