Cannes 2012. Like someone in love

 

Like someone in love *1/2

In concorso

Conoscevamo Abbas Kiarostami come la voce piu’ limpida e forte del nuovo cinema iraniano. Alla fine degli anni ottanta e per tutti i novanta i suoi film hanno segnato indelebilmente il nostro immaginario, con una riflessione sul valore delle immagini, sul gioco della messa in scena, sul potere del cinema.

Memorabili i suoi viaggi in auto, le sue ricerche, i suoi bambini ed i suoi uomini decisi a tutto, ostinati sino alla morte.

Purtroppo di quel cinema difficile eppure coraggioso e modernissimo, non resta ormai piu’ nulla. Gia’ il modesto Copia conforme tornava sui temi della realta’ e della rappresentazione con scarsa felicita’ espressiva e con un’idea dell’Italia e della Toscana vicina alla superficialita’ americana, ma li’ almeno c’era una Juliette Binoche, capace di donare al film tutta la sua generosita’ travolgente.

In questo nuovo film in trasferta giapponese, si riconosce l’occhio del maestro iraniano solo nell’ennesimo viaggio in automobile nel quale i tre protagonisti si trovano a confrontarsi. Ma è solo maniera, ripetizione sterile di un clichè narrativo, che non significa ormai più nulla. Il suo film non ha una fine e non ha un inizio, si muove con occhio timoroso e turista nelle strade e negli spazi, senza rivelare quasi più nulla.

Un vecchio professore e traduttore che abita fuori Tokyo ed una giovane studentessa di sociologia che per pagarsi gli studi si prostituisce.

Una sera lei arriva a casa di lui, dopo un lungo viaggio in taxi. Il suo protettore e’ un ex alunno del protagonista. Lui ha organizzato una serata galante, vino, la zuppa di gamberi. Lei si infila nel suo letto e si addormenta.

La mattina dopo lui l’accompagna in universita’. Li’ incontra il suo fidanzato, un meccanico gelosissimo che vorrebbe sposarla.

In quasi due ore, c’e’ qualche momento leggero, ironico, ma nel complesso ci si domanda: perche’?

La sceneggiatura fa acqua da tutte le parti e si chiude con una sorta di sberleffo. Kiarostami non ha piu’ evidentemente nulla da dire. Le necessita’ alimentari sono ormai evidenti e la committenza internazionale sempre disponibile a sollecitare registi come lui.

Ma che cosa abbiamo fatto noi spettatori, per meritarci questo nulla?

Ad un certo punto l’anziano protagonista, fermo ad un semaforo, si addormenta alla guida delle sua vettura. Potrebbe essere l’immagine simbolo di questo film inutile e senile, che di bellissimo propone solo il volto della protagonista, Rin Takanashi, improbabile prostituta che arriva a destinazione e si mette a dormire…

Cannes trae forza dalla sua tradizione e dagli autori che l’hanno fatta grande e che il festival ha parimenti contribuito a lanciare e sostenere: ogni tanto pero’ occorrerebbe destinare ai venerati maestri il posto che oramai gli compete, fuori concorso.

E lasciare il posto ad opere innovative e coraggiose come quelle che ogni tanto di vedono alla Quinzaine o ad Un certain regard: qualsiasi riferimento a No di Pablo Larrain non e’ puramente casuale…

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