Nella tana dei lupi

Nella tana dei lupi **1/2

L’esordio alla regia di Christian Gudegast, è un heist movie estremo, lacerato, brutale.

Nella tana dei lupi guarda a modelli alti, al cinema di Michael Mann innanzitutto, mettendo in scena ancora una volta due clan, quello dei poliziotti e quello dei rapinatori, divisi da un confine sottilissimo. Nel film manca tuttavia l’astrazione e l’eleganza formale di Mann, la sua ossessione per il lavoro ben fatto, per la dedizione assoluta alla propria missione. Qui sceriffo e criminale sono uniti dalla stessa ferocia, dalla stessa violenza e disillusione.

Gudegast è quello che gli americani chiamano uno script doctor, uno che ha lavorato sempre nell’ombra, sui copioni di altri, raffinandoli, ripulendoli dalle imperfezioni ed aiutandoli ad arrivare sullo schermo.

Nella tana dei lupi è un debutto convincente, classico, figlio di una sceneggiatura scritta assieme ad un altro grande artigiano, Paul T. Scheuring che con Prison Break ci ha regalato una delle migliori serie tv del nuovo secolo.

Entrambi conoscitori del genere, entrambi capaci di sfruttarne sino in fondo ambienti e caratteri, per costruire un racconto che sembra figlio degli anni ’90, per l’intelligenza di scrittura, uso dei tempi e inaffidabilità del narratore.

Siamo a Los Angeles, la capitale mondiale delle rapine in banca.

Il gruppo d’assalto di Merriman, un ex marine e giocatore di football, prende di mira un furgone portavalori, mentre è in sosta. Le cose si mettono male, a terra restano dei poliziotti. Ma il furgone è vuoto. Perche rubarlo?

La mattina dopo interviene la squadra speciale dello sceriffo, guidata da ‘Big Nick’: i suoi uomini sono brutti, sporchi e cattivi e delle manette non se ne fanno nulla.

Individuano subito il modus operandi della banda di Merriman e ne scovano il punto debole, Donnie,  l’autista del gruppo, che lavora come barista, come copertura.

Tutta la prima parte del film si prende il tempo per raccontare i personaggi, per delinearne i caratteri, mostrarne le debolezze.

I due gruppi giocano a carte scoperte: si confrontano guardandosi in faccia. Merriman e soci stanno progettando un colpo alla sede locale della Federal Reserve. Per farlo hanno bisogno di un diversivo: si presentano in una piccola filiale fuori città, prendono in ostaggio correntisti e funzionari e creano uno stallo che impegna l’LAPD.

Nel frattempo il piano procede nei sotterranei…

Come detto Nella tana dei lupi è un film come non se ne fanno più,  un film tutto di scrittura, capace di rileggere i codici di genere, come facevano i thriller degli anni ’90, pieno di personaggi, che sfrutta sino in fondo il suo tempo, per farci entrare lentamente nella storia, costruendo per accumulo una seconda parte in cui sostanzialmente assistiamo al grande show messo in piedi dalla band di Merriman e dalla squadra speciale di Big Nick.

Per una volta Gerard Butler sembra davvero in parte, con i suoi occhi pesti, i tatuaggi, il fisico gonfio di alcool e pesi ed una determinazione suicida, che lo accomuna allo spiritato Pablo Schreiber, altrettanto massiccio, ottuso, testosteronico. Nel gruppo di sono anche 50 cent, ma la sua è una presenza marginale, e O’Shea Jackson Jr, ovvero il figlio di Ice Cube, già visto in Straight Outta Compton, a cui il film riserva il ruolo più ambiguo.

E’ cinema di uomini duri, tutti d’un pezzo, pronti a massacrarsi di colpi con armi d’assalto, in mezzo al traffico, incuranti del proprio destino, come in un western metropolitano. Nella tana dei lupi è un film che nasce già classico, essenziale, potente. Come certi film con Liam Neeson, che su queste storie ha costruito una seconda carriera.

Nella tana dei lupi è innanzitutto un film competente, capace di intrattenere, di raccontare un milieu, di illuminare un piccolo spettro della natura umana. Cinema-cinema si sarebbe detto una volta. Purtroppo nel panorama hollywoodiano di questi tempi, non è cosa da poco.

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