All or Nothing: Juventus ** 1/2
Tra le scelte compiute da Amazon Video per caratterizzare il proprio catalogo rispetto ai principali concorrenti, emerge l’importanza attribuita al mondo del calcio. Non solo per le numerose produzioni originali a esso dedicate, ma anche per l’acquisizione dei diritti per la trasmissione di una partita a settimana della Uefa Champions League per tre anni. Il posizionamento del gigante OTT sul segmento di mercato sportivo è basato sulla regionalizzazione dei contenuti a partire da un solido format internazionale, All or Nothing1. Finora le docuserie calcistiche sono state dedicate al Manchester City (2018), al Tottenham Hotspurs (2020) e alla Nazionale Brasiliana (2020), mentre nella prossima stagione sarà il turno dell’Arsenal. A questo format vanno aggiunte altre produzioni come la serie sul Real Madrid, Il campo delle stelle (2017, due stagioni, Les Blues 2018, dedicato alla nazionale francese impegnata nella conquista della Coppa del Mondo in Russia e le due produzioni su squadre tedesche Inside Borussia Dortmund (2019) e FC Bayern Monaco – Behind the legend (2021). Nel catalogo Prime non mancano prodotti calcistici basati su personaggi carismatici come Diego Armando Maradona (Maradona: sogno benedetto, 2021) e traversali come This is Football (2019) che esplora la diffusione del gioco del calcio nel mondo. Tornando al nostro format, ogni stagione è quindi un viaggio con una diversa squadra che viene seguita e raccontata non solo per quel che riguarda i risultati sportivi, ma anche per quanto è contiguo al campo da gioco. E’ da inserire in questo contesto la prima produzione Amazon dedicata a una squadra italiana, la Juventus. Un impegno rilevante se pensiamo che le registrazioni hanno richiesto oltre 40 settimane e ogni singola puntata circa 40 giorni di lavoro. All or nothing: Juventus fotografa e accompagna la squadra nella stagione sportiva 2020-2021, ricca di tonalità emotive, di sfide e di chiaro scuri, in cui la Juve ha conquistato due trofei, ma è stata eliminata agli ottavi di Champions League e ha agguantato la qualificazione alla prossima edizione del principale torneo continentale solo in extremis, favorita dal pareggio del Napoli con l’Hellas Verona. Non sono però solo i risultati a dare spunti alla narrazione, ma anche la sfida del nuovo tecnico, Andrea Pirlo, alla sua prima stagione da head coach, e l’ultimo anno in bianconero di Gianluigi Buffon, uno dei più grandi portieri della storia del calcio. Tutti elementi che favoriscono una narrazione avvolgente, al di là delle conoscenze in materia calcistica dello spettatore e del fatto che faccia il tifo o meno per i bianconeri. In questo racconto corale che alterna volti e storie (più volti che storie: queste restano spesso solo accennate) alla fine sembra essere proprio Andrea Pirlo il protagonista della narrazione: è al suo nuovo inizio che si richiama il titolo del primo episodio ed è con lui, che si alza da una poltroncina dello Stadiun deserto e lascia la scena (e la Juve), che si conclude il racconto. Meno efficace invece il racconto di e su Cristiano Ronaldo, che appare realmente umano non tanto nelle interviste o nei momenti pubblici, quanto nello spogliatoio, dopo le sconfitte peggiori, come quella con il Porto. A volte si ha l’impressione che la sua presenza sia poco rilevante nell’economia del gruppo, che sia uno spettatore più che un trascinatore, a differenza di Bonucci, Chiellini e Buffon.
La produzione dal punto di vista tecnico è ben fatta, capace di alternare il racconto della stagione a quello dei singoli protagonisti, presentati spesso in ambiente familiare, in un dietro le quinte sicuramente interessante, ma che solo poche volte trasmette l’idea di un qualcosa di vero, reale, quotidiano. Il più delle volte sembra che la narrazione abbia il sopravvento sulla vita dei protagonisti e che quanto rappresentato non sia altro che un surrogato della loro vera quotidianità. Il bilanciamento è comunque ponderato e le irruzioni del privato allentano la tensione senza abbassare il ritmo della narrazione. Lo stesso dicasi per le numerose interviste ai protagonisti: anche in questo caso però assistiamo ad un vero e proprio svelamento del loro modo di essere solo in poche occasioni, come quando Paratici si commuove parlando di Buffon. I discorsi motivazionali, i diverbi, i gesti di stizza dei calciatori e dello staff tecnico nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo dei match più importanti sono sicuramente tra i momenti meglio riusciti dello show e hanno la capacità di portare davvero lo spettatore in luoghi normalmente preclusi al tifoso. Assistendo anche a numerosi dietro le quinte come scherzi, battute, aneddoti il lato umano dei calciatori traspare in modo naturale, senza forzature. Come ha dichiarato una volta Maurizio Sarri, allenatore della Juventus nel 2019-2020, inizialmente nello spogliatoio vedi il campione, poi con il tempo riconosci anche l’uomo. E’ questo un punto di vista poco praticato dalla narrazione sportiva in Italia, dove la seriosità relega quasi sempre il lato umano dei calciatori a zone marginali come il gossip, l’attività sui social o le iniziative benefiche.
