“Non c’è location migliore del volto umano, per ambientarci una storia”.
John Cassavetes
Presentata integralmente a Venezia 81, la nuova serie ideata da Rodrigo Sorogoyen con Sara Cano e Paula Fabra ci riporta all’origine del suo cinema e della sua ispirazione poetica. A quel duetto anti-romantico tutto in una notte intitolato Stockholm e firmato nel 2013, ancora inedito nel nostro Paese.
Dopo quel primo exploit intimo e minimalista il suo cinema ha preso spesso direzioni diverse, mostrando la capacità poliedrica del suo autore di raccontare la realtà con molti strumenti diversi e da punti vista apparentemente lontanissimi, sfruttando sino in fondo il cinema di genere come in Che Dio ci perdoni, Il regno e nella serie Antidisturbios, affidandosi invece con Madre e As bestas al ritratto di caratteri e all’antropologia dei luoghi per mostrare lo scontro tra culture, l’ansia di verità e di vendetta e lo spirito resistente dei suoi personaggi.
Lo stile piano, essenziale, anche nella fluidità dei movimenti, sembra assecondare senza scosse la sua scrittura e l’uso insistito del piano sequenza non ha mai una natura artificiosa: è piuttosto una scelta etica, di sguardo. Nei suoi lavori è anche il modo più semplice per esaltare la recitazione degli attori, spesso coinvolti in tour de force emotivi che la tensione della ripresa trasferisce intatti sullo schermo.
Nel raccontare il lato oscuro della politica come il trauma dell’abbandono e della perdita, le infinite trame celate dietro un banale incidente poliziesco come le scorie sedimentate della Storia del Paese, Sorogoyen ha continuato a indagare la complessità dell’animo umano, le sue contraddizioni, la profondità dei suoi sentimenti.
Il più brillante dei registi spagnoli del nuovo secolo riparte ora da questo miracoloso Dieci capodanni (Los años nuevos) che comincia in una discoteca la notte di capodanno del 2016: qui lavora come barista Ana, una trentenne che sogna di ricominciare da capo in Canada, con l’illusione che lì la vita sia più semplice. Il suo compleanno cade l’indomani e le amiche le regalano un’enorme valigia arancione, preludio ad un viaggio senza ritorno.
Quella notte però conosce Óscar – l’uomo con gli occhi tristi – un medico internista che è nato poche ore prima di lei, il 31 dicembre. Ha appena litigato con Vero, l’ex fidanzata, che l’ha lasciato da sette mesi. Nella lunga attesa dell’alba, passando dalla discoteca ad un bar, poi a una festa privata a casa di amici di Ana e infine a casa di Óscar, i due finiscono per avvicinarsi pericolosamente, con una naturalezza che Sorogoyen restituisce nei lunghi dialoghi attraverso cui la passione si insinua tra di loro e finisce per bruciarli. Dopo aver fatto l’amore impetuosamente, Óscar spinge Ana a comprare finalmente il biglietto per il suo viaggio a Vancouver, poi una telefonata interrompe tutto.
Quando li ritroviamo è passato un anno esatto, ma sembra trascorso un secolo. Óscar è tornato assieme a Vero, ma il loro rapporto è uno schermo dietro cui si nascondono due infelicità. Al posto delle feste, della musica e della confusione, lo ritroviamo a cena a casa dell’amico Guille che ha appena avuto il suo primo figlio. Quando arriva Ana porta il suo nuovo ragazzo. La sua presenza sembra però far deflagrare il fragile rapporto di Óscar: Vero abbandona la festa prematuramente ed è chiaro che Óscar sta ancora pensando alla ragazza conosciuta un anno prima.
Il capodanno del 2018 è segnato dalla passione e da una serie infinita di sfortunati eventi: i due protagonisti si risvegliano assieme, a casa di Ana. Fanno l’amore, poi lei esce per recuperare un paio di sci che ha preso a Óscar su Wallapop. Solo che un vandalo ha distrutto i vetri e gli specchietti della sua auto, costringendola a muoversi in metro. Il venditore si rivela un disonesto e la polizia li multa perché non possono trasportare gli sci in motorino. Quando rientrano alla fine a casa di Óscar rimangono chiusi in ascensore, quindi scoprono che la caldaia ha smesso di funzionare e la vicina è improvvisamente morta nel sonno. Persino il dvd de La meglio gioventù che avevano preso, si rivela solo una custodia vuota.
