Guardiani della Galassia Vol.2 **
Dopo il successo travolgente e inaspettato del primo volume, scritto e diretto da James Gunn e dedicato ad un gruppo di personaggi minori dell’universo Marvel, è arrivato puntualmente anche il sequel.
Un sequel inutile e stanco, come se fossimo già al quindicesimo episodio della serie.
Il film comincia con la solita strizzata d’occhio agli anni ’80. I genitori di Peter sono i protagonisti di questo ridicolo prologo, con un Kurt Russell truccato e forse digitalmente ringiovanito, che sembra spassarsela come non mai con i lunghi boccoli d’ordinanza, forse scordandosi di essere stato proprio in quegli anni, il volto simbolo del cinema politico e amaro di John Carpenter.
Qui invece siamo direttamente dentro una sit-com, che finisce per abbracciare tutto il film.
I Guardiani infatti si comportano come i personaggi di un serial tv: i rapporti tra di loro sono ormai cristallizzati e la familiarità con cui si prendono in giro e si sfidano è quella tipica dei protagonisti di uno show con le risate in sottofondo.
Dopo una gustosa sequenza sui titoli di testa che gioca con la passione di Peter per la sua musica vintage e sull’inutilità di Baby Groot, vera e propria mascotte del gruppo e poco più, i Guardiani si ritrovano a fuggire dal pianeta dei superbi e altezzosi Sovereign,dopo averli difesi da un’orrenda minaccia.
La loro ricompensa era la sorella di Gamora, Nebula, ma Rocket ha pensato bene di rubare anche delle preziose batterie, prendendosi gioco dell’insopportabile regina Ayesha.
A salvarli dalla rappresaglia Sovereign arriva il misterioso Ego, un semidio, un pianeta fattosi energia con le sembianze umane, che altri non è che il padre di Peter.
Dopo un atterraggio di fortuna, il gruppo si divide: Peter, Gamora e Drax seguono Ego sul suo pianeta, mentre Rocket, Groot e Nebula cercano di riparare l’astronave.
Ayesha però ha ingaggiato Yondu, radiato nel frattempo dai briganti Ravager, per ritrovare i Guardiani.
Mentre Peter e soci sono soggiogati dal fascino di Ego, Yondu dovrà subito un’ammutinamento della sua crew. Si ritroveranno tutti, neanche a dirlo su Ego, per una battaglia campale.
Non riesce un secondo miracolo a James Gunn e tutta la freschezza e il sapiente equilibrio che reggeva il primo volume, tra, avventura, fantasy, azione, commedia e nostalgia canaglia, affidata soprattutto all’awesome mix musicale, qui mostra tutta l’artificiosità di chi è costretto a ripetere in laboratorio la formula artigianale, necessaria a standardizzare la produzione.
Gunn rendendosi conto dell’impossibilità dell’impresa, cerca di cambiare copione, la butta sul ridere nella prima pagina con gag continue, soprattutto con Rocket e Drax, scendendo a livelli tuttavia piuttosto bassi. Il film sembra voler essere persino una parodia dei superhero movies, ma poi Gunn improvvisamente frena, recupera un tono serioso e si dilunga in una seconda parte onestamente insopportabile, giocando con le dinamiche familiari di Peter con il padre, di Gamora con Nebula, dello stesso Yondu con Peter e con il suo equipaggio.
La strizzata d’occhio agli anni ’80, con una comparsata persino di David Hasselhoff, nei panni di se stesso, è francamente insopportabile e mostra la corda.
Ci sarebbe da scrivere poi a lungo del modo in cui il cinema del nuovo millennio e le serie tv stiano rievocando quegli anni, depurandoli di ogni sensibilità filologica, prendendone solo la superficie nostalgica, senza mai mostrare di aver compreso davvero il lavoro di autori come Spielberg, Carpenter, King, ma ripetendone i topoi ricorrenti, depurati da ogni analisi culturale, filosofica o anche solo semplicemente cinematografica.
Persino la colonna sonora è ricattatoria come non mai, con una Father & Son di Cat Stevens, che suona del tutto inutile, a voler sottolineare quello che le immagini già avevano mostrato abbondantemente.
La pletora infinita di scene dopo i titoli, non aggiunge nulla, se non introdurre nuovi personaggi per un terzo già annunciato episodio: Sly Stallone, Michelle Yeoh, Ving Rhames.
Tra gli interpreti, malissimo Chris Pratt, sempre più gonfio e sempre meno espressivo. Su Kurt Russell è meglio stendere un velo pietoso. Si salva incredibilmente Dave Bautista, a cui la sceneggiatura regala le battute migliori.
Certo, si ride un po’, ci si diverte: ma già a metà film dei personaggi non te ne importa poi molto ed appena si riaccendono le luci, questo volume 2 appare per quello che è. Una bolla di sapone che è già scoppiata.