Innegabilmente anche gli spazi esercitano il loro fascino sullo spettatore (e ancor più sul tifoso): la serie ci porta infatti all’interno dello Juventus Training Center e dell’Allianz Stadium. Luoghi quotidiani come la mensa o i lettini per la fisioterapia, le sale riunioni dove lo staff prepara le scelte tattiche o anche, banalmente, il parcheggio delle automobili. E’ anche questo un piccolo svelamento! Ci sono poi le numerose attività di marketing collegate alla prima squadra, come quelle natalizie che ci aiutano a comprendere come dietro ai giocatori ci sia una struttura societaria davvero articolata e ricca di molteplici competenze.
Una delle parti meno incisive risulta quella dedicata ai tifosi che inframezzano la narrazione, con diverse tonalità emotive, ma senza mai dare un valore aggiunto al racconto. C’è anche una sensazione stucchevole di politically correct nella scelta dei tifosi, appartenenti a quartieri popolari, figli di immigrati o di torinesi storici, sacerdoti e suore. Il loro racconto della Juve è leggero, a tratti perfino godibile, ma senza mordente. Manca il sacrificio, manca la storia, manca la sana pazzia del tifoso disposto a tutto per la sua squadra del cuore. C’è invece tanta moderazione, forse troppa per qualcosa che per sua natura è viscerale, irrazionale, una passione spesso totalizzante. Troppo piatta anche la voce narrante, preoccupata più di elencare, con una impeccabile pronuncia inglese, le cariche dei membri della società, che di tirar fuori qualcosa di più, andando oltre ad una narrazione istituzionale che nulla aggiunge a quanto visto.
Dal punto di vista tecnico la serie fa un utilizzo ampio dello slow-motion e degli effetti sonori per valorizzare al meglio le scene di campo. Le inquadrature a piombo, i dettagli, la visuale dal terreno di gioco concorrono a offrire agli spettatori un’esperienza immersiva affascinante, ricca di pathos, soprattutto durante le partite più importanti di cui sono stati isolati i momenti migliori. Il montaggio è rapido e tiene sulla corda anche quanti già conoscono quello che sta per accadere. I passaggi dei giornalisti di Tuttosport e le trasmissioni radio che spiegano quello che succede nel campionato italiano conferiscono vivacità alla narrazione e aiutano a inquadrare il momento della squadra in un contesto più ampio.
Complessivamente la serie è godibile e riserva alcune chicche interessanti, con il merito di darci una dimensione più umana e meno divina dei calciatori. Inoltre per i tifosi juventini è l’occasione di ripercorrere una stagione che, con gli occhi dell’oggi, appare forse meno brutta di quanto non fosse sembrata. E’ anche un momento per celebrare due grandi campioni come Buffon e Ronaldo, entrambi all’ultimo anno in bianconero. E’ però innegabile che la spinta alla promozione del brand abbia limitato lo spazio per la critica e l’analisi, appiattendo la narrazione sui trofei conquistati e senza spiegare realmente cosa non abbia funzionato nella stagione sportiva.
La tensione all’innovazione che si vuole proiettare sul Club finisce per far passare in secondo piano uno dei valori più rilevanti della Juventus, cioè la sua storia. Il rapporto del club con la famiglia Agnelli e con l’Italia è molto più interessante, anche a livello narrativo, di quanto non dimostri la serie, che pure in qualche modo rappresenta il legame della società con Torino. Vediamo la città dal basso, accompagnando i vogatori sul Po, dall’alto, con le riprese di un drone che ne svela l’elegante riservatezza e l’austera bellezza incoronata dalle Alpi, ma quanto Torino l’Italia e la Juve siano intrecciati, questo purtroppo sfugge.
Titolo originale: All or Nothing: Juventus.
Durata media episodio: 55 minuti
Numero degli episodi: 8
Distribuzione streaming: Amazon Prime Video
Genere: Sport, documentario
Consigliato: naturalmente ai tifosi juventini, ma più in generale a quanti amano il calcio e vogliono conoscere meglio la vita quotidiana di una squadra di professionisti.
Sconsigliato: a quanti cercano un approfondimento in grado di lasciare qualcosa di più di una narrazione piacevole, a livello sportivo come sociologico.
Visioni parallele: Federico Buffa racconta Gaetano Scirea. A trent’anni dalla morte del libero bianconero questa trasmissione realizzata da Sky Sport in due puntate racconta con sensibilità le vicende del capitano della Juventus di Trapattoni, una delle squadre più forti dei primi anni ’80. Quello che però merita attenzione è la capacità di intrecciare il racconto dell’uomo a quello del calciatore, inserendo la figura di Scirea in un ben preciso contesto sociale: una scelta che permette di descrivere un Paese e le sue evoluzioni attraverso gli anni.
Un’immagine: Pirlo che esce a testa alta dallo Stadium, dichiarandosi sereno per il lavoro svolto e per aver comunque portato la Juventus in Champions League. Solo, tra le fila di poltroncine dell’impianto bianconero, il suo addio non viene spiegato, ma solo mostrato. Una caratteristica che contraddistingue tutta la serie, che preferisce mostrare più che analizzare.
1 Il format All or Nothing propone anche il racconto di altri sport come hockey e rugby, per lo più in ambito statunitense. La prima serie del franchise è stata dedicata nel 2016 agli Arizona Cardinals, una squadra di football americano.