Under the skin **
Tratto dal romanzo di Michel Faber, Under the skin è il terzo film di Glazer che torna alla Mostra nove anni dopo Birth con un film sperimentale e rarefatto, minaccioso e cupo, lontanissimo dall’esordio di genere di Sexy Beast, ma anche dal film con la Kidman.
La protagonista è un aliena, che presi i vestiti di una prostituta morta, se ne va in giro in un furgone per una cittadina scozzese, attirando uomini sconosciuti che finiranno inghiottiti da una melma nera e amniotica, da cui verranno letteralmene svuotati.
Ad affiancare l’aliena una sorta di bodyguard motorizzato, che, per dirla alla Tarantino, “risolve i problemi”.
Il film è tutto qui. Per oltre un’ora Glazer ripete pedissequamente lo stesso rituale, fino al momento in cui la protagonista si imbatte in un uomo deforme, affetto dalla sindrome di Proteo.
Pietosamente lo risparmia e poi fugge. Troverà rifugio, ma scoprirà la violenza degli uomini, prima che i suoi riescano a trovarla.
Glazer ha indubbiamente un’idea forte di messa in scena, con momenti di cinema che non si dimenticano, ma tutto si esauisce nella prima mezz’ora di questo Under the skin.
L’atmosfera malsana e inquietante del panorama urbano e rurale, i dialoghi realistici, ripresi dal vero, grazie ad una macchina da presa nascosta, la camera bianca iniziale e quella nera del sacrificio sono tutti elementi indubbiamente efficaci e rendono alla perfezione l’estraneità della protagonista dal mondo che la ospita, nel quadro di un naturalismo esibito che fa a meno di effetti ed effettacci.
Almeno sino all’epilogo.
Purtroppo dopo l’introduzione della protagonista, come è accaduto molte volte qui al Lido, il film manca del tutto. Nel senso che ad una felice intuizione iniziale, non segue uno sviluppo drammaturgico capace di sostenerla.
Qualcuno in conferenza stampa, con una certa competenza, ha parlato di Nicolas Roeg e Ken Russell rispetto ad Under the skin, ma non basta un’atmosfera, uno stile, per fare un film.
Scarlett Johansson con inedita parrucca nera e trucco pesante, si presta alla catatonia intermittente del suo personaggio: loquace solo quando deve abbordare nuovi corpi da portare al sacrificio, silenziosa e attonita quando il confronto con gli esseri umani cerca una sua autenticità.
Una delusione.
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