The Father

The Father ***

Florian Zeller, parigino di 41 anni, scrittore, commediografo, una delle voci più acclamate della scena europea, debutta alla regia adattando assieme a Christopher Hampton (Le relazioni pericolose, Espiazione, A dangerous method), la sua pièce più nota, Le Père, andata in scena nel 2012 in Francia e poi replicata sui palcoscenici di New York e Londra con straordinario successo.

La storia era già stata trasportata a cinema dal film francese Florida, diretto nel 2015 da Philippe Le Guay e interpretato dal compianto Jean Rochefort.

The Father racconta la progressiva devastante disillusione di Anthony, un ingegnere affetto da demenza senile, la cui mente finisce per perdersi nella nebbia del dubbio e del ricordo.

Dopo l’ultima sfuriata con una badante, Anthony è costretto a lasciare  il suo appartamento, per trasferirsi a casa della figlia Anna. Nel frattempo Laura, un’altra ragazza, si offre di prendersi cura di lui, quando la figlia è al lavoro. Il marito della figlia è invece insofferente della sua presenza e vorrebbe metterlo in una casa di riposo.

Forse però Anna si è innamorata di un altro uomo, che vive a Parigi e che vuole che lei si trasferisca in Francia.

Zeller costruisce il suo lavoro come se fossimo anche noi nella testa del protagonista, in una sorta di horror della mente che disturba profondamente. Non siamo mai sicuri di chi abbiamo di fronte. Volti e ruoli dei protagonisti mutano in continuazione, quasi fossimo nel teatro dell’assurdo di Ionesco.

Il tempo sembra scorrere avanti e indietro, mescolando realtà, ricordi, premonizioni. Non a caso, Anthony è ossessionato dal suo orologio, una delle poche cose sicure che gli sono rimaste, in un mondo che non riesce più a comprendere e a capire.

Chi sono quelle persone che si muovono nel ‘suo appartamento’, cosa vogliono da lui, che fine ha fatto l’altra figlia, quella più piccola, che non vede da anni: gli interrogativi si affollano nella mente e nelle parole del protagonista, uno straordinario Anthony Hopkins, maestoso e fragile al contempo, impacciato e suadente, capriccioso e gentiluomo, fino alla regressione ad uno stato infantile, in cui perde ogni certezza di sè e del suo mondo.

Il film ci chiede un’adesione totale, assoluta ed empatica, nei confronti del suo protagonista.

Anche se il testo tradisce l’impianto teatrale, Zeller non si appoggia esclusivamente alla direzione degli attori. Il rigore della sua messa in scena non consente derive patetiche o lacrimevoli nè si adagia compiaciuto nel gioco delle apparenze e delle disillusioni.

Mentre la dimensione narrativa si sgretola e si sfalda, anche il tempo finisce per avvolgersi su se stesso, in una spirale incontrollabile.

The Father è davvero indovinato quando mostra come la dimensione del ricordo definisca interamente la nostra identità: quando quella dimensione diventa inaffidabile, ogni cosa viene inghiottita da un vuoto realmente spaventoso.

Zeller è bravo nel giocare con gli spazi di scena, con le porte, i corridoi, le stanze, i letti, costruendo un labirinto visivo, che restituisce lo stesso disorientamento in cui si trovano i suoi personaggi. Particolarmente pregevole il lavoro degli scenografi Peter Francis e Cathy Featherstone, che con piccole continue variazioni, suggeriscono la progressiva perdita di lucidità della mente del protagonista.

Non c’è dubbio che Hopkins porti sulle sue spalle il peso più significativo di questo lavoro e ripaga Zeller con un’interpretazione di rara sensibilità, solo l’ultima di una carriera leggendaria, cominciata nel 1965 nel National Theatre di Laurence Olivier. Gli altri, Olivia Colman, Mark Gatiss, Olivia Williams, Imogene Poots, Rufus Sewell, restano sempre un passo indietro, complici della magia, ma confusi nello sfondo, come nella mente di Anthony.

The Father aveva debuttato al Sundance nel 2020, passando per Toronto, Telluride e Roma, per poi arrivare nelle sale americane solo a fine febbraio. Il film dovrebbe uscire in Francia ad aprile e in Inghilterra a giugno.

Premio Oscar ad Anthony Hopkins, il più anziano di sempre a vincere come miglior attore e alla sceneggiatura di Hampton e Zeller.

Uno dei debutti più interessanti della stagione.

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