Mission: Impossible Dead Reckoning Parte Uno

Mission: Impossible Dead Reckoning Parte Uno **1/2

Nelle profondità del mare di Bering un sottomarino russo, il Sebastopol, dotato della più sofisticata e invincibile tecnologia stealth, viene improvvisamente attaccato da un nemico che si rivela un fantasma, animato dall’Intelligenza Artificiale, che si è insediata nel suo cuore informatico.

Colpito da uno dei propri missili, il Sebastopol si arena sul fondale dell’oceano, mentre gli uomini dell’equipaggio muoiono nell’acqua gelida.

La missione che l’agenzia affida a Ethan Hunt e alla sua squadra è quella di recuperare le due parti della chiave cruciforme che può consentire di raggiungere il codice sorgente di questa Intelligenza Artificiale che si è ribellata ai suoi creatori e che si muove con obiettivi propri mettendo a rischio l’ordine mondiale, usando come proprio braccio armato il misterioso terrorista Gabriel, una vecchia conoscenza di Hunt.

Metà della chiave ce l’ha Ilsa Faust, che si è rifugiata nel deserto, con una taglia milionaria sulla testa.

L’altra metà viene rubata da Grace all’aeroporto di Dubai per conto della Vedova Bianca, Alana Mitsopolis, la trafficante d’armi che già avevamo conosciuto in Fallout e che è la figlia di Max, villain nel primo episodio della serie.

Il passato ritorna inesorabilmente nelle avventure di Ethan Hunt e così rispunta anche Eugene Kittridge, l’ex direttore della IMF scomparso a Praga nel primo capitolo.

Ma chi sono davvero i protagonisti di questa storia? Chi li muove? Di chi ci si può fidare? Quali sono i loro obiettivi? E chi conosce la storia del Sebastopol e della chiave cruciforme? Perchè è così importante?

Di fronte ad un’Intelligenza Artificiale capace di alterare ogni comunicazione digitale, l’unica possibilità è quella di tornare a tecnologie analogiche, guardandosi negli occhi e mettendo la propria vita nelle mani dei propri compagni: Benji, Luther, Ilsa, Ethan, Kittridge e forse anche la formidabile ladra Grace, finita senza volerlo in un’avventura più grande di lei.

Come tutti gli ultimi lavori di Cruise è evidente che si tratti di un intrattenimento desueto, quasi resistenziale potremmo dire, rispetto alle pratiche odierne di Hollywood. L’attore e produttore insiste nel voler proporre un cinema d’azione purissimo, centrato sulla dimensione fisica e attoriale, sull’aura della star e sul corpo invincibile che la incarna.

Lontanissimo dalle logiche soap e dalla sciatteria in CGI della Marvel, come dall’ossessione per la diversità identitaria e l’inclusione pro-quota, in cui tanti sembrano impantanati, Cruise rimane l’alfiere di quel cinema-cinema in cui il divertimento intelligente è parte del patto con lo spettatore. Anzi è l’unica bussola da non tradire mai.

Non è poi un caso che questo Dead Reckoning Parte Uno oltre ad esaltare la camraderie del gruppo di Hunt e il giuramento di fedeltà che ciascuno si scambia con gli altri e che travalica anche l’amicizia personale e si esalta nell’eroismo supremo delle missioni impossibili, sia costruito tutto sulla diffidenza verso un algoritmo impersonale, che non solo sa tutto e tutto confonde – mescolando verità e menzogna – ma che sembra poter arrivare a predire/influenzare il futuro.

Senza voler scomodare le riflessioni di Emanuele Severino sul trionfo della tecnica, che in un film come questo sarebbero fuori luogo, è indubbio che Cruise e McQuarrie continuino a parteggiare per un umanesimo magari imperfetto e fallace, ma che si nutre di libero arbitrio e volontà.

Un umanesimo che il personaggio di Grace incarna perfettamente, con la sua ritrosia, i suoi errori, la sua diffidenza: è lei a compiere le scelte decisive, aiutandosi solo con l’istinto e l’esperienza.

Dopo aver raggiunto l’apice delle avventure della IMF con il formidabile sesto episodio, Fallout, Cruise e McQuarrie si sono trovati di fronte ad una vera missione impossibile, quella di girare un nuovo episodio durante i mesi più duri del Covid-19. Bloccati in Italia, a Venezia e poi a Roma, proprio nei giorni della prima ondata, i due hanno cercato tra pause e rinvii di portare a termine l’episodio più ambizioso e più complesso della serie, la prima parte di un dittico che avrebbe dovuto segnare, per Hunt e la sua squadra, la fine dei giochi.

