Barry 3 & 4: quando il comico e il tragico si sposano alla perfezione

Barry ****

Sky ci fa una piacevole sorpresa estiva, mettendo a disposizione dei suoi abbonati la terza e la quarta stagione della serie HBO Barry. Una visione fresca, piacevole e ingiustamente per troppo tempo preclusa al pubblico italiano, dato che negli USA la serie si era conclusa nel 2023. Abbiamo già scritto della prima e della seconda stagione dello show  che racconta le vicende di Barry Berkman (Bill Hader), un veterano di guerra che, tornato dal fronte, si fa convincere dall’amico di famiglia Monroe Fuches (Stephen Root) a diventare un assassino a pagamento. Impegnato a Los Angeles in un pedinamento si imbatte nel corso di recitazione tenuto dal narcisista e scostante Gene Cousineau (Henry Winkler) e qui trova, oltre che ad una diversa prospettiva di vita, anche l’amore per Sally Reed (Sarah Goldberg).

Al termine della prima stagione Barry, dopo un percorso travagliato e ricco di imprevisti per lasciarsi alle spalle il passato, si vede costretto ad uccidere la detective Jane Moss, la compagna di Cousineau, perché la donna scopre la sua vera professione. Una scelta presa per istinto di sopravvivenza, ma che naturalmente segna non solo la vita di Barry, ma anche quella delle persone al suo fianco.

Nella terza stagione Barry si trova costretto da una soffiata di Fuches a confessare l’omicidio della compagna a Cousineau, che alla prima occasione lo tradisce, facendolo arrestare in un’imboscata ordita insieme al padre di Jane. A ben vedere la terza stagione è quella in cui “i padri” tradiscono Barry, entrambi feriti dal suo comportamento, entrambi chiaramente incapaci di amarlo realmente per quello che è, con la sua parte buia e una malattia da curare e non da sfruttare per il teatro o per la mafia cecena.

Infatti, se l’arresto di Barry con cui si conclude la terza stagione è ordito, come detto, da Cousineau e Jim Moss, quest’ultimo è stato ancora una volta imbeccato dall’uomo che ha spinto Barry a diventare un sicario, Fuches (Stephen Root). I due mentori di Barry, gli uomini che lo hanno in qualche modo portato verso le sue due professioni (killer a pagamento/attore) non esitano a tradirlo, sebbene spinti da motivazioni diverse, in un misto di vendetta, paura e risentimento che rappresenta al meglio la complessità emotiva dei personaggi di questa serie, che oscillano spesso tra affetto sincero e desiderio di manipolazione/controllo. Quando il loro senso del possesso viene tradito o disilluso, scatta un meccanismo per così dire sanzionatorio fatto di violenza verbale, fisica o delatoria. La violenza è fuori controllo, proprio come accade nella nostra società ipertecnologica, cambia solo lo strumento con cui si esprime. Anche Sally sembra abbandonare Barry: la donna, prima ancora del suo arresto, vuole tornare dalla famiglia in Missouri e scappare proprio dalla violenza del fidanzato. Di tanto sentimento e di tante aspirazioni a Barry non è rimasto altro che un ronzio nella testa, tutto è dissolto nel vento e con questa sensazione, accompagnata da un profondo desiderio autodistruttivo, inizia la quarta stagione.

Barry è in carcere dove trova proprio il suo vecchio mentore e poi delatore Fuches, incastrato come referente della mafia cecena: il rapporto tra i due sembra rinsaldarsi nuovamente, ma questa volta è Barry a tradire l’amico accettando di collaborare con l’FBI in cambio dell’inserimento in un programma di protezione testimoni. Anche Sally, delusa dal ritorno nella casa paterna, sembra disposta a riavvicinarsi. Solo Cousineau continua invece per la sua strada, euforico per il rinnovato interesse della stampa e dei media, a cui si è presentato come l’eroe che ha incastrato un pericoloso killer.

Quando però, dopo un fallito attentato dei sicari ceceni, Barry riesca a fuggire di prigione, per Gene si spalanca un abisso di terrore. Alti e bassi, e il movimento riparte, per Barry forse c’è ancora speranza di cambiare vita, ma per lui, come per tutti i protagonisti del racconto, la sorte ha in serbo sempre qualche sorpresa. E’ qui che risiede il tratto peculiare dello show, la sua potenza drammaturgica che sembra a volte riecheggiare le grandi tragedie classiche, ovvero l’assoluta inadeguatezza dell’uomo a plasmare il proprio destino. Non c’è traccia dell’homo faber suae quisque fortune. Immerso in questo orizzonte imperscrutabile, esposto non solo alla violenza dei suoi simili, ma anche a quella del destino, l’uomo deve districarsi non, come spesso nella tragedia antica, tra le leggi comunitarie e quelle divine, ma piuttosto tra la propria aspirazione alla felicità e il rispetto degli altri intesi come membri di una comunità, sia essa familiare, criminale o lavorativa. Il dramma americano contemporaneo è legato alla sfera privata e non potrebbe essere diversamente in una società fortemente individualistica. A ben vedere il vero protagonista della narrazione non è comunque Barry, ma è il destino contro cui si può certamente resistere, ma solo sapendo che la volizione dell’uomo non ha che una minima influenza su quello che accadrà. I comportamenti dei protagonisti mantengono certamente un valore etico per sé stessi, ma non influenzano se non parzialmente il corso degli eventi che prendono pieghe spesso inaspettate e imprevedibili. La sceneggiatura inserisce i comportamenti, spesso incoerenti e contraddittori dei personaggi, nell’alveo del loro carattere, rendendoli a volte sorprendenti, ma sempre plausibili. Il fatto che un personaggio si trovi a dover compiere quella determinata scelta, in genere non voluta, e che sia costretto ad agire in un certo modo dalla combinazione tra la situazione ed il suo modo di essere, ecco questa è il vero dramma del destino che lo show ci racconta con grande humor e caustica leggerezza.

