Frances Ha **1/2
Il nuovo film di Noah Baumbach, regista e sceneggiatore indie sensibile e minimalista, dichiara subito le sue intenzioni: Frances Ha è un ritratto di donna, completamente dedicato alla sua protagonista, la straordinaria Greta Gerwig.
Bastano pochissime immagini, prim’ancora dei titoli di testa, per tuffarci in un mood che richiama in egual misura la libertà formale di John Cassavetes e la leggerezza stravagante di un Woody Allen anni ’80.
Baumbach gira in bianco e nero nella New York dei nostri anni, ma la fotografia molto contrastata di Sam Levy richiama i chiaroscuri di Gordon Willis, contribuendo a far perdere qualsiasi coordinata temporale alla storia, per farne un ritratto assoluto.
Frances ha 27 anni, è di Sacramento, ma ha scelto New York per inseguire il sogno di ballare e insegnare danza. Lavora in una compagnia, ma non fa parte del corpo di ballo ufficiale. Abita con la sua migliore amica Sophie, ma quando quest’ultima prima si sposta a Tribeca e poi si fidanza con il broker Patch, è costretta ad abbandonare l’appartamento tanto amato, che non può più permettersi.
Vaga così di stanza in stanza, allontanandosi sempre più da Manhattan, prima ospite di Adam e Benji – uno scultore e l’altro scrittore comico – quindi, dopo aver perso il lavoro alla compagnia, nel New Jersey ed in un dormitorio universitario.
Baumbach la segue nel suo Natale californiano in famiglia, nel suo folle viaggio a Parigi di soli due giorni, nelle sue delusioni sentimentali e professionali, sino al giorno in cui, per caso, si ritrova a servire come cameriera ad un ricevimento a cui è invitata anche Sophie.
E’ l’inizio della risalita, delle scelte non velleitarie, della seconda opportunità che gli americani sanno raccontare con malinconica emozione.
Presentato a Berlino lo scorso febbraio, Frances Ha sarà al Torino Film Festival e poi forse anche in sala. E’ un piccolo gioiello di recitazione e scrittura, che rende impossibile distinguere l’importanza del contributo di Baumbach da quello della sua attrice, coinvolta anche in sede di scrittura.
Commedia dal sapore dolceamaro, così tipica del cinema indipendente americano, Frances Ha è capace di restituire sullo schermo l’ansia di una precarietà che si è fatta modus vivendi, incapacità di prospettiva.
Baumbach conferma il suo talento di narratore ed i suoi buoni maestri. Ma la sorpresa è Greta Gerwig, mai così in parte e convincente, con le sue nevrosi, le sue idiosincrasie, i suoi discorsi surreali e stranianti, i suoi sorrisi contagiosi.
Da riscoprire.
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