Harvey Weinstein, fondatore della Miramax con il fratello Bob, quindi a capo della Weinstein Company è uno dei produttori e distributori più attenti al cinema indipendente ed internazionale.
Sotto la sua ala molti talenti sono riusciti a trovare la loro strada verso il successo: uno su tutti, Quentin Tarantino.
Re degli Oscar, ha imposto i suoi film con una forza prima sconosciuta, riuscendo a strappare statuette anche quando i suoi film palesemente non lo avrebbero meritato (ricordate Shakespeare in Love? o Il discorso del Re?).
Ma se un suo film non lo convince è capace di lasciarlo bruciare senza alcun sostegno…
E’ sempre stato un mogul molto rispettato ed i suoi interventi in post-produzione sono ormai leggendari.
Il caso più famoso è stato quello di Gangs of New York, che Martin Scorsese fu costretto a mutilare nella seconda parte per volere del sulfureo produttore ebreo.
Ora però questi interventi si sono fatti molto più numerosi e invadenti.
Solo nell’ultimo anno ha intrapreso battaglie con i suoi registi praticamente su tutti i film: da The Grandmaster di Wong Kar Wai a The butler di Lee Daniels, sino a Snowpiercer di Bong Joon Ho e C’era una volta a New York di James Grey, che ancora non sono usciti negli Stati Uniti, vittime della lunga querelle tra autori e distributori.
Lo stesso sta accadendo per Grace of Monaco, il film di Olivier Dahan in predicato di aprire il prossimo Festival di Cannes il 14 maggio prossimo.
Weinstein aveva acquistato i diritti americani del film che avrebbe dovuto uscire negli USA ad ottobre in tempo per la stagione degli Oscar, ma prima è stato spostato a marzo, quindi nuovamente rinviato, sino all’annuncio del festival.
Weinstein non è contento del montaggio e vorrebbe inserire più immagini di Grace a Hollywood e chiarire meglio il contesto politico della diatriba tra il Principato e la Francia di De Gaulle, che rappresenta il cuore del film di Dahan.
I produttori francesi sono invece soddisfatti della versione che sarà proiettata il 14 maggio ed il film uscirà in Francia ed in molti altri paesi così come Dahan l’ha voluto.
Weinstein però a questo punto sembra intenzionato a rinunciare ai diritti del film, lasciandolo senza distribuzione americana, insoddisfatto dell’esito e della legislazione francese che tutela il director’s cut.
Contemporaneamente a Cannes sarà presentato ad Un certain regard il nuovo montaggio di Eleanor Rigby di Ned Benson: a Toronto il film era diviso in due parti di 190 minuti complessivi. Sulla Croisette arriverà una versione rimontata di soli 119 minuti…
Ma la battaglia di Cannes non è certo l’ultima.
La stessa cosa sta accadendo anche per il nuovo film di Jean Pierre Jeunet, The Young and Prodigious T.S. Spivet, fermo in un limbo, senza data d’uscita proprio per i contrasti tra il regista e Weinstein sul montaggio finale.
La questione sta diventando davvero troppo evidente e ripetuta, per essere sottovalutata.
Perchè Harvey Weinstein continua ad acquistare film che fondamentalmente non gli piacciono? Perchè si ostina a voler mettere becco costantemente ed in modo così pesante nelle decisioni dei suoi registi? Che senso ha questo stillicidio di notizie, sulle lotte all’ultimo sangue per l’integrità artistica?
E’ giusto che il produttore faccia sentire la sua voce in ogni fase, ma fino a dove può spingersi la sua tracotanza?
E che ruolo può avere un semplice distributore, per quanto potente, nel decidere le sorti di un film?
Gli interrogativi rimangono aperti, quello che è certo è che il vizietto di Harvey Weinstein sta diventando una vera e propria malattia…

