Cannes 2015. Dheepan

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Dheepan ***

Jacques Audiard lavora da sempre sui temi dell’identita’ dei suoi personaggi e sull’integrazione, in un ambiente divenuto improvvisamente ostile.

Anche questa volta non si sottrae alle ossessioni che fondano la sua poetica e cerca di sovrapporre la tensione e lo studio dei personaggi de Il profeta, con la costruzione di un amore improbabile, come ne Un sapore di ruggine ed ossa o Sulle mie labbra.

Il film comincia in Sri Lanka dove la guerra civile contrappone il Governo, al fronte di liberazione della minoranza induista dei Tamil. Dheepan e’ un guerrigliero in fuga, che ha perso ogni speranza. Nella crudelta’ della guerra, grazie a dei passaporti di una famiglia morta pochi mesi prima, fugge verso la Francia con una donna che non conosce, Yalini, ed una ragazzina senza genitori, Illayaal.

Arrivati nella terra di Montesquieu, Dheepan chiede asilo per sè e per la propria ‘famiglia’ e vende oggetti luminosi e accendini per strada, attento a non farsi prendere dalla polizia.

Ottiene quindi un lavoro come portiere in un grande condominio della banlieu, in cui due gruppi di trafficanti si fronteggiano per lo spaccio di droga.

Nel frattempo, Yalini viene assunta come badante per un anziano infermo, legato ad un giovane criminale, che comanda nel quartiere.

Audiard lavora su due piani: l’integrazione dei fuggitivi in un contesto radicalmente nuovo per loro, ostile nella lingua ma anche nelle dinamiche criminali e, in parallelo, il tentativo dei tre di essere una famiglia, nonostante tutte le incomprensioni, il dolore e il passato che ognuno si porta con se’.

E’ un doppio processo pieno di insidie, di tradimenti, di passi falsi. Audiard evita di raccontare l’immigrazione dalle ex colonie, ma sceglie una storia diversa, ancor più oscura: pedina i suoi personaggi nelle quattro mura di casa e negli spazi desolati del grande condominio popolare. Li inquadra spesso tra le porte, negli spazi angusti in cui sono costretti a convivere, privi di quella liberta’ che hanno sognato di ottenere, in una terra straniera.

Audiard questa volta resta ancorato al realismo, si concede pochissimi momenti di pura fascinazione visiva, ma quando lo fa, come nello straordinario piano sequenza finale, il suo cinema prende il volo e chiarisce le sue intenzioni: quella a cui stiamo assistendo è una histoire de violence.

Perchè il terrore da cui sono fuggiti i suoi protagonisti, lo ritrovano anche in Francia, negli spari in pieno giorno dei criminali e dei loro cecchini, che combattono una guerra tutta loro, a cui Dheepan e Yalini vorrebbero restare estranei.

Ma gli eventi finiscono per travolgerli ed allora, ancora una volta nel cinema di Audiard, occorre adattarsi al contesto, far fronte alle sfide della realta’ con risorse e armi che sembravano sconosciute o rimosse.

Anche a costo di una nuova fuga, per ricominciare altrove.

La guerra non e’ finita.

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