Cannes 2015. Irrational Man

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Irrational Man *1/2

Superati abbondantemente i quaranta lungometraggi, Woody Allen procede quasi sempre col pilota automatico, in questo suo finale di carriera, improvvisando alla maniera degli amati jazzisti, sui temi che l’hanno interessato per tutta la vita.

Qualche volta l’assolo e’ degno di attenzione, altre e’ solo ordinario, piu’ frequentemente e’ trascurabile.

Irrational Man si inserisce fondamentalmente nell’ultima categoria, nonostante la bravura degli interpreti e l’essenzialita’ della messa in scena.

Joaquin Phoenix e’ Abe Lucas un discusso professore di filosofia che raggiunge per un semestre estivo un piccolo college di provincia. Qui subisce le avances di una collega di chimica, Rita, e quelle di una sua brillante studentessa, Jill.

Sembrerebbe il classico triangolo alleniano, tra battute di Kierkegard, bicchieri di buon vino, piccole bugie, ma poi il film improvvisamente svolta e torna ancora una volta sui temi del delitto e del castigo, su cui gia’ Crimini e misfatti aveva detto una parola definitiva 25 anni fa e lo stesso riuscito Match Point aveva gia’ replicato un decennio fa.

Cosi’ come nello straordinario Un’altra donna e’ una conversazione ascoltata per caso a dare il la’ al racconto.

Succede infatti che in un caffe’ mentre pranza amabilmente con la sua studentessa, il professore assista senza volerlo alle recriminazioni di una madre, a cui un giudice probabilmente corrotto ha sottratto i figli, in una complessa causa di separazione.

Abe decide quindi in un impeto di follia, di passare per una volta all’azione, compiendo il delitto perfetto ai danni del malcapitato giudice.

Ce ne sarebbe abbastanza per immaginare una vendetta personale di Allen contro la categoria… ma su questo volentieri sorvoliamo…

Eppure e’ proprio in questa seconda parte che il film sbanda e si sfilaccia, avvolgendosi su se stesso ed arrivando a conclusioni diverse, rispetto alle riflessioni alleniane del passato.

Chi ha visto lo splendido documentario Woody di un paio d’anni fa, ricordera’ che il maestro tiene decine di foglietti con le idee per i nuovi film, in un cassetto di casa sua. Ogni tanto, aprendo quel cassetto ne tira fuori qualcuno che diventa una nuova sceneggiatura.

L’impressione e’ che stavolta abbia pescato un paio di idee diverse ed abbia cercato di combinarle assieme, senza riuscirci sino in fondo. Mentre la parte iniziale, la commedia sentimentale, pur senza aggiungere molto, e’ gradevole e leggera, la seconda, che vira al nero, e’ invece piena di forzature e finisce per girare a vuoto in molti punti.

A poco serve la simpatia dei tre interpreti, persino il magnifico e pingue Phoenix sembra spaesato alle prese con una sceneggiatura che, nella parte finale, sembra scritta dal trio di Boris.

Woody Allen non ce ne voglia, questo Irrational Man e’ film minore. Lo dimenticheremo presto.

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