Sullo sfondo del destino, sempre pronto a giocare a dadi con la vita degli uomini, ci sono poi i protagonisti, pieni di fragilità, idiosincrasie, debolezze, terribilmente umani nella capacità di mescolare comportamenti alti e bassi, meschini e coraggiosi. C’è poi un filo sottile di dolore che attraversa ciascuno, sia esso legato al trauma della guerra o a quello del primo matrimonio e della famiglia, un portato della propria sessualità a lungo negata o il rimorso per le troppe occasioni professionali buttate al vento: proprio perché tutt’altro che perfetti, i personaggi sono veri e creano un legame con lo spettatore. Il protagonista, Barry, soffre di disturbo da stress post-traumatico, ma ansia, depressione e nevrosi toccano gran parte di protagonisti. Il loro soffrire di malattie di natura psicologica è un tratto distintivo del racconto e il fatto che esse vengano spesso utilizzate in tono comedy non ne sminuisce l’importanza (e la diffusione, tra i personaggi come nella società). Tra il cast, tutto di ottimo livello, naturalmente merita una citazione particolare Bill Hader, non solo protagonista in grado di rendere la personalità sfaccettata e problematica di Barry, ma anche regista di alcuni episodi e co-creatore della serie insieme ad Alec Berg (Seinfeld). Ancora poco conosciuto in Italia, Hader è una stella di prima grandezza della TV americana, come dimostrano la presenza fissa nel cast del Saturday Night Live e le tante collaborazioni in film e serie tv, ma in questa serie la sua personalità artistica va oltre alle capacità interpretative perché riesce a dare allo show un’identità visiva ben definita, fatta di inquadrature stranianti, con campi lunghi alternati a primi piani e quindi immergere lo spettatore in una suspense classica, enfatizzata da silenzi o rumori stranianti. La colonna sonora è davvero efficace nei rumori (il sibilo dei proiettili) come negli stacchi musicali (iconico quello della sigla), mentre quasi del tutto assente è la musica in funzione diegetica.

Colpisce poi l’essenzialità: al di là della scelta di episodi brevi che scorrono in un lampo, 30 minuti l’uno, lo spettatore non ha mai la sensazione di aver visto qualcosa di superfluo o di fine a sé stesso, nonostante le ampie divagazioni e il gusto del racconto che dilata il campo narrativo con incursioni nell’azione criminale di ceceni, guidati da Hank e boliviani, capeggiati da Cristobal o nel mondo della TV, con le vicende di Sally alle prese con produttori, agenti e attrici.

La visione è altamente consigliata. Barry è un ottimo compagno per un lungo viaggio o per un week-end di decompressione. Anche se il viaggio vero, quello importante, come Barry ci insegna è sempre quello dentro di noi.

TITOLO ORIGINALE: Barry

DURATA MEDIA DEGLI EPISODI: 30 minuti

NUMERO DEGLI EPISODI: 8 a stagione

DISTRIBUZIONE STREAMING: Sky Atlantic

GENERE: Black Comedy Drama Action

CONSIGLIATO: imperdibile per quanti amano pensare al senso della vita, magari con leggerezza, ma con consapevolezza.

SCONSIGLIATO: inadatto a quanti non amano il tono surreale delle black comedy e le storie “ibride”, dal genere difficilmente classificabile e che richiedono allo spettatore di andare oltre ad un livello di visione trasparente, per immergersi nelle profondità del testo.

VISIONI PARALLELE: è difficile trovare altri prodotti come Barry, per l’unicità del rapporto tra dramma e commedia, tra black comedy e drama che rende la narrazione unica nel suo genere.

UN’IMMAGINE: la faccia pesta dei tanti protagonisti del racconto, ma di Barry in particolare. Con un occhio gonfio, il naso rotto ed ecchimosi diffuse Barry somatizza tutti i travagli di un’anima alla ricerca disperata di amore e stabilità, pronta a tutto per dare sicurezza a sé stesso e agli altri.

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