The Ballad Of Buster Scruggs

The Ballad Of Buster Scruggs **

Annunciato come la prima serie antologica dei fratelli Coen per Netflix, questo The Ballad Of Buster Scruggs, coprodotto da Annapurna, si è rivelato invece un molto più classico film ad episodi, debitore della tradizione delle co-produzioni italiane degli anni ’60.

Un libro illustrato si apre e ne escono sei diverse storie ambientate nel Far West, unite solo dalla cornice narrativa comune e nulla più. Un lavoro che i Coen sembrano aver portato a casa lavorando con la mano sinistra, che alterna episodi più riusciti e divertenti ad altri assai deludenti, proprio come accadeva ai modelli a cui sembrerebbero essersi ispirati. Probabilmente l’hanno fatto anche apposta, giocandosi bellamente della committenza e delle aspettative del pubblico.

Il film comincia col botto: il Buster Scruggs del titolo, interpretato da Tim Blake Nelson, è un killer spietato ed un cantastorie fenomenale, che passa dal suono della chitarra a quello delle colt, con la stessa ispirazione, finchè non trova qualcuno ancor più bravo di lui, in entrambi i campi. Il corto è un gioiello, un divertissement formidabile di bellezza surreale e di ferocia comica.

Altrettanto indovinato il secondo episodio, con il rapinatore James Franco, all’assalto di una banca isolata nel deserto, ma difesa con le unghie e con le pentole (sì, le pentole…) da un direttore pronto a tutto.

Il terzo episodio è un manifesto del cinismo e della crudeltà del duo: un laido sfruttatore, che porta, di città in città, un monologo teatrale, recitato da un ragazzo privo di gambe e di braccia. Ma quando gli incassi calano, decide di sostituirlo con un nuovo interprete…

Il quarto episodio è uno dei migliori: un testardo e metodico cercatore d’oro, interpretato da Tom Waits, porta disordine e scompiglio, avidità e morte, in una valle incontaminata e idilliaca.

Il quinto capitolo è ambientato al seguito di una carovana di pellegrini, che si spostano verso l’Oregon, tra morti improvvise, cani che abbaiano troppo, proposte di matrimonio e assalti dei pellerossa. Non c’è spazio per sentimenti veri, ma solo per calcoli interessati.

Nel capitolo finale, forse il più deludente di tutti, una diligenza che riecheggia quella di Ombre rosse, sembra accompagnare i suoi passeggeri verso le porte dell’inferno. Ma sono solo chiacchiere tra viaggiatori: non sapremo mai davvero come andrà a finire, quando le porte dell’hotel di Fort Morgan si richiudono dietro di loro.

I Coen, con spirito pienamente postmoderno, si prendono gioco della tradizione, che conoscono a menadito, la sfruttano senza remore, sino a rovesciarne i cliché, e si prendono gioco dei loro personaggi, con il solito gustoso humor nero.

Come in un vaudeville western, orchestrano una serie di schizzi che vorrebbero essere bocconi prelibati, ma ci riescono solo in parte: non c’è mai alcuna gravitas nel loro film, è tutto troppo lieve e insapore, nonostante in quasi tutti gli episodi si metta in scena la morte. Ed è fastidioso che i due sembrino costantemente strizzare l’occhio al loro pubblico, con queste storielle, uscite probabilmente da un cassetto di appunti, per progetti mai nati.

In questa antologia dalla Frontiera, il filo rosso è solo quello della loro intelligenza provocatoria, che sfrutta ogni possibilità del genere, forzandone i limiti fino ad ibridarlo con il musical, con l’horror, con il racconto fantastico. Con il consueto spirito iconosclasta, i Coen celebrano un bel funerale al mito del west, ne smontano, pezzo dopo pezzo, la leggenda, con una crudeltà divertita e complice.

Si tratta però di un gioco a somma zero, che sorprende all’inizio e poi pian piano finisce per annoiare. Il loro film è in fondo una raccolta di corti, che confermano le loro ossessioni, il loro talento e la loro enciclopedica conoscenza della tradizione americana, ma nulla aggiungono al valore della loro filmografia, neppure quella più decisamente western, da Non è un paese per vecchi a Il grinta, che suggerivano altre riflessioni e interrogativi, oltre ad offrire il solito campionario di personaggi surreali, travolti da un destino crudele.

Un Coen decisamente minore, che comincia col botto e finisce lasciando, in fondo, l’amaro in bocca, per un’occasione in buona parte mancata.

THE BALLAD OF BUSTER SCRUGGS

Regia:
Ethan Coen, Joel Coen
Durata:
132’
Paesi:
Usa
Interpreti:
Tim Blake Nelson, James Franco, Liam Neeson, Tom Waits, Bill Heck, Zoe Kazan, Tyne Daly, Brendan Gleeson
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