Star Trek Into Darkness

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Star Trek Into Darkness ***

Secondo capitolo della nuova serie cinematografica dedicata alla saga iniziata da Roddenberry con la storica serie televisiva degli anni ’60, questo Star Trek Into Darkness è un magnifico ritorno sulla USS Enterprise.

L’idea di J.J.Abrams e dei suoi sceneggiatori Kurtzman e Orci, qui coadiuvati da Damon Lindelof, era quella di ricominciare la storia con un racconto di origini, ambientato però in un universo parallelo a quello delle avventure classiche di William Shatner e Leonard Nimoy.

Nel primo film abbiamo assistito in fondo alla costituzione dell’equipaggio della famosissimo nave spaziale, qui invece cominciamo in media res, ed in assoluta continuità temporale con la fine dell’episodio precedente.

Il capitano Kirk sta esplorando un mondo nuovo ed è costretto a violare la prima direttiva della Federazione dei Pianeti Uniti, per salvare Spock, intrappolato all’interno di un vulcano in eruzione.

La prima direttiva impone di osservare, ma non interferire con l’evoluzione delle popolazioni locali e pertanto di non manifestare mai la propria presenza.

Spock, che segue il rigido codice dei vulcaniani, nonostante sia grato a Kirk, nel suo rapporto denuncia la violazione e l’ammiraglio Pike è costretto a punire i due, degradando Kirk e spostando Spock su un’altra nave.

Nel frattempo un attacco terroristico in un archivio di Londra, getta nel panico l’Alto Consiglio della flotta stellare, che si riunisce nel quartier generale, sotto il comando dell’ammiraglio Marcus. Il responsabile è John Harrison un ex agente abilissimo e misterioso.

Ma il primo attacco non è che una scusa per poter spingere i comandi militari a riunirsi, esponendosi ad un nuovo e più devastante assalto.

John Harrison alla guida di un mezzo d’assalto volante spara all’impazzata contro il Consiglio. L’ammiraglio Pike muore e Kirk con Spock ritornano sull’Enterprise, con una missione segreta: su ordine dell’ammiraglio Marcus devono raggiungere Kronos, sul pianeta di Klingon, ostile alla Federazione, dove Harrison si nasconde, per terminarlo con dei nuovi siluri fotonici.

La missione di morte, contraria allo spirito pacifista della Federazione, spacca l’equipaggio dell’Enterprise ed il tecnico Scott abbandona la nave, sostituito dalla dottoressa Rachel Wallace, esperta di armi.

Quando l’Enterprise raggiunge Klingon viene attaccata dai locali, ma difesa da Harrison che si arrende immediatamente al Capitano Kirk. Una volta a bordo dell’Enterprise, comincia a manipolare Kirk e Spock, rivelando lo scopo della sua missione, che coinvolge le alte sfere della flotta stellare.

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Il film di Abrams è il perfetto esempio di come si possa fare un blockbuster estivo intelligente ed appassionante non solo per i tredicenni e non solo per i super fans della serie.

Into Darkness è godibile, riuscitissimo, alterna momenti d’azione spettacolare ad altri più riflessivi in cui i personaggi prendono consistenza.

Il film gira a mille e nasconde, grazie alla messa in scena di Abrams, anche qualche piccola incongruenza di sceneggiatura.

Ognuno dei protagonisti ha il suo spazio, nessuno è figura di sfondo, in un racconto corale, che sfrutta magnificamente le possibilità del confronto con il passato.

Abrams, ancor più che nel primo episodio, dimostra di tenere sempre in considerazione la storia del suo franchise, ma è al contempo capace di superarla in nome di un racconto che fa della coerenza interna e dell’equilibrio delle parti, il suo credo.

La coppia Kirk-Spock è quella di un perfetto buddy movie: il primo irruento e coraggioso, il secondo saggio e riflessivo. Chris Pine e Zachary Quinto recitano la loro parte con consumata esperienza, ma con sentita adesione. Benedict Cumeberbatch è un villain da antologia, senza bisogno di occultarsi dietro qualche pesante maschera o recitando sopra le righe. Come sempre affidato allo Scott di Simon Pegg il controcanto da commedia, mentre la Uhura di Zoe Saldana ha qui un po’ meno spazio rispetto al primo episodio.

Torna per la terza volta con Abrams il direttore della fotografia sudafricano Daniel Mindel, che riesce ad arricchire la tavolozza dei colori dello spazio profondo, con neon rossi e blu, che aumentano l’effetto drammatico di molte sequenze.

Pregevole anche la colonna sonora dolcemente sinfonica di Michael Giacchino.

Lo Spielberg del terzo millennio è riuscito ancora una volta nel miracolo, non solo facendo ripartire una serie che segnava stancamente il passo, ma consolidandola con un secondo episodio da antologia, che richiama esplicitamente tutto il mondo della fantascienza e del fantasy avventuroso degli anni ’70 e ’80, a cominciare dalla corsa in assenza di gravità di 2001 sino alle fughe a perdifiato di Indiana Jones.

E lo fa senza pretese nostalgiche, ma con la competenza che difetta a molti esecutori pasticcioni. Il suo cinema si richiama alla lezione della Lucasfilm e della Amblin, è neoclassico nella migliore accezione possibile: magari non farà gridare al miracolo gli esegeti di Michael Bay, ma consente di assaporare di nuovo il piacere di un racconto ben scritto.

Anche i temi che questo Star Trek Into Darkness evoca, con tutta la superficialità del caso, sul ruolo del potere e della leadership senza morale, sul valore della fedeltà e del sacrificio, non sembrano solo pretestuosi specchietti per allodole, ma affondano significativamente nella lunga tradizione della saga.

Ora probabilmente il regista abbandonerà il mondo di Star Trek per dedicarsi a rivitalizzarne un altro, che langue – cinematograficamente – almeno dal 1980: ma se c’è qualcuno che può ridare nuova vita agli eroi di Star Wars, questo è proprio J.J.Abrams.

 

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