La sera del 31 dicembre 2018 Ana e Óscar hanno invitato a cena i genitori di lei e la madre di lui: è il primo capodanno dopo sei mesi di convivenza. Nelle chiacchiere che i cinque si scambiano emergono questioni irrisolte che ancora pesano: il lavoro precario d’attrice della sorella di Ana, i motivi che hanno portato i genitori di Óscar a separarsi quando lui aveva solo sei anni e a nasconderlo al figlio per quasi due anni, la pensione e la routine delle coppie, quindi un’offerta di lavoro a Ediburgo che Ana ha ricevuto e che forse rifiuterà perché Óscar non vuole lasciare il suo lavoro in ospedale per trasferirsi in Scozia con lei. La regista Sandra Romero inchioda i cinque personaggi al tavolo dove si consuma la cena, lasciando interamente ai dialoghi il compito di guidare la storia con un piglio bergmaniano, in cui rimorsi e rimpianti, verità e menzogne, rancori e speranze si prendono tutto lo spazio.
Un anno dopo i protagonisti si sono regalati un weekend a Berlino. Mentre sono al Bode lei riceve una chiamata dell’amico Jorge e Óscar la perde di vista. La notte la passano con Markus in uno dei celebri club berlinesi: musica techno, le droghe, apparizioni misteriose e profetiche. Al mattino nel taxi che li riaccompagna in hotel i due si rinfacciano piccole e grandi incomprensioni e infelicità. E’ davvero tutto finito?
La sesta e la settima puntata sono quelle della separazione. La notte del primo gennaio 2021 Óscar, terminato un turno massacrante in ospedale, passa velocemente da Guille per una festa clandestina dove nessuno oltre a lui porta una mascherina. Abbandonati gli amici, sotto casa incontra un ragazzo di Valencia che è stato picchiato e derubato. Gli mette dei punti, amorevolmente, poi decide di accompagnarlo a casa, in un viaggio che gli ricorda quelli fatti con Ana, per mangiare la paella a Casa Amparo, sulla spiaggia. Le invia un messaggio, è evidente che non ha ancora compreso perché si siano lasciati, ma la risposta che ottiene è formale, distante, senza passione.
Il trentuno dicembre 2021 ritroviamo Ana a Lione: qui gestisce una piccola attività di catering di cucina spagnola. Consegna i piatti della tradizione per il cenone di Capodanno in bicicletta, finché un banale incidente che si trasforma in un’inutile umiliazione lasciando trasparire un’insoddisfazione che cova da molto. Ha appena scoperto di essere in attesa, ha un nuovo fidanzato francese, Manu, e una socia che condivide con lei gli oneri della cucina. Dopo un anno e mezzo la madre e le due sorelle sono finalmente riuscite a venire a Lione a trovarla. Il padre però non c’è più. Sotto una pioggia battente è il momento dei ricordi, delle confessioni e della sincerità, soprattutto con se stessi.
Il primo gennaio 2023 Óscar ha passato la notte a casa di una collega di reparto. Fuori da casa sua incontra per caso proprio Ana, che è tornata a Madrid per le feste. Si siedono per un caffé in un bar, ma quando lei gli confessa di avere un figlio di quattro mesi, lui le ricorda di avere ancora tre scatoloni di cose sue, che non ha mai buttato da quando è “sparita” tre anni prima. La situazione precipita, Ana fugge via. La ritroviamo pochi minuti dopo mentre visita un piccolo locale in vendita, con l’intento di trasferire di nuovo in Spagna la sua attività. A casa festeggia il compleanno con la madre, le sorelle, le nipoti, il figlio Pablo e Manu, che le regala una cena in un ristorante stellato.
Dopo aver passato la giornata con Vero, poi con gli amici Ros e Guille – ormai separatosi dalla moglie e sempre più dipendente dalla cocaina – Óscar ritorna a casa dove l’attende il padre poeta. Quella sera si decide finalmente a buttar via le cose di Ana, per voltare pagina definitivamente. Mentre risale in ascensore un messaggio vocale cambia le cose ancora una volta.
