Cinema con vista: Vizio di forma

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Gordita Beach, 1970, a casa del detective privato Doc Sportello (Joaquin Phoenix) si ripresenta la sua ex fidanzata Shasta Fey. La donna aveva abbandonato lo sgangherato hippie tempo prima, per diventare l’amante di un noto imprenditore edile dalla ben dubbia lealtà commerciale. La ragazza è portatrice e fiamma di un intrigo capace di sconvolgere la vita del suonato Doc Sportello.

Dopo un riuscito The Master, Paul Thomas Anderson regala un altro capolavoro tristemente ignorato dagli Oscar. Vizio di forma è un volo pindarico dai colori sgargianti, che vuole offrire uno splendido spaccato della fine di un’epoca, analizzata dagli occhi di un hippie.

L’uomo in questione è un eccellente Joaquin Phoenix, detective privato sospeso tra i fumi dell’illusione e la psichedelia  di una vita ai limiti dell’inafferrabile. Un’esistenza in cui il “tutto” si fonde col “niente” ed in cui le indagini a tempo perso diventano solo un modo per scacciare l’ineluttabilità di un incedere quasi impalpabile. Il “generale” del mondo esterno si ricongiunge con la fumosa “particolarità” del protagonista, che offre una visione del mondo caotica ed alternativa, ma proprio per questo speciale ed indimenticabile. A tratti, sembra di vedere rivivere il Dude de Il Grande Lebowski, ma questa volta con una caratterizzazione meno impalpabile e più concreta. Una grande prova d’attore per un protagonista sempre al limite, annebbiato dagli stupefacenti, ma allo stesso tempo perfettamente lucido per riflettere sull’effettivo andare delle cose.

Lo spettatore è trasportato in un modo colorato ed ai limiti del fiabesco, su cui si estende la “mano nera” di un periodo storico che non lascia vincitori, ma solo vinti. Al Vietnam seguono le contestazioni ed i personaggi stessi sono il prodotto di una società che sfrutta le persone per i propri interessi, senza mai riuscire ad elevarle. La droga sembra essere l’unica via di uscita da una realtà rigettata da chiunque ed è proprio su questo che il regista sembra volersi schierare, riabilitando ancora una volta il Peace and Love di una generazione bruciata. Fare uso di sostanze stupefacenti spinge l’uomo sul baratro, ma non lo rende peggiore di chi è “pulito”. Ogni personaggio è caratterizzato dalle proprie psicosi ed a volte i “lucidi” sembrano più astratti dei “fatti”, perdendo completamente il contatto con una realtà al limite tra l’incubo e l’utopico.

Uomini veri ed illusori si scontrano con navi mai attraccate, gettando le basi per una storia al limite del visionario, in cui i colori sono i veri protagonisti ed indicatori. Le tinte sgargianti dei bassifondi e della spiaggia contrastano con i chiari-scuri della città perbene, delineando due modi diversi di vivere, costretti a coesistere in una miscela esplosiva. Solo alla fine, in una fantastica inquadratura del viale verso il mare, si raggiunge un vero e proprio sfumato, simbolo di un’esistenza che deve sviluppare la tolleranza per ogni scuola di pensiero.

Vizio di forma è un noir dalle tinte fumose, che sicuramente vuole essere una delle pellicole più interessanti dell’anno, ma che allo stesso tempo non è un film per tutti. Alcuni si potrebbero perdere nelle illusioni di una sceneggiatura tanto incisiva quanto impalpabile, senza apprezzarne la vera essenza. Molte volte il rischio di un capolavoro è quello di non essere capito.

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