Roman Polanski dirige J’accuse sul caso Dreyfus

L’affaire Dreyfus è probabilmente uno dei casi politici e giudiziari più noti della storia nel Novecento. Il capitano alsaziano di origine ebraica Alfred Dreyfus, fu accusato innocente di aver tradito il suo paese, tramando con la Prussia.

Il caso costituì lo spartiacque nella vita francese: costrinse ministri a dimettersi, creò nuovi equilibri e raggruppamenti politici, spinse a un tentato colpo di Stato, creò i presupposti per la nascita dell’intellettuale moderno.

Lo scandalo divise il paese tra il 1894 e il 1906. Si crearono e scontrarono due fazioni opposte: nel frattempo il colonnello George Picquart continuò ad indagare e scoprì l’innocenza di Dreyfus e il coinvolgimento del maggiore dell’esercito francese Ferdinand Walsin Esterhazy, nobile di antichissima origine oberato dai debiti di gioco.  

Ma Dreyfus era già stato giudicato, inutile chiedere un nuovo processo. Nel maggio 1896 Georges Picquart presentò ugualmente al suo superiore una relazione nella quale dimostrò l’innocenza del capitano. Il colonnello Picquart fu rimosso dalla guida dei servizi segreti e spedito in zona di guerra in Africa. 

La condanna di Dreyfus fu un errore giudiziario, avvenuto nel contesto dello spionaggio militare, dell’antisemitismo imperversante nella società francese e nel clima politico avvelenato dalla perdita recente dell’Alsazia e di parte della Lorena, subita per opera dell’Impero tedesco di Bismarck nel 1871.

Un «antidreyfusard» onesto, Georges Clemenceau, l’energico e famosissimo politico radicale francese soprannominato «Il Tigre», rivedendo le sue posizioni, iniziò una campagna per la revisione del processo. Sul suo giornale «L’Aurore», ospitò il 13 gennaio 1898, la famosa lettera di Zola al Presidente della Repubblica Félix Faure, intitolata J’accuse! 

Il giorno dopo, sempre su «L’Aurore», apparve la celebre «Petizione degli intellettuali», che recava tra i firmatari metà dei professori della Sorbona e numerosi artisti, come Gallè, l’artista del vetro, il grande Manet, Jules Renard, André Gide, Anatole France.

Erano stati tanti giovani brillanti della Parigi di fine secolo – tra i quali Marcel Proust e il fratello Robert, con gli amici Jacques Bizet, Robert des Flers – a impegnarsi a far firmare il manifesto, nel quale si dichiarano pubblicamente dalla parte di Zola – subito inquisito e condannato per vilipendio delle forze armate sia in primo che secondo grado – e quindi di Dreyfus. Lo Stato Maggiore rispose facendo arrestare Picquart e scatenando sui giornali nazionalistici una violenta campagna di diffamazione contro ebrei, democratici e liberali.

Dreyfus tornò libero nel 1899. Nel dicembre del 1900, Zola e Picquart ottennero l’amnistia per i fatti relativi all’affaire.

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Non è difficile immaginare perchè Roman Polanski stia lavorando ad un film su Dreyfus da molti anni. Prima intitolato semplicemente D., ora il film ha preso il nome più evocativo di J’accuse.

Il regista francese l’ha scritto con Robert Harris con cui aveva già lavorato a L’uomo nell’ombra.

Le riprese del ventiduesimo film di Polanski cominceranno il 26 novembre prossimo, Louis Garrel sarà Dreyfus, mentre Jean Dujardin interpreterà il colonnello Picquart. Nel cast ci saranno anche Emmanuelle Seigner, Olivier Gourmet, Melvil Poupaud e Matthieu Amalric.

Prodotto da Ilan Goldman per Légende Films, sarà coprodotto da Gaumont, France 2 Cinéma, France 3 Cinéma. Le riprese continueranno fino al 7 marzo a Parigi e nella regione.

Il polacco Pawel Edelman che collabora con Polanski fin da Il pianista, sarà il direttore della fotografia.

Secondo i produttori l’affaire Dreyfus “appare tuttora come un simbolo dell’iniquità di cui sono capaci le autorità politiche in nome della Ragion di Stato. In questo immenso scandalo, il più grande senza dubbio della fine del XiX secolo, si mescolano l’errore giudiziario, il diniego della giustizia e l’antisemitismo“.

Il film uscirà in Francia il 4 dicembre 2019.

 

 

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