Ikusagami – Last Samurai Standing ***
Ikusagami ci porta nel Giappone della seconda metà del 1800, in una fase di passaggio in cui la casta dei samurai viene prima ridimensionata e poi abolita. Con l’emanazione dell’Editto Haitōrei, il 28 Marzo 1876, il governo giapponese privò i samurai della loro identità, impedendogli di portare le spade in pubblico. Il samurai, con il suo daishō (la coppia di spade, katana e wakizashi) era il simbolo visibile della struttura sociale feudale: colpire i samurai era funzionale all’obiettivo di superare il passato e proiettare il Paese nel futuro. Il Giappone, prostrato dalle guerre civili, dalle ricorrenti epidemie di colera, da un’economica prevalentemente agricola, non aveva una struttura sociale in grado di supportare ‘dal basso’ questo cambiamento: fu quindi centrale nella trasformazione economica del Paese il ruolo dello Stato e l’imposizione di un modello economico di tipo occidentale in cui i samurai non potevano trovare spazio. E’ per queste ragioni che Shujiro Saga (Junichi Okada), un tempo tra i più feroci e potenti samurai, si trova ridotto in povertà e si vede costretto a cercare fortuna partecipando ad un misterioso torneo con in palio centomila Yen, il Kodoku. Egli si ritrova così nel tempio di Tenryu, nella città di Kyoto, oggi Patrimonio dell’Unesco, ma nella nostra storia luogo di ritrovo per circa 300 tra ex samurai, furfanti e disperati di ogni sorta, disponibili a rischiare la vita pur di ottenere il ricchissimo premio. Lo scopo del Kodoku è raggiungere Tokyo, a circa 460 Km, simbolo del moderno Giappone e luogo in cui i nove superstiti – perché il gioco è ad eliminazione diretta – potranno sfidarsi per la ricompensa. Ai partecipanti viene data una targhetta di legno; l’unico modo per raggiungere Tokyo è rubare quelle degli altri concorrenti, uccidendoli. Durante il percorso attorno a Shujiro, un tempo soprannominato “il carnefice” (Manslayer), si compone una vera e propria squadra, di cui fanno parte una ragazzina apparentemente indifesa, Futaba (Yumia Fujisaki), l’ex compagna di addestramento giovanile Iroha (Kaya Kiyohara) e l’ambiguo ex Ninja Kyojin (Masahiro Higashide). L’obiettivo del gruppo non è solo quello arrivare a Tokyo, ma anche capire chi sono le figure misteriose e potenti che si divertono a osservare gli ex samurai massacrarsi per denaro e da chi sono protette.
Il racconto ha una solida base letteraria, cioè il romanzo Ikusagami di Shogo Imamura, ma appariranno immediatamente chiari allo spettatore che frequenta la serialità televisiva i rimandi ad altri survival drama, come il celebre Squid Game o ad un solido period drama come Shogun. Se poi vogliamo tornare un po’ più a ritroso possiamo naturalmente rifarci a Battle Royale (2000) che per molti aspetti può ritenersi il capostipite del genere mortal game thriller. Eppure, a ben guardare, quest’opera è diversa da ciascuna delle precedenti per un mix peculiare che non ha peraltro ancora rivelato il suo specifico carattere. In questa prima stagione è la parte action ad avere una preponderanza, coniugando bellezza e violenza, in un modo simile, ma certamente meno lirico, della serie anime Blue Eye Samurai. La produzione, curata dallo stesso attore protagonista Junichi Okada, racconta in modo compatto e coerente una storia che è soprattutto basata sul piacere e sul gusto del combattimento: una narrazione sempre fluida e adrenalinica che tocca il suo apice nell’episodio Mortal Combat con lo scontro tra Shujiro e Bukotsu (Hideaki Ito). Nella cornice di una fiera di Paese, tra fuochi d’artificio, riti e danze, si scatena tutta la violenza di un combattimento mortale tra personaggi che non hanno niente da perdere e che per questo si affrontano senza fronzoli, senza nascondersi dietro a valori o a tradizioni: è la disperazione a guidarli, il gusto del combattimento ad ispirarli in questo scontro epico.
