Sneaker Wars: Adidas v Puma. La guerra dei fratelli Dassler tra sport, cultura e moda

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Ci sono molte storie che ruotano attorno alla contrapposizione tra Adidas e Puma, importanti aziende di abbigliamento sportivo che presentano la particolarità di essere state fondate dai fratelli Dassler, Adi (Adidas) e Rudi (Puma). E’ dalle loro divergenze che nel 1949 ha preso avvio una rivalità economico-sportiva che ha segnato la storia dei prodotti e della cultura (non solo sportiva) del ‘900 e che ancora oggi riveste un ruolo importante a livello economico, sociale e culturale. Stiamo parlando di un settore, quello dell’abbigliamento sportivo, che continua a consolidare il suo ruolo strategico nell’economia globale, capace di attrarre investimenti e di generare un significativo ritorno economico. I dati dello scorso anno e le prospettive per il 2025 indicano una continua crescita del fatturato: Adidas nel 2024 ha registrato un fatturato di oltre 23 miliardi di euro, con un incremento del 10,5% rispetto all’anno precedente, mentre Puma ha fatto registrare oltre 8 miliardi di fatturato con un incremento pari al 4,4% rispetto al 2023. Numeri importanti che si intrecciano con la vita di atleti professionisti, designer, esperti in comunicazione, ma anche semplici sportivi che utilizzano tutti i giorni questi prodotti nel tempo libero. Tra le molteplici storie mancano completamente le figure operative, gli operai addetti alla produzione: non è un caso, dato che le calzature di questi giganti vengono prodotte in grande misura altrove, prevalentemente in Asia: Cina, Cambogia, Vietnam, India e Indonesia.

Tralasciando ogni velleità di rappresentazione delle condizioni e delle modalità di produzione, Adidas V Puma esplora con garbo altri racconti personali e collettivi: in primis quelli della comunità di Herzogenaurach, paese natale della famiglia Dassler, in Baviera, dove ancora oggi hanno sede entrambe le aziende, a distanza di pochi chilometri l’una dall’altra. Gran parte della popolazione è occupata in una delle due realtà e naturalmente negli anni il senso di appartenenza ha portato i dipendenti di Adidas e di Puma a identificarsi con la propria azienda al punto da creare delle comunità separate, con abitudini e luoghi di aggregazione diversi. Scherzando, ma neanche troppo, si dice nel documentario che la prima cosa che gli abitanti di Herzogenaurach notano sono le scarpe che indossi, per capire a quale delle due tribù appartieni. Negli anni la comunità del piccolo paesino della Baviera ha attraversato cambiamenti storici e culturali e colpisce come, pur nella dimensione globale dei due brand, ancora oggi entrambi mantengano le proprie radici, in una dimensione che potremmo definire orgogliosamente provinciale, se non fosse che il termine ha assunto in Italia una connotazione negativa.

Narrare la storia di due imprese di abbigliamento sportivo vuol dire anche dare spazio a chi con quelle scarpe ha vinto titoli e scritto pagine epiche, come Jesse Owens che trionfò alle Olimpiadi di Berlino del 1936 indossando scarpe Adidas o Diego Armando Maradona, che regalava traiettorie balistiche impossibili con la sue Puma. Sempre più, specie negli ultimi anni, il lavoro di promozione passa dalla scelta degli atleti giusti su cui scommettere: atleti che diventano veri e propri ambasciatori del brand, come Usain Bolt per Puma o David Beckham per Adidas.

Se il fenomeno è particolarmente rilevante nello sport contemporaneo non possiamo dimenticare il peso che ha assunto anche nel passato, quando per convincere gli atleti più importanti a firmare contratti in esclusiva i due marchi non esitavano a ricorrere a pagamenti in nero. Un altro elemento importante è quello dell’utilizzo delle sneakers e delle tute nell’abbigliamento quotidiano: basta frequentare un autobus pieno di studenti per accorgersi di quanto l’abbigliamento sportivo rappresenti la moda preferita dalle giovani generazioni. I due brand sono stati i primi a unire sport e moda in un legame indissolubile che oggi diamo quasi per scontato: Adidas V Puma ripercorre questa evoluzione e dedica tempo e spazio a descrivere il rapporto tra i due marchi sportivi e la moda, sia quella quotidiana che l’alta moda.

Ne emerge un quadro ricco di sfaccettature, stimoli e curiosità. Riusciamo anche a scorgere alcune linee di sviluppo storico, cogliendo l’apporto che Adidas e Puma hanno dato non solo al settore sportivo, ma più in generale alla moda negli ultimi anni. Raccontati in modo piacevole e con un buon ritmo da Oliver Clark e Blair Macdonald, i tre episodi catturano l’attenzione di molteplici pubblici, da quelli interessati alle dinamiche di marketing, agli sportivi, a quanti invece sono piuttosto orientati alla street culture. Un caleidoscopio di stimoli che la separazione dei due fratelli, vaso di pandora del commercio sportivo moderno, scoperchia, estendendosi per tutto il ‘900 fino ai nostri giorni. Questa ricchezza di stimoli rappresenta al contempo un limite perché non permette di approfondire nessun aspetto in modo davvero radicale: in particolare della vita dei due fondatori, dei motivi della loro divergenza, dei presunti dissapori tra le mogli non sappiamo nulla con certezza.

Anche dei loro caratteri alla fine capiamo davvero poco, se non qualche diversa priorità e competenza manageriale. Insomma, al racconto mancano dei protagonisti in carne e ossa con cui misurarsi: il tentativo di sostituire il brand alle persone è poco efficace. Certo le interviste con molteplici personaggi non mancano: ce ne sono pure troppe, ma nessuna con il livello di approfondimento necessario per ingaggiare lo spettatore e andare al di là di una visione estemporanea e superficiale. Inoltre il punto di vista è decisamente concentrato sul mercato americano, dimenticando la globalizzazione e i mercati asiatici ed europei. Un segno dei tempi? Probabile, così come la tendenza ad una rappresentazione un po’ troppo patinata e infiocchettata del mondo della produzione, dove invece le violazioni dei diritti dei lavoratori sono ancora oggi all’ordine del giorno.

TITOLO ORIGINALE: SNEAKER WARS: ADIDAS V PUMA

DURATA MEDIA DEGLI EPISODI: 50 minuti

NUMERO DEGLI EPISODI: 3

DISTRIBUZIONE STREAMING: Disney +

GENERE: Documentary

CONSIGLIATO: a quanti amano gli scontri commerciali, la competizione e “i dietro le quinte”.

SCONSIGLIATO: a quanti cercano una storia con cui confrontarsi e negoziare: nel caleidoscopio di interviste il protagonista è solo il brand e la realtà è edulcorata in un contesto troppo patinato.

VISIONI PARALLELE: per gli appassionati di sport, viene da citare immediatamente una serie che ha segnato il genere, ovvero The Last Dance, il racconto dei Chicago Bulls di Michael Jordan. Per rimanere in tema le sue scarpe e il suo logo iconico hanno fatto la fortuna del marchio Nike negli ultimi anni.

UN’IMMAGINE: l’immagine del nuovo CEO di Adidas che partecipa ad una gara di sci nordico e che, nonostante la caduta e le ferite, porta a termine la competizione è un simbolo di determinazione, cultura sportiva e senso del sacrificio. I valori indispensabili per portare al successo un marchio di abbigliamento sportivo.

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