Sacro GRA **1/2
Con Below Sea Level aveva vinto Orizzonti nel 2008, ora Gianfranco Rosi è in concorso con il suo ultimo documentario, che parte da una suggestione dell’urbanista Niccolò Bassetti, per raccontare la vita di alcuni personaggi, che gravitano attorno al Grande Raccordo Anulare.
Non c’è nulla di prestabilito. Rosi cerca la vita attorno ai 68 km della grande muraglia romana, trovandola in un gruppo di “personaggi inconsapevoli”.
Inconsapevoli del loro ruolo nel film e forse della loro singolarità.
Il film però lascia subito sullo sfondo la più grande autostrada cittadina d’europa, per concentrarsi su un botanico che cura le palme, su un barelliere che lavora in ambulanza, sul proprietario di un casale riconvertito a castello medievale, dove girano fotoromanzi e fiction, su un gruppo di prostitute, su un cacciatore di anguille e sugli abitanti di un condominio di periferia, vicino all’aeroporto.
Il grande lavoro preparatorio e di ricerca effettuato da Rosi ha isolato un gruppo di persone fuori norma, quasi per continuare il suo discorso sugli emarginati, sui dropouts della nostra società, che era già al centro di Below Sea Level.
In fondo il film poteva essere ambientato a Roma o da qualsiasi altra parte: il Grande Raccordo rimane pressochè inesplorato. Non è un film di viaggio il suo, nè di paesaggi. Ma è un film di uomini e donne, di esistenze ai margini. Quell’immagine sfocata delle auto, che apre il film è forse il segno di un’intenzione. Più che la strada a Rosi interessa l’umanità che la attraversa. Non ci sono suggestioni fotografiche o urbanistiche, se non in rari momenti: quando Rosi coglie una nevicata eccezionale o quando inquadra un gregge di pecore, che sopravvive all’urbanizzazione.
Il film vorrebbe forse avvicinarsi ad alcuni lavori di Errol Morris come Fast Cheap and Out of Control, nel tentativo di raccontare persone singolari, dedite al proprio lavoro, curiose, insospettabilmente argute, colte nella loro vita quotidiana, nelle loro contraddizioni. E tradisce forse un po’ di furbizia nella scelta del cast, perfettamente in parte, come in una vecchia commedia all’italiana.
La messa in scena di Rosi sembra essere fortemente legata ad un principio di causa ed effetto, tradendo quello che dovrebbe essere lo spirito del documentarista, per un un po’ di sociologia spicciola. Eppure il viaggio avrebbe meritato un ritmo diverso e uno sguardo più a fuoco, ma in un festival pieno di delusioni, il film di Rosi appare sì troppo costruito e programmatico, ma in buona parte onesto, quantomeno nella sua imperfezione.
Singolare che i due film italiani presentati a Cannes e Venezia (La grande bellezza e Sacro GRA) ritornino a guardare Roma, da due prospettive lontanissime: l’uno da una terrazza con vista sul Colosseo, l’altro con un movimento centrifugo fortissimo, dai margini della capitale.
Sacro GRA è cinema del reale, in cui i limiti tra racconto e documentario si fanno però molto labili: che il cinema italiano possa/debba ricominciare proprio da qui? Noi continuiamo a preferire il barocco di Sorrentino.
Leone d’oro a sorpresa.



[…] finale dei critici italiani ed internazionali, su cui svetta Philomena, seguito dal nostro Sacro GRA e da The Unknown known, cioè i due documentari del concorso. Quarto The wind rises di […]
[…] Leone d’Oro per il miglior film: Sacro GRA di Gianfranco […]
[…] Sacro GRA, il documentario di Gianfranco Rosi si aggiudica il premio più ambito. Confessiamo di non averlo amato troppo, ma evidentemente le sue storie fuori dall’ordinario, attorno al Grande Raccordo Anulare. […]
[…] come per Sacro GRA, il documentario di Gianfranco Rosi che ha vinto il Leone d’oro. Ripescate la nostra […]
[…] segnalare che Sacro GRA, il Leone d’Oro di Gianfranco Rosi si avvicina al milione di euro d’incasso. Per un […]