Debutto americano per il regista norvegese Hans Petter Moland, che dirige il remake, scritto da Frank Baldwin, del suo In ordine di sparizione, presentato a Berlino in concorso, nel 2014.
Per Un uomo tranquillo – Cold Pursuit in originale – ha scelto Liam Neeson come protagonista, al posto di Stellan Skarsgaard, strizzando così l’occhio ai fans dell’attore irlandese, che da una decina d’anni è diventato un divo d’azione, specializzato nel ruolo dell’uomo comune travolto da circostanze eccezionali e costretto a fare i conti con tradimenti, vendette e morte.
Solo che In ordine di sparizione era sì un revenge movie con la sua buona dose di sangue e cadaveri, ma ancor di più una commedia nera, immersa nella neve del nord, almeno quanto nell’umorismo affilato e glaciale dei suoi autori.
La trasposizione americana, ambientata a Kehoe, in Colorado, sulle Montagne Rocciose, si scontra tuttavia non solo con il ricordo dell’originale, ma anche con un incertezza nel tono complessivo, che non risulta mai davvero convincente, anche perchè Neeson è attore versatile e disponibile, ma certo non dotato di grande sense of humor e leggerezza.
Nel film interpreta Nils Coxman, autista di spazzaneve appena nominato cittadino dell’anno. Una gang locale uccide per errore suo figlio, che lavora all’aeroporto, fingendo un’overdose di eroina.
Dopo un primo momento di sbandamento e disperazione, Nils scopre la messa in scena e si mette sulle tracce dei responsabili dell’omicidio, con una determinazione degna di miglior sorte.
I cadaveri si accumulano sul fondo di una cascata, mentre Nils risale le gerarchie criminali, lasciando dietro di sè una scia di morte.
Solo che i due cartelli locali non capiscono bene la situazione ed attribuiscono uno all’altro la responsabilità dell’escalation criminale: i seguaci del vanesio Viking e quelli del nativo americano White Bull, cominciano ad agevolare la vendetta di Nils, in uno scontro che non conosce vincitori.
Nel film, così come nell’originale, non mancano equivoci, scambi di persona, abbandoni repentini e amicizie improbabili. Su tutto vigila la polizia locale ed in particolare una giovane detective che viene da Denver.
Contrassegnato dalla lunga teoria di caduti, che vengono ironicamente contrassegnati da un cartello a schermo nero con croce e lapide cinematografica, Un uomo tranquillo è uno di quei progetti che lascia il tempo che trova, se avete visto l’originale e che non aggiunge molto al personaggio che Liam Neeson si è creato nella seconda parte della sua carriera.
Moland non ha l’ironia e la ferocia dei fratelli Coen, nè un’idea del mondo così raffinata e nichilista: si limita così ad impaginare la buona sceneggiatura originale, riscritta per l’occasione, senza aggiungere nulla di suo, ad un film di ordinaria banalità cinematografica, buono per un sabato sera senza pensieri.
Non c’è nessuna vera riflessione sulla vendetta o sulla violenza, tanto meno sul milieu criminale: il film è solo un’occasione per mettere in scena il suo meccanismo drammatico essenziale.
Anche lo humor nero, che dovrebbe suonare spiazzante, è talmente poco evidente, che lascia per lo più indifferenti. Il cast si arrangia come può e il suo protagonista sembra particolarmente svogliato questa volta.
Laura Dern appare per qualche secondo nei panni della moglie di Nils e poi scompare senza lasciare tracce. Mai ruolo più inutile di questo, per un’attrice del suo valore.
Innocuo.