Clark è la storia di Clark Olofsson, il controverso criminale svedese che ha ispirato l’espressione ‘sindrome di Stoccolma’ con cui si identifica il particolare rapporto che talvolta si crea tra i rapiti e i rapitori, un misto di dipendenza e di affetto che deve il suo nome al fatto di essere stato studiato per la prima volta durante la rapina di Piazza Norrmalmstorg, nella capitale Svedese. Come vediamo nei sei episodi di questa serie Netflix, in realtà nella vita e nella carriera criminale di Clark ci sono stati numerosi altri episodi degni di memoria. A ben vedere nel racconto della sua esistenza, che inizia letteralmente da feto nell’utero della madre, assistiamo al dispiegarsi di una personalità narcisistica con tratti autodistruttivi che sovverte la realtà a suo uso e consumo, un quadro che collima con una molteplicità di altri criminali, tra cui, ad esempio, numerosi serial killer. Eppure il modo solare di affrontare i problemi, la spontaneità, la limitazione della violenza gratuita, l’amore per le donne hanno conferito a Olofsson un’aura speciale, diversa da quella del criminale comune. L’opinione pubblica si è spinta in alcuni momenti a vederlo come una vittima del sistema o addirittura come un eroe nazionale. Clark era consapevole del proprio fascino, e, proprio come Ted Bundy, lo ha sfruttato sistematicamente a proprio vantaggio. La sua carriera criminale si è sviluppata fin dall’età giovanile, iniziando da bravate per arrivare a piccoli furti e approdando, con il tempo, alla rapina delle banche. Negli anni ’70 del ‘900 i sistemi di sorveglianza erano meno sofisticati e rapinare banche era un’attività alla portata di quanti avessero coraggio, determinazione e mancanza di scrupoli morali. Tutte competenze criminali che Clark possiede e che lo hanno reso un’icona, capace di evadere dal carcere per 17 volte, sempre e comunque in grado di far parlare di sé.
Interpretato da un istrionico e magnetico Bill Skarsgard (Deadpool, It, The Northman), Clark è posto al centro assoluto del racconto: tutti gli altri non sono che comparse. Questo avviene non tanto per ruolo o per angolazione narrativa, ma per la forza devastante del suo vitalismo che letteralmente inghiotte chiunque gli si avvicini, facendolo apparire come una semplice comparsa. Possiamo quindi a ragione inserire Clark nell’elenco degli anti-eroi (come Saul Goodman) o veri e propri villains (come Dexter o Sergio Marquina) per cui facciamo il tifo: nel racconto manca una vera e propria coscienza morale ed è comprensibile perché basato sulla sua autobiografia.
O almeno questo avviene per i primi cinque episodi, perché il sesto tende invece a stridere con il clima di leggerezza precedente, portando la narrazione a confrontarsi con la realtà e smascherando tutto il dolore che il comportamento di Clark ha causato a chi gli stava vicino. Nei primi episodi i fatti narrati, veri o meno, si collocano nel campo dell’amoralità, sulla scia di un atteggiamento superomistico che si manifesta appieno durante la tempesta in mare del quinto, dal titolo Why would I Have a Job? I Don’t have Time for S**t Like That and You’ll Miss Out on All the Fun Stuff. Del resto l’unica cosa che il padre alcolista ha insegnato a Clark è stata una versione pocket della volontà di potenza: se c’è un problema, agisci da uomo e sistemalo. E Clark a questo motto risponde pienamente, presentandosi come un criminale che sa a cosa va incontro, che non intende negare i propri errori e ne accetta le conseguenze. A volte sembra che Clark abbia bisogno della prigione, che in prigione il suo vitalismo si ricarichi per poi esplodere appena raggiunta, in un modo o nell’altro, la libertà.
In realtà, se volessimo approfondire l’analisi del modello narrativo troveremmo la matrice del racconto nel termine picaresco: con questa tipologia di romanzi, particolarmente diffusa in Europa tra le fine del XVI° e il XVII° secolo, Clark condivide diversi elementi: la narrazione avventurosa e al limite del surreale, il mix di generi, il tono ironico, la vocazione autobiografica e la narrazione in prima persona, la spinta individualistica, la natura sostanzialmente buona del protagonista (elemento peraltro ridefinito nell’episodio finale) e la vitalità esplosiva.
