Black Panther: Wakanda Forever **
Avevamo lasciato Tchalla alle Nazioni Unite, alla fine del primo capitolo, a condividere con il mondo le scoperte e le risorse di una Wakanda finalmente riunita. Lo ritroviamo malato, in fin di vita. La sorella Shuri, nel tentativo disperato di salvarlo, sta cercando di sintetizzare quell’erba a forma di cuore, modificata dalle radiazioni di vibranio, da cui derivano i poteri di Black Panther e che Killmonger ha distrutto per sempre.
Non farà in tempo e piangerà inconsolabile la morte di Tchalla, accanto alla madre, la regina Ramonda.
Stati Uniti e Francia immaginando una Wakanda più vulnerabile, senza il suo difensore, hanno scatenato una caccia al vibranio, senza esclusione di colpi.
Nelle profondità del mare una spedizione americana sembra aver trovato il miracoloso minerale, ma viene attaccata da una misteriosa popolazione subacquea.
L’attacco viene attribuito ai wakandiani, ma si tratta della popolazione di Talocan, che si è rifugiata nelle profondità marine, dopo la conquista spagnola.
Il loro dio, Namor, vuole uccidere la giovane studentessa di Cambridge – Riri Williams – che ha inventato la macchina che è in grado di riconoscere il vibranio, ma Shuri e Okoye, il capo delle milizie di Wakanda, arrivano prima e cercano di salvarla.
Shuri e Riri vengono comunque rapite e trascinate del regno sottomarino di Talocan, scoprendo un civiltà sommersa di cui nessuno conosceva la storia.
Il desiderio di vendetta e la paura di venire scoperti provocheranno una guerra senza esclusione di colpi tra Wakanda e Talocan, che richiederà tutta la forza tecnologica dello stato africano per non soccombere ad una stirpe di guerrieri anfibi pressochè invincibili.
Realtà e finzione si sono inesorabilmente intrecciate e rincorse in questo secondo capitolo delle avventure di Black Panther. La morte improvvisa e prematura di Chadwick Boseman nell’agosto 2020, ha costretto Coogler e Feige a ripensare interamente l’evoluzione di uno dei personaggi più amati dell’universo Marvel.
Wakanda Forever si apre così con una cerimonia funebre, con un addio reale trasfigurato sul grande schermo, senza nascondere nulla.
Ma tutto il film è attraversato da un senso di morte imminente, da una necessità di elaborare il lutto: i suoi personaggi sono orfani dell’affetto dei propri cari e in modo più significativo timorosi di perdere la propria stessa identità culturale, di fronte ad un colonialismo che muta le sue forme, ma non è meno rapace e aggressivo.
Coogler e Cole, i due sceneggiatori, hanno costruito un film in cui americani ed europei sono i veri villain, messi in secondo piano, per una volta da una storia che si svolge in un altrove assoluto, che non è solo l’invisibile Wakanda, ma anche la sommersa Talocan.
La dimensione politica del film è esplicita e radicale, nonchè inedita in un blockbuster di queste dimensioni.
Tuttavia è una delle poche cose che sembrano funzionare in Wakanda Forever: Coogler è così preoccupato di far passare i suoi messaggi che si dimentica di tutto il resto e lascia così che il film si trascini per due ore e quaranta minuti, in uno scontro che finisce ovviamente senza vincitori nè vinti e che si sarebbe potuto evitare immediatamente. La costruzione del plot è puerile a dir poco, piena di incongruenze, lungaggini, scelte palesemente irrazionali e il tono è serioso e lugubre, in modo monocorde.
Come sempre deludenti le scene d’azione, prive di una qualsiasi originalità, in un film che sembra essere solo l’ennesima puntata non decisiva di una serie che ha cominciato ad essere troppo lunga. Incredibilmente anche gli effetti speciali sembrano raffazzonati.
L’unico alleggerimento comico è affidato al personaggio di Riri Williams, la studentessa geniale, una sorta di Tony Stark in sedicesimo, che tuttavia appare giusto in un paio di scene e finisce per assumere il ruolo di una pura funzione narrativa, una sorta di macguffin di complemento.
Per il resto il film poggia sulle spalle del matriarcato di Wakanda, con la saggezza di Ramonda e l’irruenza di Shuri a cercare un improbabile equilibrio delle forze in campo. Angela Bassett è magnificamente regale, Letitia Wright fin dal guardaroba high tech sembra cercare una propria strada. Sempre formidabile Danai Gurira nel ruolo della guerriera Okoye, mentre un po’ sacrificata è Lupita Nyong’o a cui il film almeno regala le scene finali, nei panni della rediviva Nakia.
Modestissimo invece il Namor di Tenoch Huerta, imbarazzante fin dal look, incapace di qualsiasi carisma, pur interpretando il ruolo del dio serpente Kukulkan.
Wakanda Forever è un pasticcio che si muove attraverso una infinita teoria di scene madri, attraverso continue agnizioni, cercando una meraviglia che le immagini non rimandano mai e che spesso si ferma ad uno stupore superficiale.
Sarà il solito successo planetario. Ma quanto durerà ancora la bolla Marvel?