Jurassic World – Il dominio *1/2
Il ritorno di Colin Trevorrow a Jurassic World, per quello che è stato annunciato come il finale della nuova trilogia dei dinosauri, produce purtroppo il più debole e fiacco dei sequel, una chiusura minore, rimasticata e depurata di ogni brivido.
La sceneggiatura scritta con Emily Carmichael cerca di riportare in primo piano il tema ambientale, della coesistenza tra specie e dei pericoli delle manipolazioni genetiche nell’agricoltura. Vale sempre il monito del Dott. Malcolm secondo cui è impossibile controllare gli effetti di una modifica introdotta nel mondo naturale, che si evolve e risponde in modo spesso imprevedibile, secondo la teoria del caos.
Qui la protagonista è Masie, la nipote – clonata? – di Benjamin Lockwood, il finanziatore originale del Jurassic Park assieme a John Hammond, che abbiamo conosciuto nell’ultimo Il regno distrutto.
La ragazzina vive ora nei boschi della Sierra Nevada con Owen e Claire, protetta dal mondo che la sta cercando.
In particolare è la BioSyn Genetics a volerla. Sulle Dolomiti ha creato un parco naturale per i dinosauri che fuggiti da Isla Nublar si sono ormai diffusi su tutta la terra. In realtà la società sta sperimentando DNA preistorici in campo agricolo e non solo, senza manuale di istruzioni.
Quando i suoi sgherri rapiscono Masie e delle locuste giganti distruggo i raccolti del midwest, sulle Dolomiti convergono sia Owen e Claire, accompagnati dalla pilota di aerei Keyla, che contrabbanda specie protette per la BioSyn, sia Ellie Sattler e Alan Grant, i paleontologi e botanici del primo Jurassic Park, invitati dal Dott. Ian Malcolm, che tiene una serie di conferenze per la società.
Ovviamente il parco chiuso tra le dolomiti non è davvero così chiuso e i due predatori alpha presenti, il T-Rex e il Giganotosauro, si sono promessi battaglia per il dominio del territorio.
Il film gioca la carta della nostalgia, riprende i personaggi del passato, quello prossimo e quello remoto, rimettendoli al centro del discorso, senza avere davvero nulla di nuovo da dire.
Non c’è una sola scena d’azione di questo nuovo film che provochi un sussulto, un’emozione, un sobbalzo di paura o di meraviglia.
Anzi no, una c’è in effetti ed è il lungo doppio inseguimento per le strade di Malta. Ma è nella primissima parte del film.
Tutto il resto scorre nella più anemica delle riproposizioni stanche. Obblighi di censura hanno verosimilmente spinto la Universal a dare il via libera ad un film in cui non muore praticamente nessuno, in cui non si versa una goccia di sangue e in cui la tensione è ridotta a zero.
Le due ore e ventisei minuti di questo nuovo film sono punitive e inutili, prolungando l’agonia di una serie che aveva già detto tutto quello che c’era da dire e da mostrare nel secondo episodio diretto da Spielberg. Quello che è venuto dopo è pura exploitation, sempre meno necessaria, sempre meno interessante, non solo da un punto di vista puramente cinematografico, ma anche filosofico.
Incapaci di immaginare nuovi sviluppi, in questa nuova trilogia di Jurassic World hanno dovuto recuperare letteralmente tutti i personaggi della prima avventura, riproponendone ruoli e idee col persistente sentore di deja-vu.
Gli attori coinvolti sono così tanti che a ciascuno spetta un tempo sullo schermo pari ad un lungo cameo. Ciascuno si limita a rifare se stesso con il pilota automatico, in attesa che i dinosauri facciano il loro compito, ma evidentemente devono essere diventati tutti vegetariani.
Sugli schermi italiani bisognosi di grandi film che riportino il pubblico in sala, due film americani, due sequel, escono a distanza di una sola settimana uno dall’altro, con una scelta quanto mai miope da parte dei distributori.
Top Gun: Maverick e Jurassic Park – Il Dominio rappresentano benissimo il meglio e il peggio della produzione hollywoodiana contemporanea. Nel primo c’è il tentativo riuscito di far coesistere passato e presente, senza nostalgie stucchevoli, costruendo una storia nuova che integri i personaggi storici in modo coraggioso e indovinato e c’è una cura per l’azione e l’elemento spettacolare che è semplicemente straordinaria. Nel secondo i personaggi vengono semplicemente buttati in un calderone con troppi altri ingredienti tutti insipidi, affidandosi ad una mescolata casuale che ne evochi il potere mitopoietico. La storia è ridotta al grado zero, la regia è incompetente e gli effetti speciali sono modesti, tirati via, incapaci di suscitare quella meraviglia che abbiamo sempre associato all’originale.
Se dovete scegliere, non c’è storia.