Tra coloro che sentono maggiormente il fascino di Clark ci sono le donne, che dimostrano una fiducia cieca nei suoi confronti, altro atteggiamento che il protagonista condivide con Bundy, che arriverà perfino a sposarsi, durante il periodo di detenzione, con Carol Ann Boone, convinta della sua innocenza. La predilezione di Clark per le donne porta la narrazione a soffermarsi su diverse scene di sesso, sempre raccontate con ironia e un tocco di sarcasmo, come nelle conversazioni in cui Maria (Hanna Bjorn) gli parla della lotta di classe mentre fanno l’amore, in prigione. E’ interessante come in genere i rapporti di Clark con le donne siano piuttosto sbrigativi, volti al proprio godimento più che a quello della partner, sintesi di un atteggiamento edonistico verso la vita che non considera affatto le altrui esigenze.
Il rapporto tra narrazione e realtà è da subito esplicitato: i fatti narrati mischiano verità e menzogne e non può essere diversamente perché la voce narrante è quella di Clark, che peraltro cambia spesso versione dei fatti durante i sei episodi. La regia ha scelto di utilizzare un bianco e nero a forte contrasto per il racconto del passato, caricando così la narrazione di pathos. Ogni singolo episodio potrebbe del resto essere visto come un racconto autonomo, impreziosito da ottime performance degli attori e dalla regia di Jonas Akerlund (importante autore soprattutto di videoclip musicali) che mostra un’estetica specifica, ridondante come la personalità di Clark, ricca di movimenti di macchina, inquadratura in campo lungo, con l’inserto di cartoni animati e ampio ricorso allo split screen. Sono poi numerose le occasioni in cui strizza l’occhio allo spettatore cinefilo con riferimenti a Scorsese, Tarantino, al cinema muto.
Una nota particolare per la musica, con la colonna sonora realizzata dall’acclamato musicista svedese Mikael Akerfeldt che spazia attraverso una quantità incredibile di generi, dall’indie pop al folk svedese, dalle melodie tradizionali arabe al tango, dal rock al metal. Il tutto però amalgamato in modo sapiente con la narrazione e con il ritmo del racconto: una sintesi in cui ha avuto un ruolo decisivo la sensibilità musicale del regista, impegnato nel genere black metal come batterista prima di dedicarsi alla regia in modo sistematico. Le scelte musicali sono sempre in sintonia con il periodo storico in cui si svolge la vicenda. Delle 34 tracce utilizzate, ce ne sono quattro che presentano l’intervento diretto di Akerfeldt ,che ha dichiarato di essersi immerso nel personaggio di Clark e nel suo modo, irriverente e fuori dagli schemi, per produrre questi temi musicale. La serie è da questo punto di vista un assoluto capolavoro e dimostra quanto il ruolo del music designer sia oggi centrale per la buona riuscita di una produzione TV.
Complessivamente ci troviamo di fronte ad uno show piacevole, fresco, ben girato e con una colonna sonora strepitosa: un peccato non goderne!
Titolo originale: Clark
Durata media degli episodi: 60 minuti
Numero degli episodi: 6
Distribuzione streaming: Netflix
Genere: Action, Drama, Comedy, Crime
Consigliato: a chi cerca un prodotto fresco, originale e avventuroso in cui le situazioni surreali sono all’ordine del giorno.
Sconsigliato: a quanti cercano un documentario o una storia rigorosa, qui tutto è romanzato, esasperato, dopato. Se cercate una condanna morale o un’analisi sociale siete sintonizzati sul programma sbagliato, nella serie domina la leggerezza, anche nei momenti più drammatici. Almeno fino al sesto episodio, quando appare chiaro quanto il narcisismo autodistruttivo del protagonista abbia pesato su chi gli stava vicino.
Visioni parallele: numerose sono state in questi anni le produzioni con dei fuorilegge come protagonisti. Tra le altre ricordiamo il film Romanzo Criminale (2005) di Michele Placido e, soprattutto, la successiva, omonima serie di Stefano Sollima, realizzata tra il 2008 e il 2010.
Un’immagine: una frase per sintetizzare il personaggio Clark: “Un giovane e avvenente ribelle. Una piaga per la società e per la polizia. L’incubo del cittadino medio e il sogno erotico di sua figlia”. Così Clark vuole presentarsi, così la serie lo presenta per cinque episodi.