Suite francese
Francia, 1940. Nel piccolo paese di Bussy la guerra è ormai alle porte e l’arrivo dei Tedeschi sconvolge la vita di tutti. La dispotica vedova Angellier e la sua giovane nuora Lucile sono costrette ad accogliere in casa loro l’ufficiale nazista Bruno von Falk, ma la paura dell’oppressione farà sbocciare un amore pericoloso quanto inaspettato.
Suite francese è una coraggiosa storia di occupazione dalle tinte poetiche, in cui l’amore impossibile è il vero filo conduttore. Una passione troppo forte per essere ignorata, ma che allo stesso tempo non può essere vissuta per la guerra. Un conflitto capace di distruggere cose e persone, con un accento sugli animi umani e sulla loro trasformazione.
Solo gli spietati sopravvivono ed i buoni sono costretti a sembrare malvagi per non essere uccisi. La guerra ammazza i sentimenti ed impone l’odio agli schieramenti opposti, facendo dimenticare che, in fondo, siamo tutti uguali. I più coraggiosi provano ad andare oltre le barriere per vivere liberamente, ma molte volte le differenze culturali sono troppo forti.
Dopo La duchessa, Paul Dibb continua a raccontare di amori impossibili e di eroine ormai passate, dando una sua visione disfattista e liberatoria del sentimento più alto che si possa provare. Secondo il regista, l’amore non rappresenta un coronamento della vita, ma è solo una via di fuga davanti all’impossibilità di sostenere il peso di un conflitto. Tuttavia, il film non scade nel melò, evitando la trappola del banale e dedicandosi invece alla descrizione di una piccola città francese preda dell’occupazione nazista.
Le dinamiche fra i compaesani sono ben caratterizzate e la vita della piccola cittadina di Bussy è un personaggio pulsante nelle dinamiche fra i due protagonisti. Un uomo ed una donna sfortunati, ma ottimamente interpretati da due attori che riescono ad esprimere con i silenzi ciò che le parole non sarebbero in grado di dire.
Le occhiate diventano dialoghi e le lacrime riescono a sopperire ad una sceneggiatura non particolarmente brillante, ma ben supportata dalla riuscita colonna sonora del novello Premio Oscar Alexandre Desplat. Una musica che ben si fonde con la gioia ed i dolori dei paesani, sottolineando i momenti cardine della vicenda.
Tratto dal bestseller della Nemirovsky, Suite francese è un film riuscito ed appassionato, che si snoda come una vera sinfonia per tutta la sua durata. Si passa dall’adagio all’allegro, per poi concludere con una doppia fuga per violino ed archi.
I movimenti sono facilmente riconoscibili, perché associati alle quattro differenti fasi della vicenda: il paese, l’invasione, l’amore e la conclusione, tanto inaspettata quanto inevitabile.
Paul Dibb è quindi riuscito a confezionare un film particolare nel suo genere ed anche abbastanza fedele al libro. I fan della scrittrice francese ne potranno gioire, ma non riusciranno a rivivere completamente le emozioni dello scritto, per colpa di una regia talvolta troppo didascalica e poco coraggiosa nell’innovare con qualche scelta originale.
Suite francese è un film ben strutturato e molto ambizioso, che non riesce ad innalzare se stesso per non essere dimenticato.