Tutti i personaggi appaiono mossi dalla disperazione e sono in cerca di qualcosa che va oltre alla ricompensa economica: i soldi appaiono come un misero palliativo.
La questione è più profonda e descrive una crisi di valori e di punti di ancoraggio che per molti aspetti riflette quella che anche la nostra società sta attraversando. Potremmo azzardare il paragone tra i samurai e la borghesia/ceto medio di novecentesca memoria: entrambi appaiono come classi cancellate, espulse dalla struttura sociale che si è riconfigurata, per così dire, a loro insaputa. Ovunque si respira una povertà non solo materiale: mancano punti di riferimento, buoni maestri, un sistema in grado di accogliere e non di marginalizzare. Riuscire ad andare avanti e condurre un’esistenza dignitosa sembra impossibile per i protagonisti del racconto, almeno fin quando rimangono soli. Il vero valore aggiunto è l’aiuto reciproco che la comunanza produce nel gruppo di Shujiro e in tutti coloro che vi entrano in contatto. Il loro stare insieme, pur nelle differenze, è un elemento che arricchisce e dà senso, al di là dell’interesse comune o della iniziale diffidenza reciproca.
Ikusagami: last samurai standing racconta questa transizione epocale con maestria tecnica e perizia artistica, riuscendo ad immergere lo spettatore in una ricostruzione storica minuziosa, a partire dai meravigliosi costumi e dalle diverse armi utilizzate dai samurai, passando per gli oggetti quotidiani di scena, per arrivare ai paesaggi evanescenti in cui si dipana la storia. Il resto lo mette una regia sempre fluida ed essenziale e la recitazione degli attori, tra cui spicca il protagonista, interpretato da Junichi Okada, un performer poliedrico molto apprezzato in patria non solo come attore, ma anche come membro del gruppo musicale Idol V6 (autore peraltro delle colonne sonore di serie animate come One Piece).
Per capire se e quanto la storia acquisirà un valore al di là del pur pregevole aspetto tecnico ed estetico è però necessario attendere le prossime stagioni che saranno in grado di completare un discorso che al momento appare solo imbastito. Certo ci vorrà un po’ di pazienza: se, come probabile, la serie dovesse essere rinnovata all’inizio del 2026, la seconda stagione, considerando l’elevata complessità produttiva e la natura storica dello show, potrebbe non essere rilasciata prima del 2027.
TITOLO ORIGINALE: Ikusagami: Last Samurai Standing
DURATA MEDIA DEGLI EPISODI: 50 minuti
NUMERO DEGLI EPISODI: 6
DISTRIBUZIONE STREAMING: Netflix
GENERE: History Drama, Martial Arts, Sword & Sandal
CONSIGLIATO: a quanti cercano una serie adrenalinica, ricca di splendidi (e violenti) scontri di arti marziali.
SCONSIGLIATO: a quanti non sopportano le serie cappa e spada o a quanti cercano un approfondimento psicologico dei personaggi: tutti i protagonisti sono ben ancorati nel terreno narrativo, ma senza radici profonde.
VISIONI PARALLELE: Shogun (Disney Plus, 2024 – in corso) è un punto di riferimento importante per la serialità che ama i drammi in costume ambientati nel passato del Giappone, ma per attenzione ai combattimenti e fluidità narrativa è forse Blue Eye Samurai (2023 – in corso) il prodotto che più appassionerà quanti hanno amato questa serie.
Il romanzo da cui è stata tratta la serie Ikusagami (2013) non è al momento disponibile in italiano e lo stesso vale per l’omonimo manga.
UN’IMMAGINE: il tono della serie, per molti aspetti peculiare, si muove tra lirismo e violenza e passa anche dai momenti di raccoglimento e di preghiera dei protagonisti, in particolare di Shujiro e di Futaba. Il loro fermarsi e tornare in sé stessi rappresenta in realtà l’eredità della cultura tradizionale giapponese che nessuna modernizzazione può corrompere o deteriorare.