L’ultimo giorno dell’anno del 2023 Óscar e Ana lo passano nel centro di recupero in cui si è fatto ricoverare Guille, per cercare di disintossicarsi. Emergono tuttavia il disincanto e la sfiducia del protagonista, quando scopre che l’amico sta aiutando a scapare un altro ospite della struttura. Nel ritorno a Madrid, in macchina, Óscar e Ana si avvicinano ancora. Ma una volta rientrati lei ritrova Manu e Pablo ad attenderla al ristorante, lui invece ha adottato un gatto, l’unica presenza in una casa vuota: si mette la tuta ed esce a correre.
Il capodanno del 2025 i due lo passano in una stanza d’albergo. Sono amanti da diversi mesi e da tre giorni si sono asserragliati prima di un addio definitivo. Manu sta ritornando dalla Francia con Pablo. Ana deve andarli a prendere, ma non ha la forza di lasciare la stanza.
Dieci capodanni recupera la struttura ellittica del capolavoro di Sally Rooney, Normal People, e il minimalismo romantico e il senso del tempo della trilogia di Richard Linklater, per ricostruire attraverso una singola giornata continuamente ripetuta il senso di una relazione che faticosamente di scontra con la complessità della vita.
Significativamente quella giornata è sempre la prima, sovraccarica com’è dei propositi per l’anno che verrà e del senso di fine che spesso l’accompagna. Spetta a noi riempire quel vuoto che Sorogoyen e le sue sceneggiatrici hanno voluto lasciare tra una puntata e l’altra, senza mai dilungarsi in spiegazioni inutili, ma lasciando emergere dalle parole affilatissime dei loro caratteri tutto quello che è necessario sapere e tutto quello che è bellissimo immaginare.
Il meccanismo drammatico è semplice, ma travolgente.
Il rapporto tra i due protagonisti è simile in fondo a quello che il racconto instaura con il suo pubblico, chiamato a condividere un passo alla volta il loro destino, il loro lessico amoroso, l’impeto della loro passione, il dolore che entra nelle loro vite e le squarcia. Per farlo Sorogoyen piega la quotidianità minima di Ana e Óscar fino a farne materiale vivo di un grande romanzo epico: Dieci capodanni è capace così di intercettare i cambiamenti personali e sociali – la pandemia, le nuove economie sempre più precarie, la Brexit – con una verità di sguardo e un’onestà d’intenti che lascia senza fiato.
E che consente di abbandonarsi senza resistenze, fiduciosi dell’umanità di chi ci accompagna e che non smette di interrogarsi.
I due attori – Iria del Río e Francesco Carril – si donano generosamente ai loro personaggi, condividendone incertezze, ansie, dolori. Ana e Óscar sembrano destinati a rimanere eterni amanti, incapaci di funzionare come coppia al di fuori del momento dell’innamoramento. Un momento che i due continuano a rinnovare nel corso di dieci lunghi anni di una storia che ad un certo punto semplicemente si interrompe nel presente, ma di cui vorremmo sapere di più.
Sorogoyen non ha paura di spingere i suoi caratteri sino al punto di rottura, mettendoli in discussione e piegando continuamente una relazione che non sembra poter mai procedere in linea retta. Lo scavo psicologico è mirabile, il naturalismo della scrittura evita ogni forzatura drammatica e anche il destino sembra confinato sullo sfondo, lasciando ai due protagonisti l’ultima parola, con uno spirito umanista che è forse il più autentico legame che attraversa il suo lavoro di cineasta.
Prodotto come Antidisturbios da Moviestar + con i francesi di Arte, le puntate vengono rilasciate in due parti, le prime cinque il 28 novembre e le seconde cinque il 12 dicembre 2024. In Italia Raiplay le distribuisce dal 31 gennaio 2025.
Sorogoyen dirige direttamente il primo e il quinto episodio e poi il settimo e il sensazionale decimo lasciando gli altri a Sandra Romero e David Martín de los Santos, ma la sua influenza è piuttosto evidente in tutte le puntate.
Titolo originale: Los años nuevos
Numero di episodi: 10
Durata: 45 minuti l’uno
Distribuzione: Raiplay
Uscita in Italia: 31 gennaio – 7 febbraio 2025
Genere: Drama

