Fast & Furious – Hobbs & Shaw

Fast & Furious – Hobbs & Shaw **

Il primo spin-off della lunga serie di Fast & Furious, che ha attraversato tutto il nuovo secolo, crescendo di episodio in episodio, sino al commosso addio del co-protagonista Paul Walker e ancora oltre, nasce probabilmente da un duplice ordine di fattori.

La Universal ha deciso di puntare su una delle poche proprietà forti del suo catalogo e di sfruttare il successo spropositato della saga, sdoppiando la linea narrativa originale e dando una propria dignità a due ex villain, diventati poi partner della ‘famiglia allargata’ di Dominic Toretto.

Al contempo le cronache dal set dell’ultimo ottavo episodio, ci restituivano una situazione difficilmente sostenibile tra le due star, Vin Diesel e Dwayne Johnson, il capofamiglia e il nuovo arrivato: una convivenza molto, molto difficile.  Rafforzata dagli attriti che Michelle Rodriguez, un’altra delle star della prima ora, ha esternato recentemente nei confronti di Chris Morgan, vero deus ex machina della serie, che ha scritto tutti gli episodi dal terzo in avanti, anche lui assoldato per lo questo spin-off e liberato dall’incarico, per il nuovo nono capitolo della saga originale, che arriverà l’anno prossimo firmato nuovamente da Justin Lin, il regista storico delle avventure di Toretto e soci.

Motivazioni non di poco conto, che hanno portato a mettere in produzione questo Hobbs & Shaw, sfruttando pienamente due superstar d’azione come The Rock e Statham e affiancandogli quella Vanessa Kirby, già letale in Mission: Impossible- Fallout.

Peccato che in questo passaggio si perda quasi completamente l’identità originale della storia, i caratteri sembrino nuovi di zecca, la storia si impantani a lungo nella parte centrale e sia quasi del tutto dissolto il legame che la saga ha sempre mantenuto con le automobili, i motori, l’adrenalina degli inseguimenti, la coreografia astratta delle vetture e la loro parossistica velocità.

Qui siamo dalle parti di un action del tutto ordinario, con elementi superomistici e da Spectre massonica, che portano il racconto in territori risaputi.

Hattie Shaw, agente dell’MI6, sorella di Deckard e del defunto Luke, è incaricata di recuperare un virus letale e pericolosissimo. A missione compiuta un misterioso e invincibile colosso nero, l’ex agente Brixton Lore cerca di sottrarglielo: per non consegnarlo al nemico al soldo della misteriosa organizzazione terroristica Eteon, Hattie se lo inietta e fugge.

Sulle sue tracce la CIA mette, a loro insaputa, sia Luke Hobbs, sia Deckard Shaw. Hobbs trova subito Hattie a Londra, ma quando scopre che è la sorella di Shaw le cose precipitano. Brixton irrompe negli uffici dell’MI6 e rapisce la ragazza.

Lo scienziato russo che ha creato il virus chiarisce a Hobbs e Shaw, che l’unico modo per impedire la diffusione del virus, è estrarlo dal corpo di Hattie. Ma l’unico strumento di estrazione si trova, come la ragazza, all’interno della struttura iperprotetta della Eteon in Ucraina.

Come potete immaginare ci sarà spazio per l’infiltrazione, la fuga, l’inseguimento, la parentesi romantica e familiare e il redde rationem finale.

Tutto secondo copione, salvo che la fine è ambientata nell’arcipelago delle Samoa, da dove viene Dwayne Johnson e anche il suo Luke Hobbs, evidentemente.

Perchè questo non è un film paritario, come vorrebbe far supporre il titolo. No, questo è il film di Dwayne Johnson, ovvero la più grande star d’azione di Hollywood. O quantomeno questo è quello che immagina l’ex wrestler.

E così dopo un primo split screen che introduce i due caratteri e una prima parte in cui litigano come due adolescenti in preda agli ormoni, il film viene tagliato sulle misure extra large dei bicipiti di Johnson e sulla sua morale innocua e per famiglie, in cui è il grande cuore a trionfare sulle macchine.

Il prefinale, che spinge l’acceleratore action, con un numero finalmente degno di Fast & Furious con elicotteri e autocarri, cerca un improbabile exploit, ma poi David Leitch (John Wick, Atomica bionda, Deadpool 2) si accontenta soddisfatto e torna alla scazzottate testosteroniche che riempiono i suoi film, con rallenty, enfasi, acqua, sangue e rumor d’ossa.

Un trionfo di noia, infarcito di battute sceme e un paio di citazioni finto colte, che fanno cascare… le braccia.

Il pubblico sta rispondendo, ma senza entusiasmo. Deve aver sentito l’odore della fregatura da lontano.

Perchè questo Hobbs & Shaw è un buddy movie pasticciato, con i classici opposti che si avvicinano, con l’elemento femminile a far da detonatore e da equilibratore a fasi alterne, con una deriva fantastica e complottistica, francamente risibile.

Il superuomo Brixton, la setta dei devoti alla tecnologia, guidati da una voce sintetica, la manipolazione delle informazioni, la minaccia terroristica e poi un profluvio di scene sui titoli di coda, che sono una sorta di film nel film, come nei peggiori Marvel.

Leitch e la Universal vorrebbero lasciare aperta anche una porta per future avventure, magari dando spessore ai tre cameo comici, che si insinuano nel film, con un certo gusto.

Chissà che questa deviazione da Fast & Furious non possa trovare allora nella commedia pura la sua ragion d’essere, la sua vera identità: di certo, la strada intrapresa con questo spin-off è a fondo cieco.

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