Da mercoledì, come da tradizione, Stanze di Cinema si trasferisce a Cannes per il Festival.
Cercheremo di raccontarvi i film, almeno quelli che riusciremo a vedere: il cervellotico sistema di prenotazioni online è diventato una lotteria di pochi secondi, prima che tutto risulti irrimediabilmente completo, mentre le proiezioni dei grossi titoli – Almodovar, Scorsese, Indiana Jones – si sono ridotte drasticamente, fin quasi a sparire, lasciando troppi a bocca a asciutta.
Sempre più preso dalla bulimia di annunci, nomi e red carpet, il Festival di Cannes sembra essersi dimenticato che i film esistono per essere mostrati ad un pubblico. E che l’intermediazione del già selezionatissimo corpus di critici e addetti ai lavori, a cui i film vengono mostrati in anteprima, è poi quella che spesso ne decreta successo o fallimento
Altrimenti il rischio è quello che la kermesse diventi solo un’occasione di marketing, foto in passerella e glamour fine a se stesso.
Non ci attendiamo molto dall’apertura di Maiwenn con Johnny Depp in Jeanne du Barry, ma siamo molto curiosi dei due italiani ancora inediti con trepidazione: l’eterno Maestro Marco Bellocchio e la giovane Maestra Alice Rohrwacher, una delle voci più limpide nel panorama del cinema europeo.
Ci attendiamo naturalmente buone conferme da Ceylan, Kore-Eda, Haynes, Loach, Wenders, Kaurismaki, Anderson: gli habitué della Croisette.
Scopriremo con piacere il documentario di Wang Bing e il nuovo film di Jonathan Glazer, quelli di Karim Ainouz e della Hausner.
La pattuglia francese sembra, sulla carta, debolissima. Forse figlia di lotte interne fratricide.
Ma le somme si tirano solo alla fine.
Nel clima caotico – quest’anno ancor più caotico – perdonateci qualche errore di troppo, qualche superficialità, qualche valutazione poco meditata, ma il nostro sarà, per forza di cose, un reportage ‘a caldo’.
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