Venezia 2019. Seberg

Seberg **

Fuori concorso

Il secondo film del regista teatrale e cinematografico di origini australiane Benedict Andrews è dedicato all’attrice Jean Seberg, lanciata da Preminger con Saint Jean, icona della nouvelle vague, dopo essere apparsa accanto a Belmondo in Fino all’ultimo respiro, quindi emarginata da Hollywood e oggetto delle attenzioni dell’FBI per il suo appoggio alle Pantere Nere alla fine degli anni ’60.

Seberg racconta proprio quegli anni tumultuosi, nei quali l’attrice aveva avuto un affair con l’attivista nero Hakim Jamal, pur essendo acnroa sposata con il romanziere francese Romain Gary.

Il suo sostegno alle attività di Jamal e poi al movimento Black le attirarono le attenzioni di Hoover e dell’FBI, che la spiò a lungo, organizzando una camapgna di discredito pubbblico e privato dell’attrice, spingendola verso l’abisso della paranoia e della psicosi.

Quando rimase incinta del suo secondo figlio, l’FBI fece pubblicare da Newsweek un articolo in cui la paternità veniva attribuita proprio ad Hakim Jamal. Quando poi il bambino morì dopo due soli giorni di vita, Jean Seberg non si riprese più: abbandonò Hollywood definitivamente, riparò in Europa, dove la sua carriera seguì un lento declino, fino al suo misterioso suicidio del 1979.

Interpretata da Kristen Stewart con grande generosità e dedizione, la Seberg di Andrews finisce suo malgrado nella macchina del fango orchestrata per lei, come per molti altri, dall’FBI e dalla stampa compiacente.

Il fisico minuto, i proverbiali capelli biondi corti, lo spirito ribelle, Jean Seberg era probabilmente troppo fragile per sostenere il peso delle sue scelte e le conseguenze aberranti che ne seguirono,diventando  così un bersaglio facile per i G-men in camicia bianca.

Il film tenta di bilanciare il racconto, altrimenti giustamente manicheo, introducendo la figura dell’agente Jack, un giovane esperto in intercettazioni, che comprende il gioco tragico che stanno conducendo e cerca di mettere l’attrice sull’avviso, senza davvero riuscirci.

E’ la parte più debole del film, quella che risente maggiormente di una scrittura troppo telefonata e di uno sviluppo dei personaggi irrisolto e sciatto.

Siamo dalle parti del biopic più tradizionale, nell’impaginazione e nelle scelte narrative, ma il film, prodotto da Amazon Studios, non ha altri grandi lacune.

Seberg è così da un lato il ritratto di una donna spezzata, violata nella propria intimità e nei propri sentimenti, in nome di una battaglia più grande di lei, dall’altro il racconto inquietante di un tempo oscuro, in cui la manipolazione delle informazioni era uno dei mezzi più efficaci, per distruggere la credibilità di persone considerate nemiche dello Stato.

Un tempo lontano, ma anche terribilmente presente, quello raccontato da Andrews.

Splendida la fotografia calda di Rachel Morrison, pregevole il cast di giovani promesse con Zazie Beetz, Margaret Qualley, Anthony Mackie, Jack O’Connell.

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