Nonostante le misure di sicurezza e le sfuriate di Cruise con chi nella troupe non aveva ben compreso la portata e i rischi di un’operazione così complessa, i segni di una lavorazione travagliata si vedono tutti sul corpo martoriato del film.

Se gli stunt prodigiosi di Cruise restano, di film in film, l’elemento più strabiliante, il più umano degli effetti speciali, non si può non notare che questa volta la sceneggiatura di McQuarrie coadiuvato da commediografo Erik Jendresen (Band of Brothers), pur partendo da uno spunto certamente indovinato, inquietante e premonitore, è piuttosto farraginosa soprattutto nella lunga parte centrale italiana e si affida a continue e inutili spiegazioni a beneficio del pubblico, che fanno calare il ritmo vertiginosamente e appesantiscono un film che sembra muoversi a singhizzo, tra sequenze mirabolanti e “soste” mal gestite.

C’è poi un uso smodato dei primi piani, che rendono i dialoghi ancora più fermi e che inchiodano gli attori ad una immobilità forzata del tutto innaturale in una serie che ha sempre fatto dell’azione per l’azione il suo credo, fin dal debutto di Brian De Palma nel 1996.

La scelta è probabilmente dovuta ai protocolli Covid-19, ma di certo l’effetto è quello di un film sbilanciato e anche piuttosto sciatto: formidabile e creativo nelle parti action, assai meno ispirato in quelle che restano mere scene di collegamento.

Nella parte italiana che occupa lo spazio centrale del film l’unico momento da ricordare è l’inseguimento automobilistico a Roma, in parte su una vecchia 500 gialla, che mi è parso decisamente riuscito, autoironico e surreale. Il confronto con quello simile dell’ultimo Fast X è impietoso.

In ogni caso, quando l’Orient-Express su cui viaggia la Vedova Bianca, si mette in moto e tutte le linee narrative convergono nelle montagne austriache, il film trova la sua dimensione più vera, recuperando per un verso uno dei topoi della serie, come spesso è accaduto da quando al comando c’è McQuarrie e dall’altro spingendo il parossismo dell’azione verso limiti impensabili.

Metonimicamente il treno in corsa che non si può più fermare diventa il film stesso lanciato a tutta verso un terzo atto impeccabile, in cui tutto si tiene e in cui lo scioglimento degli enigmi viene integrato perfettamente nella dimensione cinetica dell’azione.

Quando Cruise può esercitare sullo schermo il suo corpo-cinema prodigioso le cose vanno per il verso giusto, quando invece gli si richiede profondità drammatica, come negli insistiti intermezzi di McQuarrie, le cose vanno diversamente.

Il meglio di questo settimo capitolo è contenuto nel suoi estremi, nel prologo sottomarino e nella lunga scena tecnologica all’aeroporto di Dubai come nella conclusione sui binari austriaci.

Il resto serve sostanzialmente ad integrare nel cast il personaggio di Grace, a cui Hayley Atwell dona una certa ironia naturale, che il film non riesce fino in fondo ad assecondare. Tuttavia è l’unica che sembra riuscire a sostenere l’infinita serie di primi piani senza apparire inutilmente impassibile e pedante.

Ancora una volta dopo Emmanuelle Béart, Thandiwe Newton, Paula Patton e Rebecca Ferguson, Cruise sembra aver indovinato la sua partner femminile, capace di dare alla serie una sfumatura nuova.

Detto che l’alleggerimento comico affidato a Simon Pegg è davvero ridotto al minimo questa volta e che McQuarrie ha confermato che la serie non si fermerà dopo l’ottavo episodio, se il successo ovviamente continuerà a sorridere alle avventure di Ethan Hunt, aspettiamo a questo punto la Parte Due di questo Dead Reckoning, che è già stata girata e che arriverà in sala l’anno prossimo.

Anche se questa parte uno avrebbe potuto essere accorciata di almeno venti minuti, lo spettacolo resta assicurato e il finale adrenalinico maschera piuttosto bene i vuoti centrali. Non so se Cruise riuscirà a “salvare il cinema” come è riuscito a fare l’anno scorso con Top Gun: Maverick tuttavia ce l’ha messa tutta anche questa volta.

Dal 12 luglio in sala con Eagle Pictures. Non perdetelo.

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