Cannes 2024. September Says

September Says **

Il debutto dell’attrice francese di origine greca Ariane Labed (Attenberg, Alps, The Lobster) alla regia è un racconto tutto al femminile, con al centro il rapporto fra due sorelle, September e July e la loro madre artista di origini indiane.

Siamo in un sobborgo irlandese imprecisato. Le due regazze sono rimaste da poco orfane del padre. A scuola una feroce ragazza in carrozzina prende di mira July, la più indifesa e ingenua delle due, che September difende da ogni angheria, rispondendo a tono a in modo brusco e determinato.

Dopo la quarta sospensione da scuola la madre comincia a preoccuparsi: ma il peggio deve ancora venire. Un filmato intimo di July viene diffuso nelle chat dei compagni di classe. La vendetta di September non si fa attendere. 

Dopo una lunga ellissi, ritroviamo le due ragazzine e la madre trasferitesi altrove, nella casa dei nonni paterni, a cercare di far calmare le acque agitate.

Il rapporto fra September e July si fa ancora più stretto, mentre le due ragazze cercano di far amicizia in questa nuova realtà…

Il film di Ariane Labed, che comincia con le foto che la madre scatta alle due figlie, vestite come le gemelle di Shining avrebbe dovuto metterci sull’avviso, perché September Says ha più a che fare con l’horror psicologico che non con la messa in scena realista di un’adolescenza difficile.

Solo che lo scopriamo davvero solo nel prefinale, quando cade la finzione e scopriamo davvero di cosa è fatto il rapporto fra le due sorelle.

La presenza maschile nel film è ridotta ad una marginalità che è solo sentimentale e sessuale.

Al centro rimangono le due protagoniste e la madre che sembra non accorgersi di quanto profonda sia la ferita nella vita delle figlie, forse provocata dalla scomparsa del padre, forse da un contesto scolastico infelice e oppressivo, forse semplicemente da una dipendenza psicologica totale dell’una all’altra, che crea un rapporto che non è mai paritario, ma sempre subordinato.

Il film tuttavia non brilla per originalità e non riesce davvero a dare credibilità al twist finale, che ribalta i piani, anche grazie ad un’informazione chiave che il film omette allo spettatore in modo piuttosto disonesto.

La scrittura è zoppicante, anche se le due interpreti e la sensibilità con cui è raccontato il loro rapporto sono interessanti, la regia è di puro servizio e piuttosto minima, come spesso accade agli attori passati dietro la macchina da presa, più attenti alle performance che alla messa in scena.

Il risultato è piccolo, piccolo. Difficile che possa trovare una distribuzione in Italia.

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