Audrey è tornata: il racconto di un miracoloso ritorno alla vita

Audrey è tornata ***1/2

Dopo 16 anni trascorsi in un letto d’ospedale, senza coscienza, Audrey si risveglia. Un evento grande, importante, potente. La serie è il racconto di questo evento, delle sue conseguenze, del suo contesto, delle sue ricadute nella vita di quanti hanno voluto bene alla ragazza prima che un incidente d’auto la riducesse in coma e che hanno continuato ad accudirla durante gli anni vissuti in una straziante immobilità.

Audrey si trova in un mondo molto diverso da quello che conosceva: i genitori si sono separati, il fratello si è sposato e ha un figlio, la sua migliore amica ha perso la luce negli occhi e il suo cane, invecchiato, è ormai prossimo alla morte. Anche la città è cambiata: ha perfino un nome diverso. Il primo episodio, dedicato al cane di Audrey, Pompon, è soprattutto questo, cioè il racconto di un adattamento, di un prendere le misure, di un ritrovarsi gettata in un mondo sconosciuto. Da qui prende inizio un lento riappropriarsi della propria vita, con le sue fragilità, le sue piccole gioie, le conquiste di ogni giorno, ottenute con impegno e sofferenza.

Il risveglio di Audrey è centrale, ma non esaurisce la narrazione. I temi che vengono a dipanarsi nel corso di questo racconto di formazione vanno oltre al recupero fisico della ragazza (ora donna). Accompagnando passo a passo la riabilitazione di Audrey, lo spettatore si trova a confrontarsi con numerose e molteplici questioni: la complessità dei rapporti matrimoniali e quanto i figli vi giochino, nel bene e nel male, un ruolo determinante; le insicurezze su cui poggiamo le nostre scelte quotidiane; il peso del caso e le ricadute che le nostre azioni hanno sugli altri (penso non solo ad Audrey, ma anche alle figlie della donna che l’ha investita e che hanno avuto la vita segnata dall’incidente e dal successivo processo); il fine vita e le cure per i soggetti in grave stato di incoscienza. Poi naturalmente non mancano i riferimenti quotidiani alla gestione familiare della disabilità e nemmeno un accenno al tema della sessualità per i diversamente abili. La sceneggiatura tratta tutto in modo leggero, spesso perfino divertente, lasciando trasparire queste tematiche in filigrana, nel racconto della riabilitazione di Audrey.

Nel percorso di recupero della capacità motoria e di quella verbale, resta sempre qualcosa che offusca anche i momenti più belli. Una domanda, un grande perché che presto assume i termini concreti del come è successo? La domanda che Audrey si pone costantemente riguardo al suo incidente stradale, quella drammatica notte del 1985 in cui è stata investita da un’auto in una strada deserta, dopo una festa. Audrey vuole andare a cercare e a parlare con la donna che le ha rovinato la vita: la trova in gravi condizioni di salute e la perdona, senza ricevere in cambio né gratitudine né solidarietà, ma anzi finendo quasi rimproverata per il suo gesto. Eppure questo è un passaggio che Audrey sente di dover affrontare e, dopo le iniziali resistenze, anche l’apprensiva madre Mireille (Josee Deschenes) se ne convince. Lo spettatore condivide con la protagonista questo passaggio: anch’egli viene portato a ragionare sul fatto che la vita, come le persone, possano deluderci o essere indifferenti ai nostri sentimenti, alle nostre aperture, alle nostre buone intenzioni. La verità è che per fare il bene serve che le persone siano disponibili ad accoglierlo, è un processo che non può essere unidirezionale. Anche questo fa parte del percorso di ri-educazione di Audrey e gli conferisce una profondità che va oltre quella che potrebbe apparire come una favola surreale e buonista.

La serie peraltro indulge nel raccontare diverse cadute, personali e di coppia. A ben guardare durante il sonno di Audrey le persone a lei più care si sono dedicate all’arte del fallimento: matrimoniale, lavorativo, personale. Sembra quasi un tratto distintivo di un’umanità irrequieta e incapace di pace, segnata in un modo o nell’altro dall’incidente: la madre, il padre, il fratello, la migliore amica, la donna che l’ha investita, il ragazzo che l’ha lasciata lungo la strada buia di notte: tutti sono stati vittime dell’incidente al pari di Audrey, tutti hanno perso qualcosa. Il suo ritorno sembra essere una seconda possibilità per tutti coloro che la vogliono accettare, che dimostrano l’apertura di mente e di cuore necessarie per accogliere un miracolo. Come detto prima, bisogna saper accogliere il bene e, anche se questo non può cancellare il passato, il tempo perso, la sofferenza, dà un senso al futuro. E non è poco.

Dal punto di vista stilistico siamo di fronte a una produzione di taglio autoriale, non casualmente presentata con grande apprezzamento a Cannes Series, edizione del Festival di Cannes dedicata alla serialità televisiva nel 2022, ma approdata in Italia, su Rai Play, solo nel 2023. L’attrice protagonista, Florence Longprè è anche autrice della sceneggiatura insieme a Guillaume Lambert. La loro scrittura, dotata di ottimi spunti comici, in questa serie è al servizio di un tema di forte impatto drammatico, con l’obiettivo di offrire una visione leggera, senza cadere nella banalità. Ottima anche la regia di Guillaume Lonergan, essenziale, ma con alcune finezze nelle inquadrature che confermano il taglio cinematografico della produzione. Il cast è all’altezza delle aspettative: ottima l’interpretazione di Florence che riesce, soprattutto a livello motorio e lessicale, a calarsi in modo mirabile nei panni di Audrey.

I dieci episodi, grazie al formato di 20 minuti l’uno, scorrono veloci e nonostante il tema apparentemente non dei più semplici, lasciano nello spettatore una piacevole sensazione di calore nel cuore.

Dato il buon riscontro di pubblica e critica dovrebbe essere possibile il prosieguo della narrazione in una seconda stagione. Ce lo auguriamo perché desideriamo accompagnare ancora Audrey, vederla raggiungere maggiore autonomia e vivere nuove avventure.

TITOLO ORIGINALE: Audrey est revenue

DURATA MEDIA DEGLI EPISODI: 20 minuti

NUMERO DEGLI EPISODI: 10

DISTRIBUZIONE STREAMING: Rai Play

GENERE: Drama Comedy

CONSIGLIATO: a quanti cercano una serie autoriale che affronti con leggerezza temi seri e lasci spunti di riflessione allo spettatore.

SCONSIGLIATO: a quanti cercano una visione semplice e senza coinvolgimento: pur nella sua levità i temi al centro del racconto richiedono uno spettatore motivato e attento.

VISIONI PARALLELE: Il risveglio di un malato immobilizzato da anni è stato spesso oggetto di produzioni audiovisive. Tra le tante variazioni sul tema, ricordiamo il film Risvegli (1990) con Robin Williams nei panni del Dottor Oliver Sacks. Il film, basato sull’esperienza del Dr. Sacks, raccontata nel libro omonimo,  ci fa assistere al miracoloso ritorno al movimento di malati affetti da una gravi forma di encefalite. Risvegli, diretto da Penny Marshall (Laverne & Shirley, Big) è stato candidato agli Oscar come miglior film drammatico, migliore sceneggiatura non originale.  Robert De Niro ha invece ricevuto la nomination come miglior attore protagonista. 

UN’IMMAGINE: la sigla introduttiva con l’immagine di Audrey che riapre gli occhi ci fornisce la sintesi della sua personalità: lo comprendiamo pienamente con la visione della serie, ma tutto, dal taglio di capelli al fatto che indossa una tuta da sci fuori stagione hanno un preciso significato.

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