Antidistubios: Unità antisommossa

Antidisturbios: Unità antisommossa ****

Il cinema politico di Rodrigo Sorogoyen (Che Dio ci perdoni, Il regno, As Bestas) si arricchisce di un nuovo decisivo capitolo, grazie alla serie Antidistubios, scritta con Isabel Peña ed andata in onda per la prima volta nell’autunno del 2020 sullo spagnolo Movistar+ e poi rilanciata su Disney+ in Italia due anni dopo.

Sei puntate brucianti, elettriche, per un racconto apparentemente semplicissimo e lineare che ruota attorno a sei agenti di una delle unità antisommossa della polizia di Madrid, che si rivela poi molto più profondo e stratificato, allargandosi per cerchi concentrici fino a coinvolgere giudici, magistrati, politici e affaristi, in un pantano di interessi, miserie e ricatti che restituisce appieno la vastità dell’affresco immaginato dai suoi autori.

Tutto comincia però una mattina d’estate, quando la squadra capitanata dal corpulento e maturo Osorio ha il compito di eseguire uno sfratto in un appartamento occupato in una corte nel quartiere di Lavapiés, nel centro storico della capitale.

Quando i poliziotti sfondano la porta dell’abitazione si trovano però di fronte ad un gruppo di una trentina di persone, tra cui molti attivisti delle associazioni per il diritto alla casa. Uno sgombro simile richiederebbe il lavoro di tre squadre, ma i superiori di Osorio rifiutano l’aiuto richiesto. Il segretario del giudice che ha disposto lo sfratto viene più volte sollecitato dal poliziotto a telefonare al magistrato, per rinviare uno sgombro diventato impossibile.

Costretti a procedere nonostante le circostanze lo sconsiglierebbero, Osorio e gli altri finiscono per usare le maniere forti e un immigrato nordafricano, nel tentativo di sottrarsi alla calca, precipita dal ballatoio, batte la testa e muore.

La tragedia annunciata suscita lo sdegno dei media e richiede un’indagine che viene affidata alla giovane e zelante Laia Urquijo, una sorta di mastino imperturbabile, che pian piano scava nella versione di comodo fornita da Osorio e dai suoi uomini.

Il capo della polizia è costretto a licenziare i più responsabili, sospendere gli altri e demansionare Osorio, in attesa del processo penale per omicidio colposo.

Per cercare di difendersi dall’assalto dell’opinione pubblica, gli agenti contattano un ex poliziotto, il misterioso Revilla, che ora gestisce un’agenzia che si occupa degli affari sporchi dei propri clienti. Inizia così il tentativo di diffamare la vittima senegalese con notizie fasulle e una campagna stampa costruita ad arte.

Laia però non sembra accontentarsi delle prime indagini contro Osorio e gli altri e grazie all’aiuto di uno degli agenti incriminati, l’integerrimo Diego Lopez, cerca di scoprire perché il giudice non ha semplicemente rinviato lo sfratto, come accade quasi sempre in casi simili.

Nonostante Moreno, il suo capo agli affari interni, cerchi in ogni modo di dissuaderla dal proseguire su questo fronte, Laia continua la sua indagine off the record, assecondando il suo intuito e la sua invincibile testardaggine.

La miniserie di Sorogoyen, che cura la regia dei primi due e degli ultimi due episodi, lasciando a Borja Soler quelli centrali, utilizza il racconto di genere per innervare di adrenalina un racconto che mira decisamente più in alto, figlio di un cinema politico che ha certamente appreso la lezione del Rosi de Le mani sulla città, mescolandola all’impeto antisistema del primo Oliver Stone, senza mai però fare un cinema a tesi. Preconfenzionato e pregiudiziale.

Il suo non è un lavoro di denuncia della brutalità della polizia, che pure c’è, delle sue logiche patriarcali e razziste, nè sul cameratismo e i legami di un gruppo di uomini chiamati a svolgere un compito infelice, ma c’è pure questo: la sua scelta è sempre antiretorica, il suo sguardo sempre onesto, capace di misurare ombre e limiti, come di esaltare l’umanità dei suoi personaggi.

Basterebbe l’incipit familiare a raccontare in poche battute una distanza generazionale e ideologica profonda, così come sono emblematiche le scene con il poliziotto José, che soffre d’attacchi d’ansia e probabilmente di depressione, continuamente negati, in famiglia e sul lavoro, perché segno di una debolezza che il suo ruolo non può accettare.

Dietro un semplice sgombero finito male si muovono interessi molto più forti, una rete di complicità ampia, capace di infettare ogni istituzione pubblicata, dai più alti livelli sino all’ultimo dei gangli del potere.

A cercare di far luce in questo mondo di mezzo troviamo la minuta Laia, che il registra ci mostra nel prologo, mentre gioca a Trivial con i genitori e il compagno, non meno determinata e irremovibile che sul proprio lavoro.

Tuttavia anche lei sarà costretta a venire a patti con la propria coscienza, a sporcarsi le mani linde, per raggiungere il risultato che sembra sul punto di sfuggirle.

Il personaggio creato da Sorogoyen e Peña e scritto assieme a Eduardo Villanueva, è un’idealista, con un senso di giustizia radicato e una dedizione assoluta a quella che diventa una sorta di missione, che sembra distruggere ogni spazio privato nella sua esistenza.

E’ un personaggio che sarebbe piaciuto a Michael Mann questa Leia Urquijo, che la serie abbandona proprio nel momento in cui una fase della sua vita finisce e forse se ne apre una nuova, meno radicale e ingenua e più consapevole

Vicky Luengo, che abbiamo visto recentemente con Almodovar ne La stanza accanto, è un volto che non si dimentica e che vive la sua ossessione senza mai indietreggiare un passo, nonostante senta il pericolo del sentiero che sta percorrendo.

Come sempre molto intenso è Raúl Arévalo (La isla minima, Il mio capolavoro, Dolor Y Gloria) nei panni del poliziotto pentito Diego Lopez. La sua caduta progressiva coincide con l’ascesa di Leia, in un significativo chiasmo narrativo.

Il cast dei caratteristi è poco meno che perfetto con il corpulento Hovik Keuchkerian su tutti: il suo bonario Osorio sembra il protagonista, ma poi pian piano rimane nel cono d’ombra di una storia che segue strade molto diverse, eppure ogni volta che il racconto ritorna alla squadra antisommossa, ecco che il suo personaggio riacquista peso.

Sorogoyen gioca con maestria con registri diversi, dalla detection all’azione d’azione, dal cinema di denuncia a quello di spionaggio, raccontando una sorta di improbabile eroi civile, costretta a scoprire la propria eccezionalità in circostanze fuori dall’ordinario.

Antidistubios è una serie che non spreca un solo minuto, densa, sorprendente, piena di svolte continue che mutano il punto di osservazione e costringono lo spettatore ad un progressivo adeguamento, modificando le proprie simpatie e il modo con cui si erano catalogati i personaggi.

La sua capacità di costruire le identità dei suoi caratteri tenendo assieme una dimensione intima e sentimentale con il ruolo sociale e pubblico e con il peso della storia e del contesto ambientale è davvero una qualità rara.

Il formidabile madrileno Sorogoyen non sembra sbagliare un colpo, a cinema come sul piccolo schermo: siamo ancora più curiosi di scoprire Los años nuevos la nuova serie che ha debuttato in anteprima a Venezia e che sarà di nuovo su Moviestar+ a breve.

Titolo originale: Antidisturbios

Numero di episodi: 6

Durata: 45-65 minuti l’uno

Distribuzione: Disney +

Uscita in Italia: 9 marzo 2022

Genere: Police Drama

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